Come di consueto, durante le serate del Festival di Sanremo avviene l’annuncio dei film e le serie Rai che arriveranno a breve. A tal proposito, qui trovi il nostro calendario completo di fiction Rai e Mediaset nel 2024. Ogni singolo stacco pubblicitario, in modo incalzante, mostra le nuove produzioni di punta della società televisiva. Assieme a Mare Fuori, messa in risalto più di ogni altra produzione, a essere sponsorizzata molto è stata Mameli: il ragazzo che sognò l’Italia. L’argomento è davvero interessante anche perché, occorre ammetterlo, la storia di questo personaggio non è così conosciuta. Lo è solamente per chi ha avuto la possibilità di approfondire davvero il Risorgimento italiano. Oppure di studiare diffusamente l’Inno d’Italia per studi di musica. Allora sì che risulta davvero più familiare la figura di Mameli. Purtroppo però, anche in questi casi, è spesso nota solamente la storia di come giunse a comporre il Canto degli Italiani. Molto difficilmente si conoscono altri aspetti della vita del poeta e patriota.
La storia di Goffredo Mameli invece è particolarmente avvincente e si intreccia costantemente con quella del Risorgimento.
Non giunse certo a comporre l’inno casualmente. Il suo fu un percorso patriottico, condito da tante battaglie che normalmente studiamo a memoria sui banchi di scuola. E, ammettiamolo, anche comprendendo di rado l’importanza di questi eventi. Dal momento che crediamo che la vita del poeta non sia così nota al pubblico, cerchiamo di evitare di raccontare ogni passaggio della sua vita.
Ciononostante, è necessario accennare ad alcuni degli eventi più importanti di un uomo che, sin dalla tenera età, rivelò un forte senso patriottico. Oltre a qualche riferimento riguardante la storia della sua composizione più celebre. Quella va oltre la vita dei suoi stessi creatori. Figlio di un parlamentare, già a 19 anni partecipò a manifestazioni per ricordare la cacciata degli austriaci da Genova e cominciò a comporre poesie. Poco dopo scrisse proprio il Canto degli Italiani. È sorprendente dunque immaginare un ragazzo così giovane che, a meno di 20 anni, scrive quello che è il nostro inno nazionale. Curiosamente però sarebbe divenuto l’inno provvisorio quasi un secolo dopo rispetto a quando lo scrisse, per diventare inno ufficiale appena 6 anni fa.
Il Fratelli d’Italia era un canto che mal si coniugava con una monarchia. Sin dall’Unità d’Italia però molti, tra cui Giuseppe Verdi, per motivi politici lo preferirono subito alla Marcia Reale sabauda
Il Canto continuò a essere piuttosto popolare tra gli italiani. In particolare, fu protagonista spesso prima e durante la Prima guerra mondiale, in quanto simbolo per l’interventismo. Durante il ventennio il futuro inno passò in secondo piano rispetto ai canti fascisti, poiché banditi tutti i canti che non inneggiassero a Mussolini. Tornò a essere nuovamente cantato durante la Seconda guerra mondiale godendo di grande successo in contesti antifascisti. Tuttavia, per fini propagandistici, persino la Repubblica di Salò lo fece proprio.
Infine, dopo una lunga discussione a guerra terminata che lo vide contrapporsi all’Inno di Garibaldi, al Nabucco e alla possibilità di scrivere una nuova composizione, venne scelto come inno provvisorio senza ufficialità, e senza ottenere un consenso unanime. Non sono mancate infatti critiche nel corso dei decenni da varie parti politiche, spesso per sostenere la necessità di sostituirlo. Da allora però è sempre stato mantenuto e nel dicembre del 2017 è stato ufficializzato come inno d’Italia.
Mameli e Michele Novaro, l’importantissimo compositore che mise in musica le parole del poeta, sono parte imprescindibile della storia d’Italia.
Riprendendo altre composizioni patriottiche risorgimentali, il Canto inneggia a tutti i cittadini d’Italia indicandoli come fratelli. Richiamando anche la necessità di unirsi per raggiungere l’unificazione d’Italia, cacciando così gli Stati stranieri. Talvolta criticato per un presunto atteggiamento bellico, il componimento va contestualizzato all’interno della sua epoca e nel momento storico in cui venne scritto. A tal riguardo Mameli: il ragazzo che sognò l’Italia aiuta non poco a comprendere le battaglie risorgimentali, lo spirito che vi era dietro, e l’inevitabilità a ottenere l’unificazione con l’uso delle armi. Questo perché molto complicate altre vie nell’Ottocento (e in una situazione simile). Mameli scrisse le parole con grande fervore patriottico, pochi mesi prima di partire per le Cinque giornate di Milano in aiuto di Nino Bixio.
Divenne infine capitano nell’esercito di Garibaldi. Non raccontiamo altro della vita di Goffredo Mameli, lasciandovela scoprire nel nuovo sceneggiato Rai. Passiamo dunque a parlare proprio della qualità della produzione.
Riccardo de Rinaldis Santorelli è l’attore protagonista. Già comparso in Doc – Nelle tue mani e nel non proprio esaltante Headshot, l’attore si trova qua al primo ruolo di spessore della sua carriera. La storia di Mameli viene raccontata intrecciandosi con i due amori della sua vita. Parliamo di Geronima Ferretti e Adele Baroffio, aggiungendo così una componente romantica nella narrazione della vita del poeta. Al fianco di queste narrazioni, la componente patriottica resta centrale. Ci si concentrerà infatti sulle grandi battaglie risorgimentali, intrecciandosi con altri patrioti di spicco. Su tutti Mazzini e Garibaldi.
La serie ha il merito indubbio di descrivere i ragazzi protagonisti per ciò che sono.
Spesso, venendo descritti pomposamente, i protagonisti li immaginiamo come adulti austeri. Invece va ricordato che molti di loro erano solo ragazzi di 20 anni circa, davvero giovani. Eppure, già animati da un forte spirito patriottico e dall’intenzione di cambiare il destino d’Italia. Come i creatori della serie hanno affermato, c’è uno sguardo nuovo nel modo in cui si raccontano queste vicende. Purtroppo manca fedeltà nell’aspetto di questi personaggi, i quali sembrano ventenni del 2024 che vestono costumi degli anni ’40 del 1800. Insomma questa decisione alimenta l’intento di mostrare i ragazzi come giovani ventenni, ma è ben poco realistica e stona parecchio. Oltre ad alcuni aggiustamenti nel racconto non proprio attinenti.
La regia di Luca Lucini e Ago Panini è tutto sommato efficace ed esalta, nuovamente, lo spirito giovanile dei protagonisti. Anche nell’approccio registico e attoriale però non traspare mai l’intento di mostrare ragazzi del 1800. Questo a eccezione dei costumi, del contesto e di alcune scelte linguistiche (anche se la ricerca linguistica è, nel complesso, poco coraggiosa e poco ottocentesca). L’idea di descriverli, riprendendo le parole pronunciate nella presentazione, “come ragazzi di oggi” sfugge di mano e non si ha mai l’impressione di vedere una ricostruzione davvero accurata.
La stessa volontà di voler descrivere Mameli considerandolo una “rockstar”, idea molto pubblicizzata in tanti articoli, risulta davvero fuori luogo. Le storie d’amore con Geromina Ferretti e Adele Baroffio sono avvincenti anche se la rappresentazione di quest’ultime risulta a tratti posticcia. I consulenti storici al lavoro sulla serie non sono mancati e sicuramente c’è tanta accuratezza nelle vicende narrate, il problema dunque risiede unicamente nello sguardo dedicato alla materia. Uno sguardo forse troppo moderno.
La volontà di descrivere i protagonisti come ragazzi di oggi sfugge di mano, lasciando a desiderare sulla contestualizzazione storica
Il cast della serie non è affatto male e, al fianco del protagonista, troviamo anche nomi rilevanti come Neri Marcorè, Ricky Memphis, Luca Ward e Lucia Mascino. Tutti sono in parte, anche se nessuno risalta particolarmente. L’impressione finale dunque è quella di aver visto un prodotto che, finalmente, sceglie un tema nuovo riguardante un argomento importante della storia d’Italia, ma senza riuscire a realizzare un prodotto di un certo livello. La Rai fa una decisione lodevole scegliendo un fatto storico di un certo interesse ma, purtroppo, il coraggio si ferma alla decisione sul tema. Non è uno sceneggiato in grado di risaltare rispetto agli altri, e l’approfondimento dedicato alle storie d’amore di Mameli sembra confermare l’impossibilità nel distaccarsi da certi stilemi caratteristici della società televisiva. Non siamo di fronte a un prodotto pessimo. Semplicemente è una miniserie che dimenticheremo a breve.
La miniserie, in conclusione, mescola stilemi e aspetto “vecchi” dei soliti sceneggiati con protagonisti che si comportano come adolescenti di oggi. Forse l’intento era quello di ottenere apprezzamenti da ogni fascia d’età. L’impressione è che invece non sia né carne né pesce.