Era uno dei film più attesi su Amazon Prime Video, un po’ perché Harry Stiles fa sempre gola, e un po’ perché sembrava il film di cui tutti in qualche modo avevamo estremamente bisogno. Non sappiamo cosa sia stato, ma c’era qualcosa nelle anticipazioni e nel trailer di My Policeman che ci faceva pensare che avremmo compreso quanto raccontato, che avremmo fatto tesoro di quella storia riflettendoci quasi su di essa. Questo d’altronde è quel che accade di fronte alle storie d’amore così intense e impossibili. Tendiamo a rivederci in ciò che non si potrebbe mai avverare piuttosto che nelle cose semplici. Drammatizziamo i nostri eventi e li trasformiamo in opere d’arte, affascinanti pellicole che conquistano il nostro schermo e poi noi. My Policeman aveva tutte le carte in regola per diventare questo e anche di più, e per un po’ ci è anche riuscito, ma non ha mai davvero voluto spingersi oltre rimanendo incastrato tra il si può fare di più e il però il qualcosa dentro l’ho sentita.
My Policeman ha raccontato una storia in cui in un modo o nell’altro tutti ci siamo riconosciuti, ma ha deciso di non dirci proprio tutto. Ci ha aiutato a immaginare, ma non ci ha mai davvero fatto vivere, barattando le emozioni con qualcosa di più tecnico e meno istintivo.
Patrick e Tom sono due uomini innamorati in un momento in cui l’omosessualità è qualcosa da denunciare, una macchia da smacchiare per ripulire il mondo. Non possono viversi davvero, possono solo accettare di fare avanti e indietro da un portone in cui entrano ed escono senza mai sapere se ritorneranno. Possono giocare a rincorrersi, e a ritrovarsi alla fine di una giornata in cui hanno assolto i loro doveri. Tom non ha intenzione di cedere a quell’amore e rischiare così la sua vita, e Patrick non fa nulla per cercare di fargli cambiare idea, motivo per il quale accetta di buon grado di doverlo condividere con un’altra persona, Marion. Patrick e Tom diventano così innamorati e amanti, carne e ragione, desiderio e impossibilità. Diventano l’uno la continuazione dell’altro, il silenzio di un amore che vorrebbe urlare.
Tom, in qualche modo, ama entrambi. Marion è la sua certezza, il sentimento che gli permette la quiete, la sicurezza che lo avvolge quando fuori tutto lo spaventa. Patrick è la sua barca in mezzo a un mare in tempesta, il tornado che disintegra la calma apparente della sua vita. Lo ama tanto quanto lo odia, lo odia tanto quanto lo ama. Trovare un compromesso tra le due cose è praticamente impossibile, perché il suo amante è qualsiasi cosa lui possa mai immaginare. Non sembra aver limiti, non sembra neanche cercarne. L’unica cosa possibile, in una situazione come questa, è crearsi una realtà parallela. Non la più coraggiosa delle scelte, ma l’unica possibile. In questo modo Tom riesce a essere un marito attento per Marion, ma anche un amante per Patrick. Riesce a essere ognuna delle due cose, anche se una parte di lui si odia per questo.
My Policeman diventa per questo motivo una pellicola in cui riusciamo a immedesimarci, di cui comprendiamo i tratti più silenziosi. Addentrarci all’interno di questa narrazione implica comprendere che a un certo punto della storia ci toccherà immaginare quel che My Policeman non ci ha voluto raccontare. La sensazione che si ha è che la pellicola abbia deciso di dir meno di quanto avrebbe potuto, di tenersi stretti i sentimenti e – semplicemente – farceli immaginare. Non ha voluto spingersi oltre, ma ha dato a noi il compito di capire, di affilare la nostra intelligenza emotiva e comprendere cosa significhi vivere una realtà parallela in cui cerchi di fare tutto senza mai sbagliare, rinunciando così a far molte cose. Esattamente come Tom, My Policeman sta un passo indietro a quel che si può soltanto intendere e non capire in modo chiaro. Scrive quello che basta per immaginare, e lascia che siano i rimpianti a raccontare questa storia.
My Policeman si distribuisce infatti in due piani temporali: quello in cui si può agire, e quello in cui si può soltanto ricordare. Con parecchi anni in più e il rimpianto di essersi lasciati, i due covano dentro una rabbia che non gli permette di far altro che ignorarsi. Sembrano quasi due sconosciuti, mentre Marion diventa ancora una volta vittima del loro rapporto. Se prima la giovane infatti soffriva per la loro vicinanza e non aveva alcuna intenzione di separarsi dal marito, adesso cambia radicalmente accettando la presenza di Patrick, il ricongiungimento di due persone che hanno ancora qualcosa da dirsi prima che il tempo passi ancor più veloce.
My Policeman avrebbe potuto essere tante cose, ma ha deciso di non farsi troppo avanti. La sua è una storia che in qualche modo abbiamo già vissuto nel mondo del cinema, ma è anche una storia che per questo motivo non poteva vivere senza un proprio tocco, una nuova firma. Il silenzio degli amanti non basta, non riesce a restituirci la potenza di quel che provano, della disperazione che si possiede quando si ama qualcuno di impossibile. Quella possiamo soltanto limitarci a comprenderla da noi, a darla per scontato perché sappiamo che non possa essere altrimenti, e questo My Policeman lo sa bene. Per questa ragione la pellicola sembra quasi troppo comoda, priva di quell’istinto che una storia d’amore dovrebbe possedere.
Patrick, Tom e Marion sono le tre pedine di un gioco pericoloso in cui se non puoi realizzare i quel che vuoi allora improvvisi, anche se questo non ti fa onore. Sono i duellanti che a modo proprio perdono la partita e cadono per terra inermi e senza forze. Sono la disperazione di chi, alla fine, non sta mai con chi vuole davvero, neanche Marion, la donna con cui Tom ha passato la sua vita. Lei non lo ha mai davvero avuto, esattamente come Patrick, esattamente come Tom. Nessuno dei tre ha mai davvero ottenuto quel che voleva e adesso vede il sole tramontare senza lasciare più alcun barlume di luce. Le cose non sembrano più aver tempo, non si può oramai più fingere o improvvisare. Marion lo sa, e adesso lo sa anche Tom che raggiunge finalmente Patrick ben quarant’anni dopo. Non si dicono niente, quel che si concedono è un abbraccio. Non è un abbraccio possessivo o pronto a trasformarsi in qualcosa di più, ma una consolazione che sembra voler dire: questo è per tutti quelli che non ti ho potuto dare in questi anni.
My Policeman è un film che rimpiange, è un film fatto di scelte sbagliate e realtà parallele. E’ il compromesso tra ciò che vogliamo e quello che alla fine facciamo. E’ un film che avrebbe potuto essere di più ma che alla fine si è accontentato, come Patrick e Tom.