È arrivato il momento di dire addio. Ma a salutarci con questo doppio appuntamento di series finale non è solo Mr Robot. È una parte di noi.
Viviamo una vita fatta di routine, di riti ripetuti ancora e ancora e ancora. In questo loop di quotidianità la nostra identità sembra spezzarsi. Senza neanche rendercene conto, finiamo per impostare il pilota automatico e la nostra esistenza scorre via, ovattata e soffocata da una tranquillità che ci omologa al mondo.
Siamo noi a scegliere questa realtà. Siamo noi a sederci e a diventare spettatori passivi mentre le immagini di un mondo troppo uguale a sé stesso scorrono davanti a noi. Scegliamo di non vivere davvero. Perché è più facile cedere alla rassicurante calma della monotonia. Perché là, là fuori, il mondo è terribile. E noi lo sappiamo. Lo sappiamo perché lo abbiamo vissuto sulla nostra pelle, nei nostri dolori, nelle angosce, nelle delusioni.
Sarebbe bello se tutto questo sparisse, ci diciamo, se rimanesse solo ciò che ci far star bene. E allora creiamo questa realtà, questa bolla isolata da cui tutto il resto è escluso. In cui è ammesso solo ciò che è bello, felice, tranquillo, positivo. Il nostro mondo. La nostra realtà. Il nostro guscio.
Ma là fuori c’è ancora il dolore, c’è ancora la distruzione, c’è ancora il male.
E per quanto tentiamo, per quanto pure proviamo a fare di tutto per isolarci, quell’oscurità penetra. E allora non basta più negare, non basta più fuggire. La rabbia cresce dentro di noi. La rabbia che diventa qualcosa di reale. La cosa più vera che proviamo da tanto tempo a questa parte. Questa rabbia aumenta, ci scuote, ci rianima. Ci rende davvero vivi. Di nuovo vivi. Ma anche terribilmente, irrimediabilmente infelici.
Poi nel tempo, col tempo, la rabbia sembra arenarsi, si sublima in qualcosa di altro, in uno scopo, in un piano. La rabbia diventa vendetta. Diventa rivalsa. Ci guida verso qualcosa che non comprendiamo a pieno ma che vogliamo comunque perseguire. E nello stesso tempo però, di nuovo, anch’essa rischia di isolarci. Ci pone contro tutto. Noi contro il mondo. Contro quel mondo che non riusciamo, che non possiamo accettare. Perché odiamo la società, odiamo gli altri. Odiamo noi stessi.
Tutto finirebbe qui, finirebbe in un nuovo paralizzante universo creato a nostra misura. Di nuovo chiusi in noi stessi, coperti da un cappuccio isolante mentre urliamo al mondo: “Fuck society!“. Esclusi dalla realtà, mentre dentro di noi qualcosa sembra morire. Scivolare via in un recesso inaccessibile della nostra anima. Noi diventiamo altri. Diventiamo una parte. Ci facciamo divinità di noi stessi nella volontà di preservarci da questo mondo. Di salvarci dalle sue brutture.
Questa parte prende il sopravvento e diventa il nostro tutto.
E quella scossa iniziale, quel moto rabbioso nel ridestarci dal nostro torpore rischia di acquietarsi nuovamente. Di finire per essere nient’altro che rabbia cieca, vago e generalizzato sentimento di odio. Eppure, una via d’uscita, eXit, c’è. Qualcosa ci rimette in moto. Qualcosa ci ridà vigore.
È l’immagine di una sorella. Di una madre. Di un padre, di un amico, di una persona che irrompe nella nostra vita. Che ci tende e stringe la mano e ci ricorda che tutto questo è reale, che questo terribile mondo è l’unico mondo possibile. La nostra unica realtà. Questa sorella, madre, amica si ostina a volerci bene. Si ostina ad amarci. E anche quando sembra mollare, quando sembra fuggire, vittima anche lei delle sue debolezze, dobbiamo confidare che tornerà. Che proverà ad allungare nuovamente quella mano, in un nuovo sostegno. Un reciproco farsi forza.
Non esistiamo nella forma di Elliot senza la nostra Darlene. Non siamo reali se la nostra immagine non si rispecchia nell’altro, in questo incomprensibile, a volte devastante, ma sempre indistruttibile sentimento che è l’amore. E allora un ponte è possibile. L’incontro di due mani che sconfiggono la distanza che separa “me” da “te”. Tu, amico mio, lo sai. Sai che è così. Che non sarà sempre incomunicabilità ma che un giorno tu ti rispecchierai nell’altro.
Credimi, amico. E lasciati andare.
Abbraccia quel sentimento, preparati ad accoglierlo. Perché l’odio si trasformi in lotta, in volontà di mantenere i tuoi ideali. “Restare veri, anche quando ci forzano a essere falsi, credere in noi stessi anche se ci dicono che siamo troppo diversi? E se manteniamo questi ideali, se ci rifiutiamo di cedere e di omologarci, se teniamo duro per abbastanza tempo allora forse il mondo che ci circonda può cambiare“.
Cambiare il mondo per Elliot in Mr Robot ha sempre e soltanto significato una cosa. Cambiare sé stesso. Uscire dalla sua apatia, dal rifiuto di accettare gli orrori della sua esistenza. E tutto questo non sarebbe stato possibile senza Darlene. Senza l’amore, la rabbia sarebbe diventata odio e distanza incolmabile da chiunque. Sarebbe sempre rimasta al comando, burattinaio, mastermind, di noi stessi. Ma il ponte è stato gettato, l’affetto ha vinto.
Ed è allora, ed è ora: la rabbia deve lasciare il posto. Deve accomodarsi e guardare, spettatrice, le immagini di una nuova esistenza. Non scomparirà, però. Mr Robot, Elliot, la madre, il figlio non scompariranno. Saranno sempre lì, sempre parte di noi. Quando proveremo rabbia, quando avremo bisogno di protezione, quando ci scopriremo forti e perfino quando incolperemo noi stessi. Perché succederà, succederà di nuovo. Saremo ancora rabbiosi Mr Robot, saremo asociali Elliot che proveranno a cambiare le cose scuotendoci dal torpore. Pur con tutti gli errori che questo comporterà.
Saremo ancora bambini forti, più forti di un genitore che viola la nostra infanzia.
Saremo ancora deboli. Proiezioni di una madre, di noi stessi, che ci incolperà, ci farà sentire piccoli e inutili. Saremo avvinti dai sensi di colpa. Succederà ancora, amico mio. È inevitabile, fa parte della nostra contraddittoria, fragile e insieme bellissima natura. Fa parte di noi stessi. È noi stessi.
Saremo Elliot lottando, cambiando il mondo un passo alla volta. Iniziando dal cambiare noi stessi. Quel mondo che ci siamo costruiti per proteggerci dalle ferite, dai dolori, non ci serve più, amico mio. Non ci serve più. Dobbiamo iniziare a vivere, uscire da noi stessi. Perché una sola è la realtà autentica anche se vediamo ancora come in uno specchio, in maniera confusa.
Darlene esiste. Esiste anche per noi. “Il legame che Elliot ha con lei è molto forte. Così forte che lei è diventata il suo unico collegamento con la realtà“. Il nostro collegamento con la realtà. L’indistruttibile amore che ci strappa dall’isolamento. Non dobbiamo lasciare che Zhang abbia la meglio. Il potente ministro deve essere sconfitto. Perché rappresenta una volontà di potenza e di controllo che non possiamo avere.
Lo so io come lo sai tu, amico. Il controllo è un’illusione.
Il mondo non può piegarsi a noi. Non possiamo distruggere il mondo e ricostruirlo a nostra immagine e somiglianza. A nostra preferenza. Non possiamo essere Dio. Se rifiutiamo la nostra natura, se rifiutiamo la nostra anima più vera e profonda, saremo solo Zhang: apparenza e illusione di potere. Rabbia e delusione. Perché avremo amato e perduto. Avremo perso il nostro tempo, cedendo alle lusinghe del mondo. E il nostro amore sarà nel passato. Impossibile da ritrovare, impossibile da riconquistare. Spazzato via dal tempo.
E a quel punto, amico mio, sarà solo fallimento e distruzione. Ma sono qui per dirti che c’è ancora tempo. Che non siamo ancora Whiterose. Possiamo cambiare noi stessi e restituirci a noi stessi. Accettare di non poter avere il controllo totale, neppure su noi stessi. Sbaglieremo, ci arrabbieremo, ci compatiremo. Saremo deboli. Ma non sarà la fine, amico mio. Non sarà la fine.
Elliot, in ogni sua parte, ha sempre amato Darlene. L’ha amata quando è riemerso il vero sé stesso informando la sorella che Vera era tornato. Avvisandola del pericolo. È lei che scuote Elliot, che lo risveglia e gli restituisce la vita. E se anche non conosciamo del tutto Elliot Alderson sappiamo che ama, soffre, prova rabbia, delusione e sensi di colpa. È il nostro amico, è noi stessi.
Devo chiederti qualcosa adesso, amico.
“Forza, funziona solo se ti lasci andare anche tu“. È il momento. Abbandona l’illusione del controllo: l’autoconvincimento che tutto vada bene. Lo sappiamo entrambi che non è così, amico mio. Non serve più negarlo, ora serve solo accettare la realtà. Senza compatirsi, forse solo un po’. Senza arrabbiarsi, forse solo un po’. Senza incolparsi, forse solo un po’. Basta solo una lacrima e poi la lotta disperata per cambiare il mondo, per sconfiggere le apparenze.
Vuoi solo essere te stesso. Vuoi solo sapere chi sei davvero. È arrivato il momento, amico mio. Stringi quella mano, stringila forte e senti il calore. Questo calore tramutalo in rabbia, in lotta, in convinzione. Fanne la tua forza. Ama, ama sempre. Solo così sarai te stesso, solo così saremo noi stessi. Perché è arrivato il momento di dire arrivederci al nostro amico e benvenuti a noi stessi. Goodbye my friend, Hello Elliot. Sarò sempre qui, sarò sempre una parte di te. “Saremo la sua parte migliore. Perché saremo la parte che si è messa in gioco. La parte che è rimasta. Noi siamo la parte che l’ha cambiato. E chi non ne sarebbe orgoglioso?“. È ora di cambiare il mondo, di tornare padroni della nostra vita. È ora di essere noi stessi.
Hello Elliot, Goodbye Mr Robot
Thank You, Sam Esmail