ATTENZIONE: l’articolo contiene spoiler su Non dire niente, la miniserie appena sbarcata su Disney+!!
Non dire niente (Say Nothing) è un po’ un’ode a chi non sta stare zitto. Non un omaggio pomposo, farcito di retorica. Piuttosto un’ode cruda, amara, scritta col sangue. Un’ode che non eleva, non esalta e non magnifica. Semplicemente racconta. Racconta con il tormento sulla penna, inglobando angoscia e fermento, restituendolo allo schermo con una potenza narrativa non indifferente. Non dire niente è il nuovo dramma storico sbarcato su Disney+. L’opera è tratta dal libro di Patrick Radden Keefe, Say Nothing, bestseller nel 2019. Si tratta di una storia vera, o quantomeno ispirata a fatti realmente accaduti.
Vi sono nominati personaggi reali, uomini e donne che ebbero un ruolo negli sconvolgenti Troubles che scossero l’Irlanda dagli anni ’70 in poi. Donne e uomini che abbracciarono la causa ponendosi sulla cima di quella sottile barricata che divide la giustizia dall’ingiustizia. Ciò che è giusto da ciò che è sbagliato, ciò che è lecito da ciò che è un reato. Disobbedienti, violenti, radicali, criminali, i militanti che diedero vita agli scontri che per un trentennio infestarono l’Irlanda del Nord diventano personaggi con un loro macrocosmo morale all’interno di questa serie tv.
Non dire niente è realistica in maniera spiazzante. Il racconto di questo dramma storico affascina per la coerenza narrativa e storica e per la maniera in cui riesce a catturare l’atmosfera di quei terribili anni attraverso le vicende di un gruppo di combattenti.
La miniserie, sbarcata giovedì 14 novembre su Disney+ è firmata da Josh Zetumer e ritrova alla regia – tra gli altri – l’irlandese Michael Lennox (Derry Girls, un’altra potente serie tv sull’Irlanda), che ha saputo dare autenticità e credibilità alla storia. Una storia che parte dal 1972, anno in cui la giovane Jean McConville, madre single di dieci figli, venne rapita dall’IRA e mai più fatta ritrovare. È una sequenza che si perde nel corso della narrazione, focalizzata invece sulle vicende dei suoi protagonisti. Ma il nome di Jean McConville ricompare spesso nel corso dei nove episodi, come se fosse l’estremità di un filo che lega alcuni personaggi ai loro sensi di colpa.
Jean McConville non era una militante e non ci sono prove che fosse una spia incaricata dai britannici di riferire informazioni sull’organizzazione terroristica, che aveva proprio a casa sua una delle sue roccaforti. Nell’accanimento feroce di quegli anni però, bastava un niente per finire nella lista dei sospettati. Le persone sparivano, a Belfast e nel resto dell’Irlanda del Nord. Soldati dell’IRA che avevano tradito o delatori che dovevano pagare con la vita il loro mancato silenzio. Erano gli “Scomparsi“, uomini e donne di cui i familiari perdevano le tracce. Fatti sparire nel nulla, vittime della furia omicida e giustizialista che vigeva in tempi di guerra.
Ma il fulcro della narrazione dei nove episodi di Non dire niente ruota solo in parte attorno alla scomparsa di Jean McConville.
La serie segue le vicissitudini di alcuni personaggi legati all’organizzazione terroristica. In particolare, le sorelle Price (Lola Petticrew e Hazel Doupe nella loro versione giovane, Maxine Peake ed Helen Behan in quella adulta), Jerry Adams (Josh Finan e Michael Colgan), uno dei capi dell’organizzazione, e Brendan Hughes (Anthony Boyle e Tom Vaughan-Lawlor), che pure rappresentava una delle personalità forti del gruppo. Non dire niente, posando la lente di ingrandimento su queste quattro figure di rilievo dei Troubles, cerca di dare allo spettatore un’idea di che cosa fosse il conflitto nordirlandese (ecco le migliori 5 serie tv irlandesi).
Per gli appassionati di serie tv storiche, questo è uno di quegli show da non farsi scappare. La trama si sviluppa attorno al percorso e alle scelte delle sorelle Price in particolare. Marian e Dolours abbracciano all’inizio la causa pacifista, sposando gli ideali di non violenza. Loro, figlie di due fieri membri dell’IRA, crescono in un contesto tumultuoso, in cui è difficile distinguere ciò che è giusto da ciò che è sbagliato. Le convinzioni giovanili lasciano ben presto il posto alla volontà di dare un contributo concreto alla causa armata. Le parole non portano a niente, il dialogo è un albero spoglio che non dà mai frutti.
L’unica via percorribile, ai giovani cattolici che sposano la causa all’inizio degli anni ’70, sembra essere quella della forza.
Della voce grossa, del rumore degli spari nelle stradine di Belfast, del boato delle bombe piazzate nei punti strategici. Dolours e Marian decidono di entrare a far parte dell’IRA per far sentire la propria voce. Non si accontentano di un ruolo di seconda fascia, che era quello che spettava solitamente alle donne. Loro vogliono essere al centro dell’azione. Vogliono contribuire col proprio sudore e con il proprio sangue alla lotta per la libertà (anche Rebellion è una serie che ha raccontato la rivoluzione partita dalle donne). Così Brendan Hughes e Jerry Addams affidano loro i primi compiti importanti. Qualche rapina, operazioni di spionaggio, sparatorie. Dolours Price, che era da ragazza una paladina della non violenza, si ritrova ad imbracciare un’arma e a puntarla contro un altro uomo.
Esita, ma non si tira indietro. Continua a combattere e ad obbedire anche quando gli ordini che le vengono dati mettono in crisi la sua coscienza. Quello che vuole fare Non dire niente è proprio questo: oltre a darci un’idea del contesto storico e culturale di quegli anni, si impegna a mettere sullo schermo la battaglia che ciascun personaggio ingaggia con se stesso e con i suoi dilemmi morali. Fino a che punto ci si può spingere per far sentire la propria voce? Qual è il limite oltre il quale una coscienza non può andare? Quando con il dialogo non esiste sbocco, è giusto mettere a tacere la propria etica per far trionfare la causa a suon di bombe?
Sono tutte domande che Dolours Price deve essersi fatta. E sono tutte domande che lo spettatore inevitabilmente deve porsi mentre guarda la miniserie.
Che cosa avremmo fatto noi, intrappolati nella stessa situazione? Avremmo tradito gli amici o la causa? Dove avremmo marcato la nostra personale linea di confine? Non dire niente è abilissima a raccontare senza giudicare, a stimolare la riflessione senza prendere posizione. Le vicende delle sorelle Price, divenute delle icone nella guerra agli inglesi, sono emblematiche. E rappresentano perfettamente tutte le ombre di quell’oscura stagione. Il dramma di Disney+, al netto di un ritmo a volte frammentato, riesce ad intercettare l’interesse dello spettatore, proponendogli una storia angosciante e realistica.
Non rientrerà nella classifica delle migliori serie tv storiche di sempre, ma è uno show che racconta in maniera accurata un periodo storico e un contesto difficili da tratteggiare con chiarezza espositiva. Non dire niente ci lascia sprofondare nel tumulto imperversante di quegli anni, trascinandoci negli abissi morali nei quali sprofondarono i suoi protagonisti. Lo fa con forza, con coerenza, spigliatezza e tatto, ricreando gli ambienti e le atmosfere di quel periodo come solo un ottimo period drama sa fare.