*Attenzione, la recensione potrebbe contenere spoiler sulla miniserie del 2020 Narciso nero *
Narciso nero (Black Narcissus) è un dramma psicologico del 2020 anglo-statunitense prodotto da FX e BBC one e racconta la storia misteriosa e inquietante di un monastero di suore arroccato sull’Himalaya (se amate il genere, vi consigliamo di dare un’occhiata a Warrior Nun). La miniserie si compone di sole 3 puntate – della durata di 50/60 minuti ciascuna – ed è disponibile nel catalogo Star Original di Disney+. Le vicende sono liberamente ispirate all’omonimo romanzo del 1939 di Rumer Godden, di cui esiste anche un omonimo riadattamento cinematografico del 1947 scritto e diretto da Michael Powell e Emeric Pressburger e interpretato da Deborah Kerr. Le atmosfere della versione seriale mantengono l’oscurità propria del film ma, secondo la maggioranza della critica, perderebbero la carica erotica e la magia che hanno reso la pellicola un cult fuori dal tempo. Scritta da Amanda Coe e diretta da Charlotte Bruus Christensen, la miniserie è ben confezionata, è accurata e molto ben recitata eppure la critica ha espresso diverse riserve. Come fa notare Variety, Black Narcissus si perde nella sua misteriosa atmosfera mentre secondo The Guardian manca di suspense. Su IMDb e su Rotten Tomatoes il rating si aggira intorno alla sufficienza e sia il pubblico che la critica sembrano essere unanimi nel sottolineare la bravura degli attori e la magnificenza delle ambientazioni contro una resa complessiva poco convincente. Il cast è formato da attori di talento e, seppur in un ruolo marginale, troviamo anche l’attrice Diana Rigg (Olenna Tyrell di Game of Thrones), la quale è venuta a mancare il 10 settembre 2020, prima del rilascio della serie. Seppur non sia un capolavoro, Narciso nero merita decisamente una possibilità, e come scrive ABC Australia:
Questa serie è stata ingiustamente respinta da un’élite di critici che presume che tutti abbiano lo stesso livello di alfabetizzazione cinematografica. Black Narcissus non è certo il punto di svolta del film precedente, questo è innegabile, ma per coloro che non hanno avuto la possibilità di recuperare il film, la nuova serie non è solo soddisfacente, ma è anche un bellissimo addio alla grande Diana Rigg.
Suore peccaminose, Himalaya e repressione
Narciso nero è una storia immaginaria, ma è fortemente influenzata dall’esperienza personale della sua scrittrice, Rumer Godden, la quale ha trascorso gran parte della sua giovinezza in India. Il titolo allude sia al nome del fiore di colore scuro e simbolo di vanità che al noto profumo, Narcisse Noir di Parfums Caron, che ama indossare Dilip Rai, uno dei personaggi maschili: i sensi, infatti, sono i protagonisti indiscussi della vicenda. La serie racconta una storia di misticismo e repressione sessuale tra le vette dell’Himalaya, usando tinte forti, contrasti e suggestioni gotiche per amplificare il mistero che serpeggia durante tutto l’arco della narrazione. Cinque suore anglicane, guidate dalla giovanissima sorella Clodagh (Gemma Arterton), vengono inviate in missione in uno sperduto palazzo di Mopu, un fittizio villaggio coloniale arroccato in cima alle montagne himalayane. In passato l’edificio è stato un luogo di perdizione, la “Casa delle donne”, i cui muri sono ancora ricoperti di immagini erotiche che le suore coprono affannosamente con dei teli, malgrado queste cercano di venire sempre allo scoperto con prepotenza. Il nuovo monastero versa in uno stato fatiscente di un’incuria quasi affascinante, è disabitato da anni e le uniche persone che lo abitano sono la custode e un eremita (lo zio del generale) che medita giorno e notte davanti all’edificio, immobile e sotto un albero. Le suore di St. Faith dell’Ordine dei Servi di Maria sono state invitate dal generale Toda Rai (Kulvinder Ghir), sovrano Rajput di uno stato principesco dell’Himalaya, per fondare una scuola e un ospedale nella speranza che queste riescano a liberare quel luogo dai ricordi infelici a cui è legato. Il padre del generale, infatti, aveva il suo harem proprio in quel palazzo fin quando la Principessa Srimati (Gianni Gonsalves) si gettò nel vuoto in preda alla disperazione. I misteri che si annidano tra quei muri risveglieranno quindi sia i desideri proibiti, sia i dubbi spirituali delle suore che faranno i conti con le avversità di quell’ambiente ostile e spaventoso, ma allo stesso tempo seducente e ricco di insidie.
Il potere di un luogo seducente ma spaventoso
Prima delle suore, un ordine di monaci aveva già tentato la stessa missione, ma le difficoltà ambientali e sociali ne compromisero l’esito. Per questo il sig. Dean (Alessandro Nivola) – incaricato dal generale di assistere le suore – è convinto che queste resisteranno poco, solo fino all’inizio della stagione dei monsoni. Infatti l’edificio ha un potere imprevisto sulle sorelle e sembra amplificare i loro stati d’animo, ognuno segnato dal rispettivo vissuto e dai problemi personali. Suor Clodagh è ambiziosa, giovane e molto affascinante e vuole riuscire a tutti i costi nel suo primo incarico da Madre Superiora, affidatole da madre Dorothea (Rigg). Le altre quattro suore sono giovani o tormentate: suor Philippa (Karen Bryson) si occupa dell’orto; suor Briony (Rosie Cavaliero) cura l’infermeria; suor Blanche (Patsy Ferran) insegna il ricamo e sorella Ruth (Aisling Franciosi), anch’essa assegnata all’istruzione, è instabile e subirà più di tutte gli influssi negativi del luogo. La calma vita monastica verrà sconvolta progressivamente sin dal primo giorno e a innescare la scintilla saranno proprio i racconti sulla Principessa Srimati e sul suo suicidio. Narciso nero però non racconta un’autentica storia dell’orrore. Il fantasma della principessa non si aggira veramente tra i corridoio bui: a turbare le sorelle sono i loro stessi demoni interiori, risvegliati dalle suggestioni di quel luogo circondato dal nulla e affacciato sul vuoto.
La vertigine
Il senso di vertigine e un fastidioso senso di straniamento dominano l’intera narrazione, che pare sospesa nel tempo. Un luogo così vicino a Dio eppure così conturbante che porterà le suore a subire il fascino del vuoto e, ognuna a modo loro, a sentire il bisogno di cadere, di lasciarsi andare. Sorella Clodagh verrà turbata del signor Dean, un affascinante e dissoluto veterano della prima guerra mondiale, che risveglierà in lei delle pulsioni nascoste e i ricordi di un amore finito male, quello che la portò a prendere i voti. Ma il signor Dean, un uomo apparentemente senza Dio e senza morale, turberà anche la sua fede con dubbi e domande controverse. Sorella Briony inizierà a soffrire di seri problemi di salute mentre suor Philippa finirà per smarrire se stessa nella vastità nell’ambiente circostante, sedotta dal colore e dalla bellezza, desiderosa di creare un giardino a tal punto da piantare dei fiori al posto degli ortaggi che invece sarebbero serviti per sopravvivere all’inverno. Suor Ruth svilupperà un sentimento di gelosia verso sorella Clodagh e finirà per essere ossessionata dal signor Dean fino ad avere un completo crollo mentale. A coronare la vicenda ci sono poi le storie dei personaggi secondari, come l’inquieta Kanchi e il giovane ed elegante Dilip Rai, padre Roberts oppure il piccolo Joseph Anthony; per lo più persone del luogo che renderanno la permanenza delle suore ancora più problematica. La convivenza con gli abitanti del posto rappresenterà dunque una delle sfide più dure, fino a soccombere le sorelle. Contro il parere della madre superiora, Suor Blanche deciderà di curare un bambino gravemente malato, la cui morte aizzerà la gente contro il monastero.
Narciso nero: tre piacevoli ore di tensione psicologica
Le atmosfere sono talmente livide, le immagini cariche di suggestioni e i toni così sinistri da risucchiare anche noi spettatori in un vortice di inquietudine e malessere interiore. Eppure, il Narciso nero seriale non sembra aver conquistato né il pubblico né la critica e, sebbene la creatrice abbia dichiarato di essersi ispirata più al libro che al film, i paragoni con la versione cinematografica (contraddistinta da scene piccanti e situazioni lussuriose) sono troppo ingombranti. Ed è un peccato. La versione seriale di Narciso nero del 2020, infatti, non è un capolavoro, ma risulta comunque ben fatta e merita di essere gustata per il suo sapore insolito e conturbante: l’ideale per una fruizione in modalità binge watching. Una storia sulla vocazione, sul rimpianto, sulle inquietudini e sulla colpa, caratterizzata da un ritmo lento, che forse avrebbe potuto insistere di più sui dissidi interiori e magari avrebbe potuto concedere anche più respiro alle sottotrame, ma che tutto sommato si lascia guardare. Un altro merito della serie è senza dubbio quello di aver ingaggiato degli attori indiani per interpretare i personaggi del posto, come Kanchi (Dipika Kunwar), il cui ruolo nel film era stato affidato a Jean Simmons, un’attrice caucasica.
La mancanza della stessa tensione sessuale della versione cinematografica, la sobrietà e il ritmo pacato di Narciso nero però non dovrebbero essere intesi come difetti, ma come dei tratti distintivi e identitari. La volontà di suscitare sensazioni forti è presente ed è stata creata sfruttando i colori vibranti e le immagini livide, che sembrano essere sempre sul punto di sanguinare. Il dramma psicologico e i dissidi interiori delle suore di St. Faith hanno preso il posto della lussuria, ma hanno dato alla narrazione un taglio fresco, più moderno e dal retrogusto espressionista. Fin troppo spesso però il peso dell’eredità diventa troppo insostenibile e la qualità non sempre basta a contrastare i continui paragoni con un parente troppo ingombrante.