“Porto in me un individuo irrivelato. Mi conosce, ma non so niente di lui, eccetto che la mia persona è la sua ombra con i suoi appetiti inconfessabili e il suo bisogno di segreto”
Quando Joë Bousquet, compianto poeta francese, scrisse questi versi era ormai inchiodato immobile nel suo letto. Su quel letto avrebbe passato il resto della sua esistenza. Le sue “memorie” si fondono in viaggi onirici e interiori alla scoperta di una vita segreta, di una profondità emotiva da contrapporre al mondo esteriore ormai, irrimediabilmente, a lui precluso.
Ognuno di noi porta dentro di sé un “individuo irrivelato”. Segretamente, tacitamente, questo essere vive la nostra vita, si nutre dei nostri appetiti e giace nell’ombra. Quell’individuo irrivelato è noi ed è Altro. È il ponte tra la vita esteriore e quella interiore. È me ed è Altro. Je est un autre, proferiva Arthur Rimbaud. Io è un altro. Possiamo lontanamente percepire come il nostro pensiero si schiuda quasi autonomamente dalla nostra coscienza. Come ci sia qualcosa, più in profondità, che lo produce. Là, dietro quel silenzio, c’è l’Altro. C’è Mr. Robot.
Fa paura a pensarci. Fa paura sapere che noi non siamo pienamente noi. Che, destrutturati del nostro Io, diventiamo frammenti di noi stessi. L’irrazionale scorre dentro di noi, fa parte di noi anche se noi non lo sentiamo “nostro”. Je est un autre. Siamo di fronte a noi stessi ma non ci riconosciamo. Eppure, questo Altro è parte di me. Il magnifico paradosso dell’esistenza, il non senso della vita: cosa ci rende noi stessi? E come possiamo essere noi e Altro insieme?
L’uomo, come Dio, è contraddizione. Elliot vive drammaticamente da dio di se stesso e da uomo del mondo questa contraddizione.
Il dolore, quel sacrificio da cui pure passa Dio fatto uomo, Elliot lo ha vissuto nella sua infanzia. È allora, in quel momento, in quel dolore, in quell’attimo di disperato grido che Elliot esce di sé. Mr. Robot diventa l’Altro che è sempre stato in lui. Vive per lui e si manifesta, si incarna, come Dio in Cristo, nel mondo. Quando Elliot si getta dalla finestra è Altro. È Mr. Robot incarnato. L’individuo “irrivelato” si rivela a lui, come Dio all’uomo. L’ “ospite inquietante” di cui parla Umberto Galimberti ha preso forma. Ma più che un dio è un mostro. È il nichilismo. Il non-Dio dell’uomo. È la rabbia che si sublima nell’ideologia di rivoluzione, nella volontà di distruggere. “Everything means nothing to me”, la canzone che conclude il quarto episodio è la vittoria della disperazione, della speranza sconfitta.
Ma quell’ospite, “il più inquietante fra tutti gli ospiti” (F. Nietzsche) si macchia di Elliot.
Come Dio si macchia dell’uomo e cadendo e cedendo, secondo Scorsese, ne l’Ultima tentazione di Cristo e nella vittoria della debolezza, diventa realmente uomo scendendo dalla croce, così Mr. Robot diventa Elliot. Il non-Dio, il nichilismo, s’arricchisce della speranza combattiva che “everything’s will be all right”. Perché “Per quanto ci sia una parte di te in me c’è una parte di me in te”. L’ “undo” diventa il dubbio di fede: diventa l’ultima tentazione di Mr. Robot. Diventa la speranza. “Non è nella mia natura”, afferma Mr. Robot.
Eppure, non può negare a se stesso che il marchio dell’uomo si è impresso su di lui. Che “Avrei… avrei trovato un altro modo” [evitando gli attentati]. Quella parte di Elliot così distruttiva, quell’Es così voglioso di imporsi sopra tutto e tutti confessa all’Io che ha una macchia dentro di sé, per quanto non possa accettarla. Ha una morale. Ha uno scrupolo. Ecco la magnifica ricomposizione dell’uomo, ecco l’Io e l’Altro che si rifondono e si riscoprono parte di un unico, dannatamente complesso, Essere Umano. La morale di Elliot vince sulle sue personalità, vince sulle sue debolezze e sulle nevrosi.
Chi è questo Altro per Elliot? Chi è Mr. Robot? Perché ha le sembianze del padre?
È la risposta di Elliot alla debolezza paterna, alla sua incapacità di mostrarsi forte, di combattere. Elliot da bambino reagisce con violenza nei confronti della remissività del padre, vede in quell’uomo un modello che viene meno. Tutta la sua rabbia, tutta la volontà di potenza e di dominio sul dolore e sulla malattia paterna, sull’insensatezza della sofferenza, si concretizzano dentro di lui in questo Altro. Mr. Robot è una proiezione di come Elliot avrebbe voluto fosse il padre ed è l’incarnazione della sua bestemmia a Dio.
Cresce autonomamente dentro di lui, diventa sempre più forte e capace di imporsi sull’Io cosciente, su quell’Elliot debole e remissivo come il padre. Lotta contro di lui, lotta contro l’apatia attraverso la rabbia e il desiderio di essere il suo dio personale. Elliot ne ha paura, teme questa parte di sé in grado di possederlo: “La sola ragione per cui non abbiamo parlato è perché non l’ho permesso a me stesso. Perché avevo paura di te. Di quella parte di me che sei tu”.
Ma ora tutto è ricomposto: la luna e il sole sono di nuovo “tuned”, sintonizzati.
Non c’è più il ronzio dell’episodio 3×06. Il lato oscuro della luna è stato illuminato. Elliot si mette a nudo con se stesso e con quella parte di sé che è Mr. Robot. E si scopre per la prima volta una cosa sola, un essere unico. Dio si è congiunto all’uomo, superando il peccato originale, vincendo quella scissione che aveva allontanato Adamo (“Adam”, cioè l’“Uomo”) da Dio. Adamo si era scoperto nudo e aveva avuto paura di Dio, come Elliot aveva temuto Mr. Robot, sentendosi nudo, impotente, davanti a quella incontrollabile parte di sé. Ma ora Elliot si è ricongiunto al suo dio. A Mr. Robot. E la risposta, la risposta di questa Nuova Alleanza sta tutta nella morale dell’amore. In quell’amore che è speranza, compartecipazione alle sofferenze degli altri e alla morte degli uomini.
È nell’amore che anche Price, il sontuoso, tragico protagonista dello scorso episodio riscopre se stesso.
Price riscopre di essere uomo. Se allora, in gioventù, il suo Mr. Robot, la sua volontà di potenza, si era imposta perfino sull’amore per la madre di sua figlia (“Mi comportavo in modo crudele con lei […] Mi faceva sentire forte torturarla in quel modo”), ora Phillip riscopre questo sentimento. Quello sguardo, quel profondissimo, sincero e amorevole sguardo rivolto ad Angela che avevamo avuto modo di sottolineare nella scorsa recensione ora acquista il suo senso finale. È lo sguardo d’amore di Dio Padre per sua figlia. Lo sguardo del potente che diventa fragile. Di chi si fa uomo tra gli uomini per una volta almeno, infine.
Il ricordo dell’amore, il rinnovarsi in Angela di quel ricordo, salva Price. E salva anche Elliot. Nella 3×08 Elliot sceglie di non negare il suo passato, di non bruciare la giacca di Mr. Robot. Sceglie di ricordare. La foto che Darlene posiziona sulla mensola alla fine del quarto episodio di questa stagione diventa espressione della memoria felice. Della speranza che quella felicità tornerà ancora. A lei è affidato il pesante onere del ricordo: “Ci sono qui io a ricordare per te”. Darlene diventa espressione del passato doloroso (ma anche felice) indispensabile per comprendere il presente, per comprendere quello che Elliot è ora e da dove si è generato Mr. Robot. Darlene è depositaria del passato che, forse, tornerà. Della ricomposizione familiare che forse ci sarà.
Superman, come ci mostra Esmail, torna indietro nel tempo girando attorno alla terra a una velocità superiore a quella della luce.
Sconfigge il suo dolore rivivendo il passato. Elliot non può farlo. Non può tornare nel passato, ma può tornare nel futuro. Può cioè dare un nuovo senso a tutto, provare a regalare al mondo un futuro migliore facendo l’“undo”. Che non sarà un vero annullamento perché, ammonisce l’amica di Darlene: “Non farla così semplice. Non è così che funziona questo capitalismo clientelare”.
C’è infine un altro dio in questo ultimo appuntamento di stagione, in questa 3×10. È Whiterose che nella sua follia ha trascinato con sé un nugolo di devoti. “Questo cosiddetto progetto che pensa di avere è il frutto di una negazione della realtà ossessiva e psicotica”, afferma Price. Il contorto, volubile leader della Dark Army forse ha in sé un Mr. Robot personale. Una volontà di potenza che vorrebbe restituirgli qualcosa che ha perso, che vorrebbe vincere un dolore che ha patito. Nella sua follia crede realmente che tornare nel passato sia possibile, che tutto tornerà com’era. Nega a sé stesso una realtà che non può accettare.
Ogni giorno, ognuno di noi vive l’eterna lotta tra Io e Altro.
Vive la scissione della colpa originaria (“È colpa mia… È colpa mia”, ripetono Elliot e Angela), il peso degli errori che ci allontanano da noi stessi. Eppure, Esmail ci rivela che non tutto è perduto, che possiamo ricomporre la nostra unitarietà seguendo la nostra morale interiore. Perché Io è un Altro. Ma anche un Altro può essere Io. E il ponte tra questi due mondi, il filo che tesse insieme due identità distinte e ci fa scoprire uniti è l’amore. L’Amore.