“La vera tragedia è dimenticare di vivere“
Legion non è una normale Serie Tv sui supereroi. A dire il vero, nulla che si avvicini anche vagamente al concetto di normalità potrà mai essere accostato all’opera di Noah Hawley. Tuttavia, dopo la premiére dai chiari riferimenti lynchiani, il secondo episodio di questa seconda stagione è quello che più di tutti, finora, strizza l’occhio al fumetto, alla tradizionale concezione di supereroe. Perchè la frase in apertura esprime la dura utopia agognata da ogni (super)uomo, scisso tra il fisiologico bisogno di avere una vita normale e il dovere morale di utilizzare i propri poteri per un bene superiore.
Tale dilemma fa parte della imprescindibile maturazione del supereroe, rappresenta la “soglia tra Mondo Ordinario e Straordinario” (come la definirebbe Christopher Vogler nel suo Il Viaggio dell’Eroe) applicata a Peter Parker, Bruce Wayne, Clark Kent, Jessica Jones e a tutti gli altri. Compreso David Haller, logorato dal fardello di essere l’unico a poter eliminare lo Shadow King, ma la cui psiche è sempre più violata, tanto da non riuscire più a distinguere gli amici dai nemici. E allora è Melanie Bird a mostrargli una nuova prospettiva, un’ancora di salvezza, quella che il suo Oliver non è riuscito ad afferrare, ansioso com’era di salvare il mondo. Contrariamente a questo fatto nella prima stagione, l’ex leader di Summerland, crollata in una fase di profondo nichilismo, consiglia a David di ignorare ogni impulso che vada nella direzione di salvare il mondo. “Il mondo sopravvivrà, come sempre“. I poteri di David rappresentano un ostacolo “per la felicità, l’intimità, la pace“. Dovrebbe andare a vivere in un posto tranquillo con Sydney.
“La vera tragedia è dimenticare di vivere“.
Ma pur arrivando allo snodo focale di ogni eroe dotato di superpoteri, Legion affronta la questione a modo suo, restando fedele al suo stile e al suo linguaggio. Il dilemma etico di David ruota inevitabilmente intorno alla figura di Syd, nella doppia veste di compagna per la vita (nella linea temporale presente) e guida spirituale (nella timeline onirica/futura). È il futuro, incarnato dalla Syd invecchiata e senza un braccio, a contaminare il suo presente, innescando la sua contraddizione. Rispetto al primo episodio, in cui si esprimeva a gesti, in questa occasione la sentiamo parlare, seppur con una voce metallica che ricorda quello del Man From Another Place in Twin Peaks (e, sempre tenendo a mente la poetica lynchiana, questo non è mai un buon segno). La scena è enigmatica, lisergica e rappresenta un chiaro esempio di ciò che rende Legion quasi un unicum nel panorama seriale: non sono infatti tante le Serie Tv in circolazione capaci di fomentare teorie, sul modello di Lost, ergendosi ad aggregatrici sociali, oltre che a limitarsi all’intrattenimento audiovisivo.
In questo caso, emerge il conflitto tra realtà e irrealtà, tra memoria e invenzione, definito in termini semplici e netti anche dall’inquietante lezione di questa settimana, firmata dalla voce di Jon Hamm. Le specie animali determinano la realtà sulla base di segnali fisici,mentre l’umanità percepisce la realtà attraverso un input mentale. “Dobbiamo essere d’accordo su ciò che è reale”, sullo sfondo della sequenza di Oliver che insegna a un ragazzo che il rosso è verde e il verde è rosso – e guarda freddamente mentre il bambino viene investito da un auto. Da qui se ne può desumere o che David è abbastanza potente da poter scrivere il suo futuro, o che la Future Syd non sia altro che l’ennesimo trick dello Shadow King: una mera illusione che cresce nella psiche di David fino a sfociare nella pazzia, tanto per ricollegarci al main theme della premiére.
Ciò nonostante, per ora, risulta quasi marginale cercare di capire quale sia la verità: è Syd a parlargli, tanto basta a rendere il contesto razionale e dunque reale, in quella che è una riuscitissima sintesi della dialettica hegeliana. Senza dubbio la presenza dello spirito guida di David è il risvolto più interessante, dal punto di vista narrativo di questo inizio di stagione. L’idea che esista una minaccia incombente, ancor più pericolosa dello Shadow King, e che i due villain possano essere combattuti su due differenti livelli temporali rende la narrazione estremamente dinamica. E il fatto stesso che anche la Syd del presente lo esorti a seguire i dettami della sua versione futura, testimonia che in fondo, quello di David, non può essere un vero e proprio dilemma perchè, di fatto, non ha altra scelta. P
Per lui, come per ogni altro supereroe, non può esistere un posto tranquillo in cui vivere una vita normale.
In quest’ottica, pertanto, l’unica opzione possibile è quella di provare a dialogare con Amahl Farouk, in una delle scene clou dell’episodio, nella quale facciamo la conoscenza del vero volto dello Shadow King, interpretato da un bravissimo Navid Negahban. Tutto, nello scenario che si viene a creare – la bancarella di un indovino in mezzo a un deserto stepposo, in una scena che sembra rubata alla filmografia di Terrence Malick – dà l’idea di un vero e proprio patto col diavolo.Farouk, per attirare David al lato oscuro, fa leva sul concetto di divinità (“bigger than Jesus“). Prendere il potere, aggrapparsi ad esso e “al diavolo” le persone, punto.
E nulla fa pensare che il compromesso che i due hanno trovato – collaborare per far riacquistare allo Shadow King il suo vero corpo, ma senza commettere omicidi – possa essere davvero rispettato, poichè già prima durante l’episodio quel patto è stato violato. Una delle prime scene, infatti, è la bellissima sequenza dell’intrusione nella Division 3, da parte di Oliver (posseduto da Farouk) e Lenny, sulle note di ‘Swingin on a Star’. Questa scena è un capolavoro di regia e di montaggio sonoro, in cui si riprende la concezione della danza come espressione della violenza. Da brividi, in particolare, il momento in cui Lenny si rivela a Cary, in un gioco di ombre e luci degno di un horror.
Sempre Aubrey Plaza è poi protagonista di un altra scena magnifica, sul finale della puntata. Dopo il confronto tra Farouk e David, Lenny si avvicina al Re delle Ombre, implorando di essere lasciata libera. La Plaza interpreta la scena con i tic nevrotici di un tossicodipendente, spostandosi avanti e indietro intorno a Farouk per mostrarci quanto sia instabile ed enfatizzando la percezione del Re delle Ombre quale forza immutabile. È un momento culminante di questa stagione, che potrebbe regalare risvolti imprevisti nello sviluppo della trama. Dove si spingerà Lenny per potersi sentire nuovamente un individuo e non più mero spirito? Per trasformare la sua utopia personale in qualcosa di concreto?
Dopotutto, torniamo sempre lì, “la vera tragedia è dimenticare di vivere“.