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Licorice Pizza – La Recensione dell’ultima pellicola di Paul Thomas Anderson

Licorice Pizza (640x360)
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E’ arrivato nelle sale italiane già da qualche mese, ma non è andata come si pensava. Licorice Pizza è il nuovo piccolo gioiello di Paul Thomas Anderson, un regista che di piccolo ha ben poco. Conosciuto e amato da sempre grazie a magistrali pellicole come Il Petroliere, The Master, Il Filo Nascosto, Vizio di Forma e tanto altri, Anderson torna al cinema con un racconto decisamente nuovo che lascia intravedere un lato sconosciuto di sé, ma non è questo il motivo per cui le cose non sono effettivamente andate bene in termini di successo. Paul Thomas Anderson è un regista poliedrico, un regista eclettico che sa bene cosa vuole e come lo vuole. E’ sempre stato un Dio nell’incastrare tra loro pellicole che in comune non avevano assolutamente nulla, se non lui. Licorice Pizza non è però riuscito a far breccia nel cuore non solo dei telespettatori, ma anche in quello della critica che – durante gli Oscar – non ha concesso neanche una statuetta alla pellicola.

Eppure, Licorice Pizza è un film che di statuette avrebbe dovuto collezionarne. E’ una pellicola che avrebbe meritato molto di più, un film che forse dovrebbe ottenere una nuova opportunità. Disponibile su Amazon Prime Video, Licorice Pizza non aspetta altro che essere riscoperto e, chissà, magari finalmente amato.

Licorice Pizza (640×360)

Siamo nella Los Angeles del 1973 e il liceale Gary e la giovane Alana si incontrano durante le foto per l’annuario scolastico. In due sono in due momenti di vita totalmente differenti: lui va a scuola, lei è l’assistente del fotografo, una venticinquenne che fatica a capire chi voglia davvero essere. Fin dal primo momento Gary rimane ammaliato dalla bellezza di Alana, dalla sua finta sicurezza, dal suo equilibrio tra inadeguatezza e spavalderia. I due cominciano così a stringere un rapporto che non ha alcun nome: non sono amici, non sono fidanzati. Sono sempre più lontani di quanto debbano esserlo, e a volte sono più vicini di quanto Alana vorrebbe davvero. Il loro legame non conosce etichetta, ma soltanto prospettive. Entrambi vogliono costruire qualcosa che gli permetta di potersi definire realizzati, qualcosa in cui riflettersi. Nonostante le numerose difficoltà, Gary non prova mai alcuna sfiducia nei confronti del futuro, infondendo in Alana un certo tipo di coraggio nel collezionare più esperienze possibile e buttarsi in più occasioni.

Da quel momento le cose per i due prenderanno pieghe inaspettate che li porteranno a vivere il cambiamento sociale di un’America che cerca in tutti i modi di cambiare e di rivoluzionarsi. Di fronte a noi, al contrario delle altre numerose pellicole, non vi saranno dei giovani disillusi che lasciano accadere le cose, ma due protagonisti che vogliono davvero far parte della rivoluzione, che vogliono essere attivi, carichi per il domani che arriverà. La loro disillusione è di certo più focalizzata su un altro aspetto, quello dei legami. Paul Thomas Anderson mette infatti a fuoco un aspetto delle relazioni sociali che non è mai cambiato, non importa l’epoca in cui ci troviamo. Gary e Alana sono più spaventati dai rapporti sociali che da quelli professionali, sono più impegnati a fare tanto rispetto che a capire chi siano davvero, o chi hanno al loro fianco.

Mentre le opportunità lavorative crescono man mano, loro si allontanano sempre di più. Ma proprio mentre si allontanano, si innamorano. Paul Thomas Anderson sa bene quello che fa, ciò che ha intenzione di raccontare. Il suo obiettivo è mostrare come il mondo evolva e come noi spesso siamo pronti ad accoglierlo, ma come questo non si traduca nei rapporti sociali di cui diventiamo protagonisti. I legami, seppur complessi, sono il centro di quello che siamo e facciamo, lo specchio della nostra identità, ma non sempre sappiamo gestirli. Alana e Gary si allontanano l’uno dall’altro, ma trovano sempre il modo di avvicinarsi a diversi personaggi inaffidabili che non hanno altra intenzione se non quella di approfittarsi di loro e della loro poca esperienza sul campo.

Licorice Pizza (640×360)

Paul Thomas Anderson, così come abbiamo visto in altri film come Il Petroliere, denuncia l’insaziabile voglia americana di diventare l’unica macchina da soldi esistente sulla faccia della terra, ma stavolta lo fa in un modo decisamente più delicato mettendo in scena due personaggi giovani, inesperti, ingenui e privi di malizia. Lo sono così tanto da avvicinarsi a chiunque gli prometta qualcosa, anche se ha scritto in faccia che li fregherà. Lo sono così tanto da comportarsi come gli adulti, mettendo al primo posto la professione e poi i legami. Ma Licorice Pizza non è soltanto questo, è anche un’ode delicata al mondo del cinema. E’ proprio di fronte a un cinema che il film, d’altronde, giunge al termine segnando la riconciliazione dei due protagonisti.

Dopo un’ennesima corsa tra le strade di Los Angeles, Alana e Gary si ritrovano finalmente lì dove hanno sempre saputo di dover stare: insieme. Non è chiaro come, se si tratterà di una storia d’amore o di un’amicizia, ma questo poco importa. Non è la natura del loro legame il centro della pellicola, ma il semplice fatto di riuscire a sentire qualcosa in un mondo che cerca di sempre di correre, correre e correre e di cui tutti siamo partecipi, anche i due protagonisti. Licorice Pizza per questa ragione non cade mai nell’ipocrisia ma, al contrario, racconta in modo realista la scalata che tutti cerchiamo di fare verso il successo, la soddisfazione. Alcuni per farla perdono il contatto con la realtà e l’emotività, e questo stava per accadere anche ai due protagonisti che riescono a salvarsi durante la fine del film.

Paul Thomas Anderson in questo caso non è stato apprezzato perché in un certo senso non è stato compreso. La pellicola, a detta di molti, è lenta e priva di quell’effetto sorprendente tipico di questi film. Ma il punto è proprio questo: Licorice Pizza non è un film adolescenziale, una storia d’amore tra due ragazzi che hanno ancora una vita da scrivere, ma un prodotto che cerca di narrare le difficoltà che sorgono quando si tenta in tutti i modi di scrivere il proprio futuro. Non è un’opera sentimentale, è il racconto delicato e senza retorica di un’America che non si ferma ad aspettare e che, semplicemente, corre lasciando indietro dei pezzi. Licorice Pizza non sarà forse all’altezza dei precedenti lavori di Paul Thomas Anderson, ma di certo è uno dei film più attuali (nonostante l’ambientazione) e concreti degli ultimi anni. E’ la corsa verso il futuro che tanto ci sta preoccupando e che, in Licorice Pizza, sembra quasi un giro sull’altalena.

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