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Moon Knight 1×04 – La Recensione: alla ricerca della tomba perduta

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In maniera del tutto inaspettata, Moon Knight ci regala un episodio degno di essere chiamato tale. Abbiamo parlato più volte di come lo show rimanga in bilico tra due diverse nature, non abbracciandone mai completamente una e, di fatto, rimanendo un prodotto monco. Orsù dunque, miei avventurieri e bimbe di Indiana Jones, il quarto episodio di Moon Knight ci regala l’azione, la trama e anche quel pizzico di tensione che abbiamo a lungo agognato. Salvo poi mandare tutto in vacca con gli ultimi due secondi (non scherzo, sto parlando davvero di due secondi). Se per quaranta minuti circa la speranza cresce in noi spettatori come la fame a un shusi all you can eat, ecco che ci pensa quel finale pacchiano a lasciarci interdetti e delusi. Ancora una volta, la quinta serie tv dell’MCU dimostra di non sapere che pesci pigliare oscillando continuamente tra generi diversi che non si uniscono tra loro in maniera armonica ma rimangono sconnessi e confusi. All’orrore di una scena ecco che le fa da contraltare l’umorismo isterico di un’altra.

Nello scorso episodio (qui potete trovare la recensione) abbiamo lasciato Steven privo di sensi, dopo che insieme a Konshu è riuscito a “spostare” indietro il cielo di 3000 anni per scoprire l’ubicazione della tomba di Ammitt. Contravvenendo agli ordini degli altri dei, Konshu è stato quindi bandito e rinchiuso all’interno di un’effige, incapace da questo momento in poi di proteggere il suo Avatar con il costume di Moon Knight.

ATTENZIONE SPOILER! Se non avete ancora visto la nuova puntata di Moon Knight vi consigliamo di tornare più tardi.

Moon Knight

Un’inquadratura sottosopra ci mostra l’avatar di Osiris riporre l’ushabti di Knoshu all’interno di un’alcova. Qui il dio della Luna non ha alcun potere e nessun modo per poter proteggere Mark/Syeven e Layla dal pericoloso piano di Harrow. Possiamo vedere subito come Konshu non sia l’unico dio a essere stato esiliato, alcune delle effigi mostrate potrebbero persino contenere membri dell’Enneade dato che durante il Concilio, mostrato nello scorso episodio, non tutte le principali divinità erano presenti. Da qui sorge spontanea una domanda collegata all’ultima scena dell’episodio: Taweret potrebbe rivelarsi proprio una di quelle divinità bandite e rinchiuse all’interno di un ushabti.

Nel deserto, Layla e Steven riescono miracolosamente a salvarsi da alcuni uomini di Harrow e, seguendo la mappa, arrivano infine all’entrata della tomba. Il viaggio attraverso la sabbia e l’esplorazione della tomba sono un chiaro omaggio a Indiana Jones, d’altronde diverse scene sono state girate negli stessi luoghi de L’ultima Crociata, ma prima di addentrarci nella parte esplorativa dell’episodio ecco fare capolino un po’ di drama non richiesto. Steven tenta di fare la sua mossa con Layla ma a fermarlo sono un pugno e una minaccia colorita da parte di Mark, in pieno stile Fight Club. La personalità tonta ci riprova e bacia finalmente la donna, con grande imbarazzo di tutti compresa lei.

Moon Knight

Scesi dentro le gallerie, Layla è affascinata dalla costruzione labirintica dell’edificio. D’altronde l’immagine del labirinto è un topos molto comune nel folklore e nella mitologia, inteso come viaggio dall’esterno verso l’interno alla ricerca di se stessi. Serie tv come Westworld e Severance sono solo alcuni degli esempi più recenti che hanno fatto dell’idea del labirinto il nucleo focale della propria narrazione. Forse anche nel caso di Moon Knight, il labirinto rappresenta la mente di Mark e i sei possibili percorsi non sono altro che sei personalità nascoste al suo interno. Steven si rende conto che la costruzione è modellata sull’occhio di Horus e le sue sei parti che diversi storici hanno interpretato come rappresentative dei cinque sensi umani.

Proseguendo la loro esplorazione, i due arrivano in una camera di mummificazione dove preti venivano sepolti insieme al loro faraone. Al piano superiore, Mark scopre che un rituale di resurrezione è in atto ma le ricerche vengono interrotte dall’arrivo di un prete non morto che rappresenta il primo, vero momento gore di tutta la serie tv. Temo non ce ne saranno altri. Costretti a separarsi, Layla e Steven seguono quindi due percorsi diversi. La prima giunge a un burrone, compie un atto di fede in stile Indiana Jones e affronta un altro prete non morto. Ma prima di poter tirare un sospiro di sollievo, sopraggiunge Harrow che, come l’uccello del malaugurio, instilla un pensiero malevolo dentro la donna rivelandole come Mark sia stato coinvolto nella morte del padre di lei.

Dividi et impera direbbe qualcuno.

Nel frattempo, Steven trova finalmente il luogo di sepoltura di Ammitt. Sconcertato, l’uomo si rende conto che la tomba è quella di Alessandro Magno e che quindi sia stato lui l’ultimo avatar della dea. Lo stesso che, presumibilmente, l’avrebbe tradita e consegnata all’Enneade. Dopo aver infilato il braccio giù per la gola mummificata di Alessandro magno (Piero Angela non guardare!), Steven ne estrare l’ushabti di Ammitt.

Moon Knight

Arrabbiata e confusa, Layla chiede a Mark spiegazioni. La personalità torna a prendere il controllo e rivela di essere stato presente all’omicidio dell’archeologo ma di non aver potuto fare nulla per impedirlo. Sono così presi da una discussione che sarebbe meglio fare da qualche altra parte che, giustamente, vengono interrotti da Harrow e dalla sua setta. Con due colpi di pistola, il discepolo di Ammitt spara a Mark uccidendolo… o forse no. Il corpo di Mark precipita nell’acqua scura, inoltrandosi forse in un’altra dimensione: l’oltretomba.

La telecamera ci porta adesso in una giungla decisamente finta, quella di Tomb Buster una parodia di Indiana Jones che i pazienti di un reparto psichiatrico stanno guardando. Da Moon Knight a Legion è un attimo, notiamo infatti che tra i pazienti è presente anche Mark. L’uomo è in un visibile stato catatonico, stringe in mano una action figure di Moon Knight ed è circondato da persone e riferimenti alla sua altra vita. Con i pochi barlumi di coscienza che ancora possiede, Mark si rende conto che qualcosa non va associando il distinto dottore che gli parla di guarigione e prigioni mentali allo stesso uomo che gli ha sparato. Dopo una corsa disperata per i corridoi labirintici della struttura, Mark entra in una camera con un sarcofago. All’interno si trova Steven, non più una mera personalità dentro la sua testa ma un essere dotato di corpo. Ancora del tutto ignari su cosa stia accadendo loro, sono però determinati a uscire da lì. Un altro sarcofago, contenente forse la personalità di Jack Lockley, cattura brevemente la loro attenzione ma non lo aprono perché interrotti da un arrivo inaspettato.

Di fronte a loro appare infatti Taweret, divinità egizia dalla fattezze di ippopotamo.

Basandosi moltissimo sulla run di albi di Jeff Lemire e Greg Smellwood – in cui la sanità mentale di Mark Spector gioca un ruolo fondamentale – anche la serie tv sembrerebbe voler destreggiarsi tra l’esperienza sovrannaturale del protagonista e la sua presenza all’interno di un ospedale psichiatrico, portando lo spettatore a domandarsi continuamente cosa sia reale e cosa no. La spiegazione più plausibile, però, è che tutto ciò che abbiamo visto pre-ospedale sia vero e che Mark si trovi adesso in una sorta di limbo ricolmo di riferimenti alla sua vita. L‘oltretomba dell’MCU, un luogo che cambia il proprio aspetto adattandosi a coloro che lo abitano.

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