Il Natale è spesso stato al centro di tante, tantissime produzioni. Durante il mese di dicembre la piattaforma streaming Netflix (e non solo) indossa un cappello rosso sopra la su X finale, e comincia a raccontare le cose con un sottofondo che canta Jingle Bells senza sosta. Le regole di queste storie sono oramai chiare: il protagonista non ha grande familiarità con le feste, è single, e sicuramente troverà qualcuno proprio durante quel periodo. E’ così da sempre, ed è stato così anche con Odio il Natale, la nuova Serie Tv italiana Netflix che racconta la vita di Gianna, un’infermiera sottovalutata e infelice che decide di raccontare alla famiglia di avere un fidanzato, nonostante di questo non vi sia alcuna traccia. Da quel momento la protagonista cercherà in tutti i modi di avvicinarsi a qualsiasi tipo di essere umano dotato di vita che possa accompagnarla alla fantomatica cena del 24, ma farlo non sarà così semplice. Il problema, scopriremo, non è sempre degli altri. Non sono solo loro i motivi per cui non riesce ad avere una relazione. Per tutta l’intera durata delle sei puntate infatti la ragazza si avvicina a molti ipotetici fidanzati, ma solo per poi scappar via. Hanno detto la frase sbagliata, non l’hanno fatta sentire speciale, non sono come lei li vorrebbe. Sono tante le ragioni per cui il più delle volte decide di fare un passo indietro, ma la più importante è quella che non ha ancora capito: non si ancora a loro perché mossa dal sentimento. Lo fa perché è mossa solo dal dovere.
Questa condizione porta così Odio il Natale a stare sempre un passo indietro rispetto a ciò che vorrebbe raccontare, mettendo al primo posto una storia che parte male e termina in modo non solo inconcludente, ma anche privo di sviluppo. Cosa è accaduto tra la prima e la sesta puntata? Secondo quanto abbiamo visto, terribilmente poco.
Gianna cerca in tutti i modi di trovare amore lì dove non ce n’è. La prima a non provarlo è proprio lei, ma questo non le impedisce di pensare che tutti gli altri dovrebbero provarne nei suoi riguardi. La protagonista è infatti uno dei primi grandi difetti della serie: non riesce a creare nessun rapporto con il telespettatore, annullando così il processo di empatizzazione. Tutto questo è decisamente ambiguo, soprattutto perché durante le sei puntate la rottura della quarta parete è continua. Gianna parla con chi la sta guardando, ma senza davvero coinvolgerlo. Ciò che arriva è un continuo susseguirsi di lamentele, bisogni, necessità e critiche sugli altri. L’autocritica, invece, non viene mai menzionata o praticata, lasciando il personaggio principale sempre uguale a sempre.
Odio il Natale non è ovviamente un prodotto da cui si può pretender molto, ma è sicuramente una Serie Tv che avrebbe potuto svolgere il suo compito in modo più lineare e coinvolgente, perché di fatto il suo ruolo nel catalogo Netflix è proprio questo: intrattenere e far passare delle ore leggere a chi sceglie di imbarcarsi in questa storia. Ma, come spesso accade in questi casi, Odio il Natale cerca in tutti i modi di fare il passo più lungo della gamba, facendosi così drasticamente male.
L’obiettivo di Odio il Natale, almeno sulla carta, era quello di raccontare una serie di appuntamenti romantici che avrebbero potuto fornire diverse possibilità alla protagonista di trovare il proprio uomo. Le cose prendono però inevitabilmente una piega inaspettata, e purtroppo non in positivo. Da questi appuntamenti non traiamo infatti assolutamente niente, e lo stesso Gianna. Non le interessa chi ha davanti, le interessa soltanto cosa voglia dirle. Si fa adulare e poi, in pochissimo tempo, si ritrova sommersa da diversi spasimanti con cui non riesce mai a esser chiara. Ma come possiamo pretendere che lo sia con gli altri, se non lo è neanche con sé stessa? E’ proprio questo uno dei problemi più gravi della serie Netflix: il protagonista principale non è stato scritto con cura ma, al contrario, è stato creato soltanto sulla base di tanti cliché che, alla fine, non hanno portato a nulla di buono.
Odio il Natale ha fatto il vestito ma ha dimenticato sia le scarpe che i bottoni. Ha lasciato che la sua trama prendesse tanti riferimenti da prodotti natalizi cult come Love Actually, e ha sperato che questo bastasse per restituire la medesima sensazione. Il problema di questo prodotto è che nonostante la leggerezza di cui avrebbe potuto servirsi e sfruttare a suo favore, ha scelto di imboccare la strada più difficile sabotandosi da solo. L’errore, purtroppo, sta nell’aver sottovalutato tutti quei cliché che ha cercato di aggiungere alla sua storia, ma il punto non è soltanto il loro utilizzo. Il punto è saperli domare. È questo ciò che fa la differenza nella qualità.
Alla fine della storia, capiamo che Odio il Natale non è stata in grado di saper utilizzare quei cliché che avrebbero potuto renderla una commedia sentimentale natalizia piacevole. L’uso che ne ha fatto è stato improprio e spesso ripetitivo. Le situazioni che la serie racconta sono infatti sempre le stesse e non permettono alcuna dinamicità o sorpresa. Per la stessa ragione, al pari dello sviluppo, anche il finale riesce a essere deludente. Per cercare di stupire Odio il Natale ha deciso di concludere la serie con un cliffhanger che sembrerebbe preannunciare una seconda stagione, ma perfino questa mossa non ha suscitato nulla. Come detto, la serie non ha mai puntato troppo sullo sviluppo e la sostanza, rendendo così qualsiasi cosa priva di luce e totalmente buia.
Odio il Natale avrebbe potuto cercare di fare qualcosa di più, ma ha preferito utilizzare cliché e mosse sbagliate, finendo così per complicare una cosa che poteva essere non solo semplice, ma anche molto godibile. Forse questo è uno dei problemi più preponderanti di alcuni prodotti degli ultimi anni: cercano di essere grandi, di fare qualcosa di più anche quando questa non è nelle le loro corde e, soprattutto, urlano in tutti i modi per mascherare l’assenza di sostanza nella storia. Forse se Odio il Natale avesse cercato di seguire più la sua identità rispetto a quella degli altri prodotti, le cose sarebbero andate diversamente. Ma purtroppo alla sua vera natura ha scelto una lunga serie di cose già viste che non saputo render proprie, rinunciando così alla possibilità di scrivere una storia capace di avere (e mostrare) una personalità definita.