Attenzione: evitate la lettura se non volete imbattervi in spoiler sul finale di Only Murders in the Building
Quando una storia è raccontata bene, la storia stessa finisce col passare in secondo piano. E rende superfluo reinventare generi e dinamiche per mettere in scena qualcosa di nuovo. Lo capisce bene chi ha avuto la saggia idea di dare un’opportunità a Only Murders in the Building, ultima creatura di casa Hulu distribuita settimanalmente in Italia da Disney Plus: una serie da dieci episodi poco reclamizzata e passata un po’ sotto silenzio, ma capace di conquistare tutti e imporsi a pieno titolo tra i migliori nuovi titoli seriali dell’annata che volge al termine. Un vero peccato, perché Only Murders in the Building ha tutte le carte in regola per non essere una serie per pochi: è un’opera raffinata, elegante e originale, brillante nel combinare il più classico dei gialli con la più tradizionale delle commedie, in una commistione efficace e senza cali. Una serie veloce che riempie pienamente i trenta minuti abbondanti destinati a ogni episodio, ma non forsennata. Una visione leggera, ma non frivola. Coinvolgente e ricercatissima, senza mai esagerare coi virtuosismi. Insomma, una serie per tutti. Anche per chi è stanco dei soliti gialli. Nonostante lo sia, per molti versi.
Perseguire l’imprevedibilità in un genere più che saturo di trovate narrative e colpi di scena visti e rivisti, d’altronde, è ormai pressoché impossibile. Ma laddove la storia diventa a un certo punto leggibile e i veri twist non sono riservati al giallo primario della storia, Only Murders in the Building confeziona una cornice perfetta che rende quasi superflua l’individuazione dell’assassino della storia. Perché dobbiamo ammetterlo: quanto può essere interessante il fatto che la nuova compagna di uno dei tre protagonisti principali sia in realtà una spietata serial killer, quando a un certo punto ci siamo ritrovati a guardare Sting con quegli occhi, ammirare un episodio al cento per cento muto o invidiare la forma fisica mostrata dal 76enne Steve Martin nel contorcersi nei modi più assurdi? Poco o niente, se non nella sequenza di ribaltamenti di fronte che hanno caratterizzato la prima metà del season finale. Perché in questo caso non è la commedia a essersi messa al servizio del giallo, ma al contrario è il giallo ad aver offerto l’assist ideale per alcuni tra i momenti più divertenti del 2021 seriale. Only Murders in the Building danza armonicamente tra i generi e valica i confini del tempo, finendo con l’essere classica e modernissima nella medesima misura. Grazie a un intreccio che non sfigurerebbe tra gli esempi più nobili di un genere ormai d’altra epoca, ma soprattutto a un linguaggio che affonda le radici nella contemporaneità per regalare delle suggestioni in bianco e nero buone per tutte le generazioni.
I punti di forza di Only Murders in the Building, tuttavia, non finiscono qui: da una parte è intrigante la componente metanarrativa che costruisce un ponte anomalo tra le righe di Sherlock Holmes e il popolarissimo filone di crime podcast che tanto piacciono oggi, mentre dall’altra è il cast a fare tutta la differenza del mondo. Steve Martin, anche coautore della serie tv, regala una delle interpretazioni più sorprendenti della sua gloriosa carriera, Martin Short ricorda al mondo di poter prestare il volto a ogni personaggio pensabile con la medesima efficacia e Selena Gomez si scrolla di dosso più di un pregiudizio, dimostrando di essere un’attrice vera e d’altissimo livello, capace di non sfigurare manco al fianco di due mostri sacri. L’alchimia tra i tre è palpabile, valorizza una storia di per sé intensa e scritta con grande cura e trascina un cast composto anche da altri interpreti fantastici: Amy Ryan è la solita Amy Ryan, capitalizza al meglio un minutaggio ridotto e regala tutte le sfumature di un personaggio che mostra solo alla fine delle immani complessità, Jane Lynch è la meravigliosa controfigura grottesca del fu Brazzos, Tina Fey è sempre se stessa nei modi più disparati e Nathan Lane combina la sua infinita esperienza teatrale con una grande abilità nell’interpretare (a modo suo) i tempi televisivi.
Come fa, d’altronde, la teatralissima serie tv nel suo complesso, in uno scenario di interpretazioni e ambientazioni che hanno molto a che spartire con quel mondo. A corredo di tutto ciò, si inserisce un equivoco che offre alla serie tv un respiro sorprendente: la cornice narrativa sembra essere ideale per una miniserie autoconclusiva, ma negli ultimi dieci minuti, a caso risolto e colpevoli in manette, ricordiamo i primi cinque: una scena che sembrava non poter più trovare una collocazione e che invece irrompe in scena all’improvviso, trasformando una miniserie in una serie che avrà almeno una seconda stagione. Tra il legame indiretto che unisce l’omicidio principale a un omicidio avvenuto nello stesso palazzo dieci anni prima, si inserisce un terzo crimine che caratterizzerà la prossima stagione e metterà i tre protagonisti in una situazione molto difficile: chi ha ucciso l’amministratrice di condominio? Come ne verranno fuori i tre “investigatori”? Il giallo non sarà più “solo” un giallo classico e si trasformerà in un racconto ancora più complesso e spiazzante?
Staremo a vedere, ma una cosa è certa: replicare i picchi di genio della prima stagione sarà molto difficile, se non pressoché impossibile. E l’augurio è che non si voglia forzare la mano su una storia che sembra aver già dato il meglio di sé. Lo temiamo, ma allo stesso tempo la fiducia è tanta: tirar fuori una serie del genere nel 2021, mettere d’accordo i sessantenni coi ventenni e offrire uno spiraglio di novità in un contesto come quello delle comedy, boccheggiante da molti anni, è stata un’impresa notevole. Per pochi, quasi per per nessuno. Quindi abbiamo paura, ma non siamo scettici: Only Murderers in the Building (scommettiamo sul nome) è un azzardo, ma ha tutte le potenzialità per essere persino superiore alla prima stagione. Lo capiremo tra un anno circa, sperando che nel frattempo il fandom cresca e faccia sentire meno solo chi ha visto e amato questo piccolo grande gioiellino.
Antonio Casu