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Maid – La Recensione della miniserie: tutti dovrebbero guardarla, e non è un modo di dire

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Tratta dall’autobiografia best seller di Stephanie Land, Maid è la nuova miniserie Netflix, prodotta da Warner Bros, John Wells e Lucky Chap, disponibile dal 1 ottobre.

Maid, o donna delle pulizie, è la storia di una madre, Alex (Margaret Qually), che per assicurare un futuro migliore alla sua piccola figlia Maddy scappa dalla casa che divide col compagno alcolista Sean (Nick Robinson) e, per sbarcare il lunario, comincia a lavorare come domestica. Si rivolge agli assistenti sociali per essere indirizzata a un luogo sicuro e le viene indicato un rifugio per donne che hanno subito violenza domestica. Alex, però, non ha mai subito violenza fisica, per cui non vuole accettare “per non privare chi ha subito veri abusi di quel posto” ( “quali sono gli abusi finti?” le chiede l’assistente sociale). Si apre così la prima fondamentale tematica riguardante gli abusi psicologici e di come le donne che ne subiscono ne abbiano ancora troppo poca consapevolezza e siano troppo poco tutelate dallo stato.

Alex, infatti, non avendo mai sporto denuncia contro Sean e non avendo prove fisiche tangibili che dimostrino la pericolosità del suo compagno, rischia di perdere l’affidamento di sua figlia nel tentativo di proteggerla, e si ritrova alle prese con una battaglia legale che non può permettersi poiché non dispone di indipendenza economica non essendole mai stato concesso di lavorare (“un abuso finanziario è un abuso emotivo”), ed essendo così la persona meno indicata a garantire un tetto sulla testa di sua figlia.

Comincia così la sua carriera come domestica e i difficilissimi iter burocratici per i sussidi, mettendo in luce un’altra problematica di competenza statale non di poco conto. Il suo lavoro, però, le consente di conoscere nuove persone che si riveleranno poi fondamentali nella sua vita, ma soprattutto di conoscere sé stessa: sarà proprio durante le pulizie che risalgono a galla attraverso flashback degli episodi del suo passato e di quello di sua madre Paula (Andie MacDowell, sua madre anche nella vita reale), la cui sorte coniugale non è stata poi così diversa dalla sua.

Anche il passato di Sean viene rivangato nel corso delle puntate, vittima a sua volta di una famiglia difficile. La serie, infatti, non forza in alcun modo l’empatia dello spettatore; l’uomo da cui Alex scappa è di fatto un ottimo padre, un uomo generoso, un amico fedele. La vera questione non è nei problemi che hanno spinto Sean all’alcolismo e nella sua volontà di risolverli, ma nella privazione della libertà e autonomia di Alex, che non è accettabile neanche dall’uomo migliore al mondo. Sean ce la mette davvero tutta per essere una persona migliore, riesce a ripulirsi e tornare sobrio, riesce a “farsi perdonare” anche dallo spettatore, che comincia a provarne compassione. Ed è quello il fulcro reale di Maid: lo spettatore è spinto a perdonare Sean, arriva a comprenderlo, proprio come Alex, proprio come tutte le altre donne. Si stima infatti che le donne ritornino in media 7 volte dai propri aguzzini prima di lasciarli definitivamente. Maid sprona lo spettatore a comprendere il punto di vista delle donne.

Maid

Un’altra privazione di cui Alex è determinata a riappropriarsi è la sua passione per la scrittura, ed ha intenzione di riprendersela iscrivendosi finalmente al college di Missoula, sebbene sia complicato destreggiarsi tra turni di lavoro estenuanti e fin troppo mal retribuiti, una bambina piccola e la difficile condizione di bipolare non diagnosticata di sua madre, ma scrivere resta una priorità nonostante le difficoltà, poiché ogni donna ha diritto di dar voce alle proprie parole.

Maid è un’incredibile storia vera che riesce ad emozionare dall’inizio alla fine, e lo fa in uno stile più vicino a quello cinematografico che televisivo, che riesce a sostenere l’importanza dei contenuti con interpretazioni perfette, entrando di diritto tra le migliori serie che il catalogo Netflix offre (ci tocca anche aggiornare immediatamente la lista delle migliori miniserie del 2021 a poche settimane dalla sua pubblicazione).

Impossibile, inoltre, non citare la fotografia dell’intera serie, che regala immagini suggestive di paesaggi naturali e non, che riescono ancor di più a trasportare lo spettatore nel mondo in cui tutti abbiamo il dovere civile di entrare: quello di Alex, di Paula, di Danielle, di Regina, di Yolanda e di tutte le altre donne che combattono la propria battaglia.

“Molte persone non scommetterebbero su una madre single che si iscrive al college, ma non sanno quello che ci è voluto per arrivarci: ben 338 bagni puliti, 7 tipi di sussidi governativi, 9 traslochi, una notte alla stazione dei traghetti e l’intero terzo anno di vita della mia dolcissima figlia Maddy”

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