Anche questa settimana, La Storia, ci ha regalato tantissime emozioni negli episodi 3 e 4. Come già detto, di sicuro questo riadattamento televisivo si candida per essere uno dei lavori migliori del 2024 per la Rai e, perché no, potrebbe tranquillamente proiettarsi verso il successo che ha già avuto L’amica geniale prima di lei. Ma vediamo cosa ci hanno offerto questi due episodi.
Episodio 3
Nelle puntate precedenti abbiamo visto Ida e suo figlio Giuseppe perdere la loro casa sotto gli occhi, nel terribile bombardamento di San Lorenzo. Adesso li vediamo camminare tra gli sfollati verso quello che non appare per niente come un futuro roseo e promettente anzi, tutt’altro, stanno cercando un posto dove stare, un posto che per molto tempo saranno costretti a chiamare casa. I due non hanno più niente, né una valigia né un mezzo di trasporto, camminano sperduti tra la gente con una sola cosa indosso: la speranza. Nel mentre si accodano alla fila infinita di sfollati, incontrano un gentile signore che si ferma a parlare con loro. Questi – interpretato dal bravissimo Elio Germano – si scoprirà chiamarsi proprio Giuseppe, come il piccolo di casa, e in un lampo si crea una sinergia tra di loro che crescerà sempre di più. Giuseppe inizia a far sorridere il bambino con la sua simpatia e a rallegrare e rincuorare la povera Ida mentre camminano senza sosta. Insomma, con il suo sorriso contagioso mette tutti di buon umore, anche noi telespettatori. Nel romanzo, Giuseppe, è un signore anziano, mentre nell’adattamento televisivo è un uomo adulto ma di età non avanzatissima. I tre, comunque, arrivano in un casolare abbandonato dove l’uomo aiuta Ida e il suo piccolo a sistemarsi.
Nel casolare di Pietralata i tre incontrano un gruppo numeroso di sfollati già presenti nella struttura, legando con loro e costruendo uno splendido rapporto di fiducia e sostegno reciproco. Nel casolare, essendoci un altro Giuseppe, si decide di chiamare l’amico di Ida, “Eppetondo”, ovvero Giuseppe secondo, nomignolo creato per lui dal piccolo di casa. Le scene in questione sono di una bellezza rara: sfollati, perduti, senza vedere la luce alla fine del tunnel, il gruppo diventa una vera e propria famiglia, pronto a condividere le rispettive storie di vita. E così conosciamo la famiglia napoletana che è scappata per trovare riparo a Roma, e anche un ragazzo misterioso di nome Carlo Vivaldi, che approda al casolare una sera d’improvviso, raccontando l’orrore subito durante una prigionia. Non si sa molto di lui, non si esprime troppo e non dice granchè di sè, suscitando una grande curiosità in tutti. Ci soffermiamo un secondo su di lui per apprezzare il grande talento dell’attore che lo interpreta, Lorenzo Zurzolo, perché, nonostante la giovane età, appare davvero molto convincente nelle scene alquanto difficili che gli sono state assegnate, come il monologo in cui racconta la sua prigionia.
La cosa più allegra che accade in questo episodio è senz’altro il ritorno di Nino, che arriva al casolare a sorpresa lasciando sua madre e suo fratello, senza fiato. Sarà proprio Useppe infatti, nonostante il tempo trascorso, a riconoscere suo fratello da una finestra e a correre dalla mamma per avvertirla del suo ritorno. Un momento di festa per tutto il casolare, che acclama Nino e festeggia mangiando e brindando a tutta musica.
L’episodio tre si chiude con una scena di grandissimo impatto che tocca le corde più profonde dei nostri cuori: una Anna Ferruzzo che ci ha fatto venire i brividi. Ida e Useppe si ritrovano nella Stazione ferroviaria e incontrano Celeste Di Segni, una signora che hanno visto diverse volte in città e che conoscono abbastanza bene. Celeste si è recata in Stazione, di fronte un treno merci fermo in stallo, per un motivo ben preciso: la sua famiglia è lì dentro, pronta per essere mandata nei campi di sterminio nazisti. La donna inizia così a urlare disperata battendo i pugni sulle grandi porte del treno e chiamando i propri familiari, uno a uno, con tutta la forza che ha in corpo. Questi le rispondevano, attraverso le poche grate del convoglio, dicendole di scappare via e di salvarsi, ma lei, in tutta risposta, gridava di voler salire anch’essa sul treno. Una scena straziante, che dà il via alla fine della puntata, con Useppe che dice a Ida: “Mà, scappiamo! Mà, scappiamo!”.
Episodio 4
L’episodio 4 non è stato certo da meno riguardo le emozioni, anzi, ce ne ha regalate moltissime. In quest’episodio si delinea bene quello di cui Nino, i suoi amici e anche Eppetondo, fanno parte. Si scoprirà infatti il nascondiglio dei partigiani, il loro modo di combattere e di tener testa ai tedeschi e tutto l’apparato che c’è dietro, compreso Remo, il grande amico di famiglia. Nino è senz’altro primo fra tutti nel gruppo, con il suo coraggio e la sua spavalderia. Scopriamo in questa puntata anche quella che è la sua ragazza, Maria, coraggiosa e spavalda anch’essa, che Nino dice di voler sposare appena la guerra avrà fine. Molto bello vedere quest’altra sfaccettatura di Nino, vederlo innamorato e preso di qualcuno che non sia solo egli stesso.
Quest’episodio di La Storia ci racconta qualche pezzetto in più della vita dei personaggi, primo fra tutti proprio Carlo Vivaldi, che si scoprirà essere un ebreo al quale hanno ucciso senza pietà l’intera famiglia, finanche la sorellina più piccola. Per questo motivo, Nino, prenderà molto a cuore Carlo e il loro rapporto migliorerà decisamente rispetto a quello che era nella puntata precedente, dove Nino appariva più sospettoso nei suoi confronti. Molto forte la scena nella quale Carlo uccide un soldato tedesco nel bosco e, dopo avergli sparato, continua a infierire su di sui con il tacco dei suoi stivali, calcio dopo calcio, come a voler sfogare tutta la sua rabbia repressa contro ciò che gli è successo nella vita. Dopodiché tornerà alla base e, senza dir nulla, con il volto gelido e implacabile, si spoglierà completamente lavandosi in una vasca in mezzo agli alberi. Gesto, questo, di grande significato allegorico: lava via il sangue di un compagno degli stessi uomini che gli hanno rovinato la vita. Sangue, però, di un uomo che ha ucciso lui stesso.
Quella che però può essere considerata la scena più toccante dell’intero episodio, per noi telespettatori, e altrettanto per i lettori del romanzo, è quella della morte di Eppetondo, nonché del racconto che ne fa di essa – nella serie tv – Remo, nel momento in cui va a trovare Ida e Useppe rimasti soli nel casolare. Eppetondo e altri compagni infatti, una sera vengono scoperti dai tedeschi e, mentre gli altri riescono a scappare, lui resta prigioniero dei soldati che, con ogni mezzo e ogni metodo, cercano di farlo parlare, per scoprire l’ubicazione e i piani dei compagni partigiani. Eppetondo però non dice una parola e così viene ammazzato a sangue freddo dai tedeschi che espongono il suo corpo morto in mezzo al paese, con un cartello poggiato sul petto, che dice: “partigiano”. Fatto storico, questo, che realmente accadeva ai partigiani in Italia, i quali corpi venivano mostrati per dare un messaggio chiaro e inequivocabile alla popolazione, volto a scoraggiare l’emulazione. Di grande significato morale, poi, la scena in cui Remo, rischiando di fare una brutta fine, raccoglie il cappello di Eppetondo e rende lui omaggio. Il cappello del partigiano, poi, viene consegnato proprio al piccolo Useppe che lo indossa orgoglioso e imperturbabile, prima di andare via con sua madre dal casolare di Pietralata.
E con questa scena così pregna di significato, si chiude la quarta puntata di La Storia, che già ci ha fatto tanto piangere ed emozionare. Che dire, ancora? Siamo qui in attesa di scoprire cosa accadrà ai vari personaggi e quale sarà la loro sorte. Come sempre ogni lunedì su Rai Uno, per quella che è già una delle serie italiane più intense di quest’anno.