ATTENZIONE: l’articolo contiene spoiler su Non ci resta che il crimine 1×05/06 e sui precedenti episodi della serie di Sky
Con questo terzo e ultimo appuntamento termina ufficialmente la corsa di Non ci resta che il crimine, produzione Sky che segue la celebre trilogia cinematografica che ha raccolto negli ultimi anni un grandissimo successo. Stavolta siamo tornati indietro fino al 1970, in un periodo di enorme fermento, tra la sinistra studentesca e operaia che si sviluppa con sempre maggiore convinzione dopo la deflagrazione degli ideali sessantottini, e la destra eversiva che cerca di reagire, provando a portare in auge vecchi equilibri. Come abbiamo visto, i nostri protagonisti sono stati trascinati indietro nel tempo da Giuseppe, che dopo la scoperta di essere stato adottato ha voluto conoscere i suoi veri genitori e i motivi per cui è stato abbandonato. Le azioni dei tre, però, hanno cambiato per sempre il futuro, causando l’avvento in Italia di una dittatura fascista, risalente a un fatto singolare e parzialmente dimenticato della storia d’Italia, il golpe Borghese che, trattato alla stregua di una farsa nella realtà, nella serie di Sky diventa l’escamotage che guida tutto il racconto.
All’alba di Non ci resta che il crimine 1×05/06 troviamo Moreno, Giuseppe e Claudio alle prese col loro tentativo di inserirsi nei ranghi del movimento fascista, così da stroncare il golpe di Junio Valerio Borghese e ripristinare il loro futuro. Come prevedibile, la situazione fugge precipitosamente di mano, soprattutto a causa dell’arrivo nel passato della spietata Marisa, che segue Gianfranco nel passato e mette a serio rischio il tentativo dei protagonisti di salvare il futuro. Come altrettanto prevedibile, però, tutto è bene quel che finisce bene e Non ci resta che il crimine 1×05/06 ci regalano un finale intenso, chiaramente lieto, ma capace soprattutto di emozionare tramite scelte forti. Andiamo a parlarne insieme.
Non ci resta che il crimine 1×05/06 – La chiusura del cerchio
Nelle ultime due puntate della serie di Sky si arriva alla resa dei conti tra il collettivo e il movimento di Borghese. Claudio, Moreno e Giuseppe continuano a infiltrarsi nei ranghi nemici e il primo riesce la scalata, arrivando addirittura a conquistarsi la guida del movimento. Nel frattempo, Giuseppe riesce a far conciliare i suoi genitori, Linda e Sergio, mentre Matilde chiede a Moreno di andare a vivere con lei a Londra. Tutto sembra volgere per il meglio, quando Gianfranco raggiunge i suoi amici nel 1970, ma si porta appresso Marisa, nella sua versione da spietata fascista, e la donna uccide Iudica e ruba il dossier relativo al golpe. Messi alle strette, i protagonisti pensano alla resa, ma Giuseppe ha un’idea geniale: col telefono, accidentalmente, ha registrato il discorso di Borghese, per cui lo trasferisce su cassetta per portarlo ai giornali e svelare il tentativo di colpo di stato. A un passo dalla meta, però, Marisa raggiunge Giuseppe e Gianfranco e gli spara, uccidendo il primo e rubando la cassetta.
La drammatica morte di Giuseppe riesce, però, a rinsaldare le fila del collettivo e così come il suo arrivo nel 1970 ha dato il via all’avvento della dittatura fascista, così la sua dipartita è fondamentale per stroncare il golpe, chiudendo un cerchio narrativo perfetto. In vista del gran finale i tre protagonisti rimasti si separano: Gianfranco e Sergio vanno a caccia di Marisa, che ha sequestrato Govinda e Linda, Claudio torna dai nemici, che però hanno scoperto il suo inganno, e Moreno guida gli studenti fuori dagli studi Rai, per fermare l’avanzata dei fascisti. Proprio qui si consuma la battaglia finale, con gli studenti che vengono soccorsi dagli operai di Aldo e l’arrivo della polizia inchioda Borghese all’arresto. Sopraggiungono anche Gianfranco, che ha ucciso Marisa e ha liberato Linda e Govinda, e Claudio, che ha avuto la meglio su Petrucci.
Con un toccante finale, i tre salutano gli amici nel 1970 e tornano al presente, tornato come lo conoscevano, compiendo così il loro percorso. Gianfranco trova il coraggio di baciare Marisa, Claudio annulla il matrimonio e va a visitare Duccio, mentre Moreno si ricongiunge con suo padre e rende omaggio sulla tomba di Matilde. I tre, infine, si recano alla Sapienza, dove incontrano il Giuseppe “Govinda”, che lì insegna, e i tre capiscono che in fondo, anche se non è il loro Giuseppe, lui non è cambiato granché e, anche senza ricordi specifici, si è costruito un legame tra il piccolo e i tre amici, che nel 1970 lo hanno coccolato. Cala così, dunque, il sipario su Non ci resta che il crimine, che ha confermato alla grande il successo della trilogia cinematografica, sfruttando il format seriale per spingersi persino oltre.
La ricerca nel passato per un presente migliore
Alla vigilia dell’esordio di questa attesissima produzione, uno dei punti d’interesse consisteva proprio nella transizione dal grande al piccolo schermo. La serie di Sky ha superato alla grandissima questa prova, dando prova di aver sudato sfruttare al meglio le potenzialità del nuovo format. Non ci resta che il crimine 1×05/06 segnano la conclusione non solo di una storia molto articolata, ma anche di un percorso introspettivo dei protagonisti, analizzati come mai visto prima nel franchise. Merito, chiaramente, del più ampio respiro del modello seriale, che ha permesso un lavoro più approfondito sui personaggi.
Tornando indietro nel tempo, i protagonisti della serie di Sky non cambiano solo la storia, ma cambiano anche loro stessi. Giuseppe vive la vita che ha sempre rimpianto, con i suoi veri genitori e in un posto nel mondo che può sentire suo. Moreno capisce finalmente gli insegnamenti di suo padre, Claudio fa pace con le sua frustrate ambizioni da scrittore. Tutti tornano nel 2023 con uno sguardo diverso, e non a caso si recano subito da chi, nel 1970, gli ha aperto gli occhi. Non ci resta che il crimine 1×05/06 mettono la parola fine anche al viaggio interiore di Moreno, Claudio e anche di Giuseppe, pure se in un modo particolarissimo, emozionando moltissimo gli spettatori nelle battute finali, quando finalmente si compie quella maturazione che i tre cercavano da inizio racconto.
L’insegnamento della storia: viva la democrazia
Attorno a queste parabole individuali c’è, chiaramente, tutta la macro-cornice, relativa al golpe, alla dittatura fascista e al collettivo studentesco. La serie di Sky crea questo accostamento tra la sinistra giovanile e la destra eversiva e riesuma questo grottesco tentativo di colpo di stato non solo come escamotage narrativo, e anche comico visto che la vena ironica con cui vengono presentati i fascisti è decisamente accentuata, ma anche come monito per il futuro. È evidente il messaggio che vuole mettere in guardia dal ritorno di determinati ideali, e al contempo salvaguardare altri valori, che riconducono, in sostanza, alla democrazia. Nel finale, con tutta la sua vena ironica, le scene grottesche e le tante risate che si fanno nel corso delle sei puntata, Non ci resta che il crimine è un inno alla democrazia, presentato con un tono decisamente leggero, ma comunque vivo e incisivo.
Con Non ci resta che il crimine 1×05/06 cala, dunque, il sipario su un’altra azzecatissima produzione di Sky, che riesce a fare tutto ciò che si proponeva di fare. Si ride molto, ci si emoziona, ma si riflette molto. D’altronde, queste sono le caratteristiche delle commedie intelligenti, il saper conciliare diverse sfere tematiche e concettuali all’interno del registro comico. Non ci resta che il crimine riesce in pieno in questo lavoro e Sky ottiene un’altra grande soddisfazione in un 2023 che, bilancio alla mano, è stato decisamente positivo.