Attenzione la lettura dell’articolo implica spoiler su Love and Anarchy 2.
Max e Sofie sono tornati per un secondo ciclo di episodi, con la loro storia paragonabile solo a un giro sulle montagne russe. Se nella prima stagione li abbiamo visti rincorrersi per scambiarsi un rossetto e metaforiche prove di coraggio, la seconda sposta leggermente il focus su un qualcosa di più serio, la rielaborazione di un lutto, senza perdere quegli aspetti un po’ spensierati e un po’ provocanti.
Love and Anarchy 2 ricomincia da dove avevamo lasciato i protagonisti nella prima stagione: Sofie è alle prese con il suo divorzio, vive clandestinamente la sua storia con Max, cercando contemporaneamente di risollevare le sorti della casa editrice in cui sembrava non essersi affatto integrata (ma dalla quale viene prontamente assunta). È la solita Sofie che ricordavamo, quella che impersonificava così male la sua generazione, quella che non cercava il lavoro stabile e si sentiva stretta nel suo matrimonio. Max è ancora alla ricerca di una casa abbastanza grande in cui coltivare le sue piante ed è sempre alle prese con la difficilissima gestione della strana personalità di Sofie. Anche lui rimane lo stesso Max un po’ (troppo) fuori dal coro per avere solo vent’anni. Adesso che finalmente non sembrano più esserci ostacoli alla loro storia, l’improvviso suicidio del padre porterà Sofie a chiudersi nei confronti del mondo esterno, impedendo a chiunque di starle vicino se non in maniera superficiale, o per meglio dire occasionale. Ovviamente la cosa porterà a un allontanamento dei protagonisti, che per tutta la stagione si orbiteranno intorno senza veramente collidere mai. Lei è come bloccata in un limbo di dolore, lui ne è semplicemente tagliato fuori.
Il fatto è che in Love and Anarchy 2 c’è poco Love e niente Anarchy: tutta la parte interessante si è esaurita nella prima stagione, durante la quale ogni convenzione è stata infranta e Sofie ha ricominciato la sua vita secondo le proprie regole. Nella seconda già tutto è cambiato e quindi il tema principale si sposta sull’elaborazione del lutto di quest’ultima, ma (e questo è il difetto principale della stagione) in una maniera un po’ superficiale. Ci sono state diverse comedy che con un tono leggero hanno centrato l’obiettivo di raccontare un qualcosa di invece pesantissimo mantenendo la credibilità, Ted Lasso e gli attacchi di panico per dirne una, ma in questo caso forse la psiche di Sofie viene trattata in maniera prevedibile per non dire stereotipata. Per buona parte della stagione vediamo una donna evidentemente in difficoltà, che cerca facili distrazioni e allontana qualsiasi forma di reale intimità senza che questo venga minimamente percepito da chi le sta intorno. Troppo poco per empatizzare davvero con il dramma di Sofie e forse anche un po’ banale ridurre tutto a un allontanamento da Max, un paio di scelte sbagliate sul lavoro e qualche distrazione raccattata su Tinder. Ad aggravare lo spaesamento di fronte alla tragedia, vengono mantenuti alcuni aspetti che ci ricordano la prima stagione, per assicurarsi la quota comedy, ma decontestualizzati e quasi forzati, non riescono nell’intento. Lo scambio di bigliettini in quella specie di versione adulta di “obbligo o verità” è rimasto, ma i due non flirtano più come un tempo, quindi non sembra coerente con l’evoluzione della loro storia. Anzi, se da una parte Sofie colleziona rapporti occasionali, dall’altra Max si trova invischiato, suo malgrado, in una relazione con una collega, con l’unico risultato di renderli sempre più distanti. In generale viene mantenuto quel tono leggero da commedia romantica e per quanto alcuni momenti strappino effettivamente un sorriso, purtroppo molti altri, costruiti per farlo, in realtà lasciano solo un leggero senso di disagio: un’assurda scena di sesso in cui Sofie e un agente letterario si comportano come animali domestici per esempio, oppure il momento in cui lei si lascia colare addosso una abbondante sorsata di caffè pur di liberarsi di una sindacalista. Insomma per quanto ci provi Love and Anarchy 2 non risulta brillate quanto la prima, ma nemmeno abbastanza drammatica e per una serie che si propone come dramedy, tutto questo è un bel problema.
L’aspetto anarchico della serie viene mantenuto a galla dal personaggio di Lars, il padre di Sofie, che le appare spesso e costituisce quella parte incurante delle conseguenze, più che ribelle, spontanea che proprio sul finale di stagione le permette nuovamente di togliersi dall’impasse e riaprirsi a nuove possibilità. In effetti le ultimissime puntate sono le più divertenti, ma anche emozionanti. La serie perde decisamente del mordente rispetto alla prima stagione, in cui il coinvolgimento con i protagonisti veniva costruito un bigliettino alla volta, ma sul finale si riprende, regalandoci non solo la capacità di capire un po’ meglio il vissuto drammatico di Sofie, ma permettendoci anche di cogliere una certa evoluzione nelle personalità di diversi personaggi.
In effetti uno degli aspetti meglio riusciti di questa stagione è l’ampio spazio riservato ai personaggi secondari, che danno vita a dinamiche interessanti, lasciando anche ben sperare in un rinnovo (ancora non ufficializzato): è il caso del triangolo fra Friedrich, Denise e la neo premio nobel per la letteratura amante di entrambi.
Su una cosa però Love and Anarchy 2 è una certezza: non è glam. Ma neanche un pochino. E questo, che potrebbe sembrare un difetto, in realtà è un gigantesco punto di forza. Se la serie si colloca un po’ a metà strada fra Younger e Emily in Paris, risulta molto più verosimile di entrambe. Niente sorrisi bianchissimi, niente sopracciglia perfettamente truccate o messe in piega a prova di temporale. La Svezia ci regala uno squarcio di normalità, in cui capita di non essere sempre pronti al selfie, in cui abbiamo l’impressione di vedere degli esseri umani e non delle copertine e questo fa si che ci interessi davvero la storia, la reazione e il vissuto dei personaggi, piuttosto che l’outfit o le complicatissime acconciature. Tutto ciò regala autenticità a una serie che con questa disarmante normalità riesce a scansare il rischio di risultare troppo frivola o in qualche occasione addirittura volgare, ma semplicemente sembra plausibile: è plausibile essersi legati i capelli in velocità al mattino, è plausibile mettersi delle scarpe comode per andare a lavoro, è possibile quindi ritrovarsi in una scena di nudo integrale con un corpo normale, senza che la cosa risulti in alcun modo scandalosa. Forse, fra le righe, riusciamo addirittura a leggere la straordinarietà dell’ordinario e questo è uno dei motivi per cui ci piace guardarla.
Al netto di qualche difetto quindi, Love and Anarchy 2 rimane una dramedy senza troppe pretese, una di quelle serie disimpegnate che ci riempie una mezz’ora con il rischio anche di strapparci mezza risata. E perché no in fondo?