Murderville è l’ultimo crime prodotto da Netflix. La serie si sviluppa attraverso sei episodi da circa trenta minuti l’uno e può vantare un cast di tutto rispetto. Sharon Stone per dire un nome o Annie Murphy, la protagonista di Kevin can F**k Himself, per dirne un altro. Ma anche Ken Jeong, direttamente dalla trilogia di Una notte da Leoni e Kumail Nanjiani visto nell’ultimo film Marvel, Eternals.
La storia è la classica di tutti i crime: il detective Terry Seattle (interpretato da Will Arnett, già protagonista in Arrested Development) è rimasto senza la sua compagna di indagini Lori (personaggio a cui presta il volto niente meno che Jennifer Aniston), morta durante il turno, in circostanze misteriose. Come se non bastasse questo terribile lutto, il detective Seattle si trova nel bel mezzo di un doloroso divorzio dalla moglie, capo della polizia e collega di lavoro, che però sembra essersi ripresa molto più velocemente di lui. Nonostante le difficoltà personali, l’ispettore Seattle non ha un momento di tregua: il crimine non si ferma e gli omicidi a Murderville continuano a succedersi a ritmo serratissimo. Non avendo più un compagno, il detective si ritroverà a indagare con diversi tirocinanti che verranno letteralmente buttati sulla scena del crimine, dove dovranno cavarsela da soli, in qualche modo.
Fino a qua non sembra esserci niente di nuovo in questa serie, ma già dopo pochi minuti le atmosfere fumose, la roca voce fuori campo del detective e le strane circostanze di morte delle varie vittime, non sembrano essere proprio quelle del solito crime. In effetti questa serie una particolarità ce l’ha, ai protagonisti manca il copione. Anzi per essere precisi, solo lo sventurato tirocinante non ha idea di quello che sta per succedere, non sa cosa deve dire né cosa deve fare, può solo improvvisare, farsi trascinare dalla situazione, adattarsi a quello che gli altri attori mettono in scena. Soprattutto deve sforzarsi di non ridere e va riconosciuto, a questo proposito, quanto sia davvero notevole la comicità non solo verbale, ma anche fisica di Will Arnett.
Murderville è un esperimento brillante, ogni puntata vede un personaggio famoso improvvisarsi detective per un giorno e le bizzarre situazioni che si vengono a creare durante la puntata, danno vita a momenti davvero divertenti. Ogni episodio prevede un omicidio, per il quale si arriva velocemente a identificare tre sospettati. Tramite gli indizi sparsi sulla scena del crimine e gli interrogatori portati avanti dall’ assistente di turno, ogni puntata finisce con la rivelazione del colpevole da parte della guest star. Il vero colpo di genio non sta solo nell’obbligo di improvvisazione, ma anche nel fatto che in mezzo a tutto il marasma di battute, travestimenti, risate, personaggi sopra le righe, sangue finto e un incalcolabile numero di assurdità, in realtà una logica esista. Il detective improvvisato (esattamente come lo spettatore) deve stare ben attento a non perdere il filo logico che attraversa ogni episodio se vorrà riuscire a rendere giustizia alla povera vittima, un po’ come se fosse nel bel mezzo di una partita a Cluedo.
In effetti ci sono degli indizi sparpagliati lungo la puntata e chi sarà capace di collegarli nella maniera corretta arriverà trionfante alla soluzione del caso (piccolo spoiler: non tutti riusciranno a mantenere la concentrazione abbastanza da unire le prove correttamente).
Murderville è divertente e leggera, ma va detto che probabilmente non sarà davvero capace di conquistare il pubblico su larga scala. Alcuni ospiti sono senza dubbio simpatici, ma forse Conan O’Brien, conduttore televisivo statunitense o Marshawn Lynch, stella della NFL, non sono abbastanza famosi per riuscire a conquistare anche chi viene dall’altra parte dell’oceano e purtroppo si rimane un po’ spiazzati nel non riconoscere il protagonista dell’episodio. D’altra parte non è da tutti sentirsi a proprio agio nell’improvvisazione e quindi, se Sharon Stone ha abbastanza carriera alle spalle da risultare davvero esilarante in alcuni momenti, Annie Murphy, pur essendo un’attrice straordinaria e fresca di Emmy, risulta più impacciata e con la risposta decisamente meno pronta, così la puntata che la vede protagonista appare un po’ scarica.
La comicità è un’arte difficile e sottile che vive anche del rapporto che lega chi fa una battuta con chi la ascolta. Se il contesto non è del tutto condiviso è probabile che la risata tardi ad arrivare e purtroppo in Murderville qualcosa si perde per strada. Sono frequenti (giustamente) le citazioni e i riferimenti al senato americano, al mondo di Broadway, al cibo messicano, ma non appartengono così tanto all’immaginario italiano da permetterci di trovare spassose tutte le situazioni che si creano all’interno degli episodi. Allo stesso tempo i giochi di parole o lo slang verranno colti solo da chi fra di noi mastica abbastanza l’inglese da riuscire a capire la lingua originale, non affidandosi esclusivamente ai sottotitoli (al momento non esiste una versione della serie doppiata in italiano), perché è inevitabile che qualcosa si perda nella traduzione.
Chi si aspetta di trovare in Murderville la risposta di Netflix a LOL probabilmente rimarrà deluso: ci sono attori famosi, situazioni possibilmente esplosive, improvvisazione, qualche momento assolutamente nonsense e per questo molto divertente, ma non ha niente a che vedere con possibili tormentoni, risate fino alle lacrime e comicità nazional popolare.
Murderville è una serie che vale la pena vedere, è un esperimento simpatico e brillante, a metà fra crime e stand-up comedy, che riserva qualche buon momento. Il cast e l’idea sono sicuramente aspetti da premiare, però è pensata per un pubblico che non ci include veramente e questo fa si che non ci conquisti mai fino in fondo. Va detto che Murderville in realtà è a sua volta la versione americana della serie inglese Murder in Successville, quindi chissà, magari a qualcuno verrà in mente di farne un remake italiano.