I loschi anni 70. Teatro dei delitti più squallidi e violenti della storia. Un’epoca maledetta in cui il crimine sembra aver vissuto un momento d’oro. E stanotte, come tutte le altre, ne abbiamo la conferma. Un uomo blatera cose apparentemente senza senso, tiene in ostaggio delle persone e fa strane richieste. Un pazzo, un errore della natura, un problema da risolvere con un proiettile. L’incomprensibile spaventa da sempre l’essere umano che di conseguenza reagisce secondo il comando del suo primordiale istinto.. Come biasimare un tale comportamento? Come aiutare un tizio che, credendosi invisibile, attenta alla vita altrui? La sentenza è inequivocabile: egli deve morire. Non secondo Holden Ford. Il giovane insegnante crede che dietro quella mente deviata possa nascondersi un individuo da compatire e ascoltare. Lui è l’ultima carta tra la vita e la morte di quell’uomo. È lì per aiutarlo, ma molte menti non vogliono essere aiutate, nessuno può riuscirci. Forse solo quel proiettile può. Mindhunter si presenta così ….
La società teme l’imprevedibile e di fronte tale paura instaura un meccanismo di autodifesa fallace e inconcludente. L’uomo si rifugia dietro quelle poche certezze che lo rendono ancorato a una flebile speranza di poter spiegare tutti gli arcani misteri della mente umana. Holden è una voce fuori dal coro. Uno che non ha paura di azzerare ogni sua prerogativa pur di provare a spiegare cosa si nasconde nella mente di un killer. Finché c’è il movente, finché ci sono le prove, finché ci sono regole nell’omicidio è tutto semplice. Ma cosa succede quando subentra una malvagia genialità? Cosa succede quando il movente diventa evasivo? Cosa succede quando un delitto diventa solo un mezzo per raggiungere l’appagamento del boia?
Mindhunter è l’insieme delle crudeli riposte a queste spaventose domande.
Come già detto: l’uomo minimizza l’orrore. Holden è apparentemente solo in questa sua ossessiva ricerca. Egli ha capito che bisogna familiarizzare con l’oscurità per aiutare la luce a illuminare l’ignoranza e per farlo può contare solo su se stesso. Ricominciare da zero e addentrarsi nell’avverso mondo accademico sembra la giusta soluzione eppure neanche quell’ambiente sembra pronto a farsi mettere in discussione. Nessuno vuole rispondere a quelle domande ….
Un raggio di sole può sopraggiungere dopo “un pomeriggio da cani”, dopo l’ennesima delusione. E in questo caso arriva attraverso un altro solitario crociato di questa guerra.
Bill Tench come Holden è uno che agisce nel “retrobottega” e che si è fatto carico dell’infausto compito di parlare senza essere mai ascoltato. L’offerta che ha da fare consiste nell’interfacciarsi a un pubblico che non ha il minimo interesse a farsi coinvolgere. Bill è chiaro su questo ma Holden percepisce il potenziale di poter infierire sulle distratte menti dei poliziotti. Lui sa che tasti andare a premere e sa quali nervi stimolare. Alcuni nomi, alcuni volti, alcune storie riesumano vecchie paure sepolte e possono convincere ad affrontarle.
Perché sono i mostri che ci costringono a stare svegli la notte. Ricordarci della loro esistenza può aiutarci a cercare la soluzione per dormire.
Stimolando questa piaga Holden accende la fiamma della conoscenza rendendo incline al dialogo anche il più scettico degli ascoltatori. Il volto di Charles Manson riesuma reconditi timori finora sepolti sotto l’ipocrita convinzione di poter riconoscere una bestia dal suo sguardo. Di fatto non è così, la presenza del male non è scontata in nessuno, e mostri ci si diventa, non ci si nasce. Forse la società è pronta a capire ciò e a elaborare nuovi metri per prevenire e limitare l’insorgere della potenziale bestia sepolta in noi.
Perché se si vuol capire la motivazione che spinge un killer a uccidere madre e figlio trafiggendoli con una scopa bisogna prima ammettere che non c’è da indagare sulle supposizioni, o sulle motivazioni, ma solo sul “chi” compie l’azione. Un serial killer non può essere sempre spiegato. Holden l’ha capito, e ora che l’ha fatto ha la mente sgombera per cercare le bramate risposte.