Attenzione: l’articolo contiene spoiler su Noi, i ragazzi dello Zoo di Berlino
Riprendere un prodotto nato molto tempo fa per farne qualcosa di “nuovo” non è mai un’impresa semplice, lo sappiamo bene. Negli ultimi anni ci sono stati tanti – troppi – revival, alcuni apprezzati e altri che avremmo preferito restassero soltanto delle idee nella testa dei più nostalgici.
Noi, i ragazzi dello Zoo di Berlino prometteva di riportare su schermo, dopo 40 anni, il degrado della Berlino degli anni ’70. Lo ha fatto davvero? No, non esattamente. Ma andiamo per gradi.
Christiane F., pseudonimo di Christiane Vera Felscherinow, è conosciuta in tutto il mondo per aver raccontato senza filtri la sua storia fatta di droghe, di alcol e di prostituzione. Ha parlato per la prima volta di quella che è stata la sua adolescenza alla rivista tedesca Stern, rilasciando una serie di interviste che diedero vita all’autobiografia Wir Kinder vom Bahnhof Zoo (in italiano tradotto non letteralmente “zoo di Berlino”: con Bahnhof Zoo, infatti, non si intende un giardino zoologico ma un’area della metropolitana di Berlino).
Dal libro è stato tratto, nel 1981, l’omonimo film che ha fatto scalpore in tutto il mondo a causa della tematica trattata e soprattutto del realismo con cui tutto veniva raccontato. Nel 2021, a distanza di 40 anni, Amazon Studios, Cattleya e Costantin Television hanno pensato di dar vita a una serie che riprendesse la storia di Christiane F. e dei suoi amici. Il risultato, tuttavia, ha lasciato scontenti la maggior parte degli spettatori.
Chi segue la storia di Christiane per la prima volta, e che quindi non ha mai visto il film degli anni ’80 e non ha letto il libro pubblicato qualche tempo prima, probabilmente apprezzerà la serie in questione. Sarà difficile per un ragazzo, tuttavia, provare empatia per la protagonista e per i suoi amici: gli eventi vissuti in Noi, i ragazzi dello Zoo di Berlino sembreranno incredibilmente distanti dalla realtà agli spettatori più giovani. Negli anni ’80, invece, il forte impatto che ebbe il film spinse molti giovani a rinunciare definitivamente alla droga: ci sono tantissime testimonianze di gente che dopo aver seguito la storia di Christiane ha deciso di non avvicinarsi mai a quel tunnel senza via d’uscita.
Nella serie tv Noi, i ragazzi dello Zoo di Berlino, tuttavia, la protagonista non è solo Christiane. In questi otto episodi, infatti, abbiamo avuto modo di vedere anche la storia di Stella, Benno, Axel, Michi e Babsi, contrariamente a quanto accadde 40 anni fa nell’omonimo film.
Seguiamo dunque le vicende di Stella, che inizia come “baby prostituta” per poi finire persino a reclutare ragazzine ancor più giovani per guadagnare denaro. Vediamo Benno essere parte di una sorta di triangolo amoroso, tra Christiane da una parte e Michi dall’altra, segretamente innamorato di lui e geloso con il suo rapporto con la protagonista. Axel è invece costantemente in bilico tra la droga (è infatti il primo del gruppo a fare uso di eroina) e una vita ordinaria. L’ultima arrivata del gruppo è Babsi, l’unica proveniente da una famiglia privilegiata che, tuttavia, finirà a sua volta per immergersi completamente nel tunnel senza via d’uscita fatto di droghe, alcol e prostituzione.
La trama generale ci racconta di Christiane, una ragazza “tranquilla” che facendo delle nuove amicizie a scuola finisce per avvicinarsi al mondo dell’alcol e della droga. Inizia dunque a frequentare il Sound, la discoteca più alla moda di Berlino, facendo la conoscenza di alcuni coetanei con cui inizia a sperimentare delle esperienze decisamente nuove.
Inizierà a frequentare Benno, anche se Axel tenterà in ogni modo di farle capire di essere interessato a lei. Purtroppo, però, quando Christiane capirà davvero ciò che il ragazzo provava nei suoi confronti sarà ormai troppo tardi: Axel, infatti, sarà il primo del gruppo a morire a causa della droga. Lo seguirà Babsi che, nella serie come nel film e come purtroppo è accaduto anche nella realtà, è la più giovane vittima della droga nel mondo occidentale: muore a soli 14 anni.
La trama di fondo non è molto differente dalla storia che ci è stata raccontata anni fa; la differenza sta soprattutto nel voler approfondire molto di più la storia gli amici della protagonista senza volersi soffermare solo ed esclusivamente su di lei. Nella serie Noi, i ragazzi dello Zoo di Berlino si è inoltre dato molto spazio all’interesse non ricambiato di Michi nei confronti di Benno e di Axel nei confronti di Christiane, rendendo il tutto un po’ più “teen“ di quanto ci aspettassimo.
Ciò che non convince della serie non è il cast, che è abbastanza credibile e che non ha nulla da invidiare a quello di altre serie rilasciate negli ultimi anni. Il problema principale è che, mentre il film dipingeva l’esperienza vissuta dalla protagonista come disturbante e al limite del nauseante, nella serie Noi, i ragazzi dello Zoo di Berlino assume delle sfaccettature completamente diverse. Le immagini, sicuramente curate dal punto di vista sia estetico che fotografico, non colpiscono come dovrebbero: fanno sembrare le esperienze di droga e prostituzione molto diverse rispetto a quanto descritto nella biografia di Christiane F. e nel film degli anni ’80.
Con la serie Noi, i ragazzi dello Zoo di Berlino si è cercato sicuramente di puntare ai giovani, ed era dunque essenziale rendere il prodotto “allettante” anche dal punto di vista dell’immagine. La vera domanda è, però: in questo modo non si rischia di non raccontare nel modo più realistico possibile un tema che ha avuto un peso non indifferente nella società occidentale di meno di 50 anni fa? Nella serie la droga viene in diversi momenti trattato quasi fosse un modo come un altro per trasgredire e combattere la noia: in questo modo, però, si rischia di edulcorare ciò che la protagonista, Christiane, provava davvero e portare via il chiaro messaggio antidroga che invece permeava il racconto originario.
Vincere la scommessa con una serie come Noi, i ragazzi dello Zoo di Berlino non era affatto semplice, lo sappiamo bene. Ma forse, se si fosse dato più spazio all’aspetto realmente degradante della dipendenza dei protagonisti, gli spettatori avrebbero apprezzato maggiormente il tentativo di riportare alla luce una problematica così importante che ha sconvolto il mondo intero negli anni ’70.