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Lucifer, una prima stagione tra il bene e il male

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Lucifer è una serie Fox partita il 25 gennaio 2016, e parla di Lucifero, sì, Quel Lucifero.

Tom Kapinos, anche creatore di Californication, mette in scena un telefilm in cui il famosissimo angelo caduto, interpretato dall’affascinante Tom Ellis, si prende una pausa dal suo ruolo di guardiano degli inferi e va a Los Angeles. Ovviamente, visto che è la città degli angeli caduti. Lo zampino del creatore nella progettazione del personaggio si vede, ma spesso Lucifer cade in storie autoconclusive (del singolo episodio) un po’ scontate. Meno scontato è il resto della trama: come Lucifer decida di collaborare con la polizia per risolvere crimini con quella che è apparentemente l’unica persona sulla Terra che è immune ai suoi poteri. Insomma non ci si aspetterebbe che il Diavolo si interessi di risolvere crimini, dovrebbe essere felice dei peccati nel mondo.

Invece ci viene raccontato un Lucifer molto più angelico del previsto, rancoroso verso il padre ma per il fatto di essere stato bandito, cacciato e quindi abbandonato, tanto da strapparsi le sue stesse ali. Un tantino esagerato. Inoltre si crogiola in peccati che potrebbero essere quelli di un qualunque umano, ecco magari diciamo pornostar, in pratica Rocco Siffredi è più peccatore del Diavolo in persona. Ok. D’altra parte non si può dire che non sia un personaggio interessante, un sempre elegante diavoletto, un accento british che gli dà quel giusto ché, ed una passione per le battute impregnate di doppi sensi.

L’accoppiamento con la poliziotta buona ed attenta alle regole è la base costante della trama orizzontale, insieme alle vicende sulla sua famiglia divina. Questo contrasto bene e male, molto evidente agli inizi del loro rapporto, andrà poi sfumando mentre lui scopre la sua umanità e lei inizia a dimostrare la sua propensione per le scappatoie legali, ma sempre e comunque per un fine buono quale acciuffare il cattivo di turno.

Questa, Chloe Decker, perde un po’ il fascino dell’intrigo che ci è dato inizialmente, nel non sapere perché è immune ai poteri di Lucifer, anche se non è del tutto spiegato come faccia ad esserlo da subito, visto che lui è vulnerabile in sua presenza a causa dei sentimenti (umani? l’amore o quel che è non dovrebbe essere anche, e sopratutto, divino?) che prova per lei. Quindi l’ha incontrata e da subito ha provato qualcosa? Una spiegazione troppo buttata lì per i miei gusti.

Sebbene le investigazioni siano anche a loro modo piacevoli, gli interrogatori, che dovrebbero essere uno dei punti focali su cui ruota una serie crime, sono sciatti e molto (molto, molto, molto) facilitati dal potere di Lucifer di scoprire i desideri più reconditi di una persona. Già, gli piace vincere facile.

E questo è un gran peccato, perdonatemi la scelta di parole. Invece, nota tutt’altro che negativa, è il modo comico in cui Lucifer non nasconde assolutamente la sua natura, continuando a dirlo a tutti indiscriminatamente, e nessuno gli crede, nonostante i suoi poteri inspiegabili. Bel lavoro Detective.

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Affascinante è anche il rapporto con la psicologa, alla quale si apre anche di più degli altri, affrontando seriamente la sua natura divina. Inizialmente no, era un rapporto terribile: terapia in cambio di sesso (cosa?!), ma poi si riprende ed è un’interessante spunto narrativo per avere una miglior comprensione di quello che succede nella testa del Diavolo. La terapista, Linda Martin, di per sé non è un personaggio malaccio, solo che ci mette un po’ a farsi apprezzare.

Migliora anche nel corso della stagione la narrativa sovrannaturale, con la comparsa di Amenadiel, il fratello maggiore di Lucifer, anche se purtroppo, anche qui potevano dargli un po’ più di carattere. Per dirla in maniera gentile, i suoi tentativi di mandare Lucifer all’Inferno non sono stati così efficaci e mancano evidentemente di convinzione. Oltretutto si fa subito coinvolgere da quel demone di Maze, creatura già più apprezzabile (e finalmente una donna con un po’ di personalità di fianco a tutte queste bamboline), cosa abbastanza assurda dopo essere stato un angelo per millenni.

Nel complesso Lucifer si lascia guardare, con alti e bassi mediocri: non spicca mai, ma non finisce nemmeno nel trash. Le recensioni contrastanti sia dalla critica che dagli spettatori lo confermano, ed effettivamente sono abbastanza d’accordo nel dire che non manca qualche occasionale sghignazzata, ed allo stesso tempo l’incipit non è malaccio, ma avrebbero potuto svilupparlo in maniere più coinvolgenti.

È proprio la mancanza di coinvolgimento che rende Lucifer una serie “ni”, da vedere con disimpegno.

 

Se non siete per nulla d’accordo o volete altre informazioni,

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O per scoprire come sta andando la seconda stagione: Lucifer Morningstar è tornato: cosa ci riserva l’inizio di stagione?