‘Chi ha assassinato Olivia Lake?’ è il whodunit che caratterizza Mosaic. ‘Chi sono realmente i personaggi coinvolti nella vicenda?’ è quello che interessa raccontare a Steven Soderbergh, in questo suo nuovo progetto. Dietro l’agire di ogni personaggio, infatti, si cela una maschera pirandelliana, un atteggiamento che loro assumono a seconda dell’interlocutore, che spesso non coincide con ciò che loro pensano veramente. Ma il regista degli Ocean’s e di The Knick ha il potere di mettere a nudo ognuno di loro, sfruttando i numerosi primi piani, spesso accompagnati da voci fuori campo. Ancora una volta, pertanto, vale la pena ribadire quanto la regia giochi un ruolo di primaria importanza nella storia, incarnando un personaggio a tutti gli effetti: noi spettatori.
Questo è evidente in maniera specifica prendendo in considerazione la figura di Joel, ovvero l’uomo sul quale il cerchio sembra restringersi (e si restringerà, tenendo presente l’incipit della Serie). La 1×04, ancor più delle puntate precedenti, enfatizza il dualismo interiore, come si mostra all’apparenza e ciò che invece sta effettivamente maturando nella sua testa. Ce ne rendiamo conto nella prima parte dell’episodio, quando Frank gli rivela di aver mandato a monte la sua copertura per la notte dell’omicidio e, verso la fine, dopo l’incontro con Tia. È in quest’ultima occasione che egli realizza di non avere effettivamente un alibi e di essere un sospetto, dando il la al suo dialogo interiore. D’altra parte, come lo stesso Frank aveva raccontato alla polizia la puntata precedente:
Esiste il Joel che tutti conoscono e poi c’è l’altro Joel
Questo lo rende automaticamente il colpevole? Sarebbe quanto meno singolare. Un crime che opta per la risoluzione più ovvia dovrebbe osare sotto tutti gli altri aspetti narrativi. Nella fattispecie, Joel ha evidentemente un buco di due ore da dover giustificare prima di tutto a sè stesso ma, anche qualora fosse l’assassino, l’avrebbe fatto in maniera del tutto inconsapevole. Ed è per questo motivo che ha scelto di aiutare Petra, ingenuamente perchè incapace di percepire l’inganno. Il momento più straniante per lui, è stato senza dubbio l’incontro con Tia. Il sollievo per non aver tradito la sua compagna, come pensava di aver fatto sotto l’effetto dell’alcool, si sostituisce alla consapevolezza di aver qualcosa da chiarire. Anche grazie all’ottima performance di Garrett Hedlund, attore noto per aver interpretato Dean Moriarty nella recente trasposizione di On The Road, ha origine il dialogo con se stesso a cui accennavamo poc’anzi e che rappresenta la summa delle sue turbe interiori.
D’altra parte, in Mosaic, ogni personaggio rivela la sua natura. Direttamente o indirettamente.
Se Joel fa parte della seconda categoria, lo sceriffo Nate Henry appartiene senza dubbio alla prima. A lui si deve l’altra scena particolarmente intensa dell’episodio, con il suo sfogo nel raccontare la sua situazione familiare. Emerge in maniera nitida, e in ragione di ciò non possiamo fare a meno di empatizzare con lui, la sua frustrazione per non poter essere veramente se stesso; per non sapere se tutto ciò che fa per la moglie è frutto di un dovere morale o di una libera scelta e, di conseguenza, vergognandosi di ciò; infine la frustrazione per non poter più andare a letto con lei, ammettendo implicitamente di non essere pronto a questa eventualità. Anche qui è una grande interpretazione a rendere il tutto più credibile, nel caso specifico quella di Devin Ratray. Lo sceriffo Nate, peraltro, è quello che in pochissime apparizioni ci ha trasmesso la più vasta gamma di atteggiamenti, tra i personaggi della Serie. E chissà quanti altri ne scopriremo nelle restanti due puntate.
E in tutto questo il mistero assume finalmente una sua dimensione.
Tra le inquadrature che indugiano su ogni singolo volto e i bellissimi piani sequenza nei rari momenti in cui l’azione si sostituisce ai dialoghi introspettivi, noi spettatori abbiamo un accesso privilegiato per scandagliare ogni dettaglio e farci la nostra idea. Restano personaggi, per ora decisamente ambigui, da inquadrare in maniera più nitida, come Tom David e Micheal O’Connor e l’ex sceriffo Alan Pape, restano da decifrare alcuni indizi, nella speranza che non si rivelino meri macguffin (il simbolo delle frecce che confluiscono in un punto incrociato da Petra in due occasioni), ma viene alimentata la sensazione che questa Serie abbia effettivamente qualcosa da dire. Siamo finalmente curiosi e lo siamo perchè abbiamo finalmente provato empatia per gran parte dei personaggi coinvolti nella storia.