ATTENZIONE: proseguendo nella lettura potreste incappare in spoiler su Operazione speciale: Lioness.
È finita. Lasciando cocci dappertutto, com’era preventivabile. Nella prima domenica di settembre Paramount+ ha rilasciato l’ultima puntata della nuova serie scritta da quel geniaccio di Taylor Sheridan. Otto puntate distribuite lungo tutta questa torrida estate 2023. Puntate che hanno sollevato un po’ gli spettatori da questo caldo infernale, dato che hanno regalato loro una ventata d’aria fresca, soprattutto se amanti del genere spionistico.
È finita e sinceramente non siamo sicuri ci sarà un seguito. Potrebbe anche chiudersi qui (ma sarebbe un peccato, dopo quanto visto): l’incarico delle Leonesse è andata in porto, missione compiuta, come si dice in gergo.
Di Operazione speciale: Lioness abbiamo avuto modo di parlarne già qualche settimana fa, quando ancora la stagione non si era conclusa. Ne abbiamo parlato bene, perché non si poteva fare altro. Del resto Taylor Sheridan, creatore di Yellowstone, Tulsa King, Mayor of Kingstown, ormai è diventata una certezza, tutto quello che scrive si tramuta in oro. Che sia sceneggiatore (oltre alle già citate ci sono ancora due film davvero interessanti come Sicario e Soldado), regista o entrambi (I segreti di Wind River), sappiamo già che siamo di fronte a qualcosa di speciale, fuori dal comune. E così è stato anche in questo caso.
Ma se nello scorso articolo non eravamo potuti entrare nel merito di certe faccende andate in onda adesso che la questione è chiusa siamo ben lieti di poter fare questa recensione, di parlare ancora di questa serie che ci ha davvero soddisfatto lasciandoci la voglia di riguardarla, a stretto giro di posta, per gustarla meglio. Roba che non accadeva dai tempi di Homeland, per intenderci.
La storia si apre in Siria. Un’agente sotto copertura è stata scoperta e necessita di essere salvata poiché in pericolo di vita. La coordinatrice della missione, Joe, invia una missione di salvataggio che però non fa in tempo ad arrivare. L’avamposto della CIA dove si trova Joe, infatti, è sotto attacco da parte dell’ISIS. La donna è così costretta a far bombardare il luogo nel quale si trova la risorsa umana affinché quest’ultima non venga cattura e torturata con conseguenze ben peggiori.
Joe, interpretata da Zoe Saldana, e il suo team tornano negli Stati Uniti cercando di ricucire insieme i pezzi ma il lavoro è assillante e un’ennesima missione incombe. C’è bisogno di una nuova agente da mandare sotto copertura e nel grosso serbatoio delle forze armate statunitensi l’attenzione della CIA viene focalizzata su Cruz, giovane donna che per sfuggire alla violenza del compagno si arruola nel glorioso corpo dei Marines.
Cruz, interpretata da Laysla De Oliveira, è una tosta, così tosta che, per capirci, invece di fare i test fisici specifici per le reclute femminili eccelle in quelli per quelle maschili.
Tra Joe e Cruz non è amore a prima vista, anzi. Le due si annusano sospettose come due leonesse, appunto, e non si piacciono. Joe, nelle vesti di addestratrice, è quella che dispensa consigli paternalistici e Cruz la solita convinta di sapere tutto lei.
L’addestramento che solitamente dovrebbe durare diversi mesi in questo caso si fa molto concentrato. A Cruz, per ordine di Joe, viene impartito un durissimo S. E. R. E (Survival Evasion Resistance Escape, la parte più dura dell’addestramento delle spie e delle Forze Speciali) per trovarne il punto di rottura. Una sessione così dura che gli stessi addestratori si rifiutano di proseguire oltre temendo per l’incolumità della nuova agente segreta. Ma Cruz, l’abbiamo capito fin dall’inizio, è una dura, fatta d’acciaio, che non si piega e nemmeno si spezza.
Forse.
Il compito di Cruz, i Operazione speciale: Lioness, è quello di fare amicizia con Aaliyah, una giovane donna in procinto di sposarsi con Ehsan. Il futuro marito è stato scelto dai genitori di Aaliyah, ovviamente, perché ricchissimo e capace di occuparsi degli affari della famiglia della futura sposa. Affari che riguardano il petrolio e attraverso esso il finanziamento delle cellule terroristiche. Perché il padre di Aaliyah, secondo la CIA e il governo degli Stati Uniti, è un personaggio oscuro che va assolutamente eliminato. Così Cruz, attraverso Aaliyah, deve riuscire ad arrivare al vero cattivo per eliminarlo. Personalmente, attraverso un commando o con un missile partito da un incrociatore non importa. Purché si faccia.
Le due si incontrano, si conoscono, si capiscono. E, soprattutto, si innamorano l’una dell’altra. Questa situazione ovviamente crea molta confusione nella menta di Cruz che si sente in colpa verso Aaliyah, interpretata da una meravigliosa Stephanie Nur, rischiando di mettere a repentaglio l’intera missione.
In apparenza Operazione speciale: Lioness sembrerebbe una storia banale, già vista e rivista: c’è un cattivo, un terrorista mediorientale; c’è la CIA che gli dà la caccia; ci sono due protagoniste che non vanno d’accordo. Stereotipie a iosa, insomma. In realtà Operazione speciale: Lioness è tutt’altro. E che altro.
Intanto, pur essendo una serie di spionaggio, ha pochissime scene d’azione. Distribuite con il contagocce, davvero, risultano esplosive, rimanendo impresse nella memoria dello spettatore. Sono brevi, rapide e incredibilmente violente. Niente scazzottate, niente infinite sparatorie con problemi di ricariche, niente battute fuori luogo, niente dialoghi assurdi: i cattivi vengono stesi senza diritto di replica, travolti dalla potenza di fuoco di chi è meglio equipaggiato. L’addestramento si fa valere e i vincitori li riconosci sempre dalla professionalità con la quale entrano in gioco.
Anche le scene di pedinamento o quelle dedicate allo spionaggio tecnologico sono relativamente poche e perfettamente funzionali alla storia. Come se Taylor Sheridan avesse voluto dire allo spettatore che tanto, certe cose, le ha già viste in altre serie e che non è quello che gli interessa raccontare.
E allora perché siamo di fronte a una grande prima stagione? In cosa Operazione speciale: Lioness si differenzia dalle tantissime altre spy stories uscite quest’anno, e sono davvero tante? Per i personaggi. Tutti? Quasi, sicuramente la maggior parte. Personaggi attraverso i quali il cowboy dalla penna d’oro racconta storie contemporanee a quella spionistica creando universi paralleli davvero meravigliosi.
Del resto, come dice la stessa Zoe Saldana che della serie è anche executive producer: “volevamo raccontare una storia che riguardasse anche e soprattutto il dietro le quinte, la vita che gli operatori della CIA e i militari devono affrontare al di fuori del lavoro estenuante che compiono“.
Un dietro le quinte talmente ben congegnato, ben costruito da risultare vero, credibile, per niente stucchevole, anzi: decisamente piacevole da guardare. Le vite di Joe e di Cruz, insieme a quella di Kaytlin (interpretata da una Nicole Kidman in splendida forma), raccontano chi sono veramente queste donne che passano la vita a garantire la pace, assicurare gli interessi degli Stati Uniti e, soprattutto, lottano per portare a casa la pelle. Donne che si piegano ma che non si spezzano, che non si fermano davanti a nulla, capaci di sacrifici inauditi, di omicidi feroci, e al tempo stesso in gradi di varcare la soglia di casa lasciandosi, apparentemente, tutto alle spalle.
Accanto a loro figure maschili che nella loro semplicità risplendono, perché incredibilmente ricchi di sfaccettature. Due mariti, Martin Donovan quello di Nicole Kidman e Dave Annable quello di Zoe Saldana, così lontani eppure così vicini nella loro quasi maniacale continuità della vita quotidiana al di fuori dello spionaggio. Il primo dedito a gestire l’universo economico, il secondo consacrato alla cura del cancro pediatrico. Compagni presenti, a modo loro, ma mai assillanti, che si contraddistinguono per la loro capacità di comprensione e di accettazione davvero invidiabile. Certo, Dave Annable ha un ruolo più importante: deve gestire due figlie che patiscono l’assenza della madre. Ma anche Martin Donovan non scherza nel dispensare alla moglie, e dunque allo spettatore, lezioni di politica economica da fare accapponare la pelle.
Ma non solo mariti. Anche colleghi senza scrupoli come Kyle, interpretato da Thad Luckinbill. Superiori insofferenti e insopportabili come Westfield, interpretato da Michael Kelly. E politici pieni di ripensamenti, pronti a fare scaricabarile come Mullins, interpretato da Morgan Freeman.
Operazione speciale: Lioness è una serie fatta veramente molto bene proprio perché lavora nel piccolo dettaglio. La regia, in particolare quella di John Hillcoat, aiuta moltissimo le principali interpreti a dare il meglio prendendosi un tempo ampio, quasi un adagio, che assomiglia molto a un fraseggio musicale. Le riprese, attraverso questo lungo respiro, sostengono alcune scene apparentemente inutili che, invece, assumono un’importanza strategica per spiegarci chi sono queste leonesse. Alcuni dialoghi, poi, nella loro semplicità risultano di una bellezza rara. Come quando Joe deve consolare la figlia più piccola che non capisce perché tutti piangano tranne lei. O come quando Cruz chiude il briefing post missione sottolineando, in maniera furiosa, di aver appena partecipato alla creazione di una nuova generazione di terroristi. Per non parlare di Kaytlin che viene a conoscenza (ma sarà poi davvero così?) del fatto che il mercato azionario è creato e modificato prima e dopo il suono dell’iconica campanella di Wall Street.
Semplici scene che permettono allo spettatore di conoscere meglio le nuove eroine e, perché no, ingolosirlo a tal punto da volerne ancora, e ancora.
Taylor Sheridan fa di nuovo centro, non c’è ombra di dubbio. Perché prende gli elementi classici di una spy story e li rimodella alla sua maniera, esagerando un po’ qui e smussando un po’ là. Vi racconto una storia, sembra sussurrare allo spettatore, che potreste conoscere già ma che in realtà non avete mai visto prima. Operazione speciale: Lioness è questo, è tanta roba. Soprattutto, è quella serie che dà al genere nuova linfa vitale. Linfa della quale, in tutta onestà, c’era bisogno fosse iniettata.
Adesso resta solo da capire cosa riserverà il futuro. Cioè, se di questa leccornia lo spettatore potrà averne ancora un assaggio o due, rischiando – se confermato l’alto livello – di gridare al capolavoro, oppure se gli toccherà fare soltanto un rewatch, con il rammarico di non poter vivere un’avventura di altissimo livello. In attesa, per non sbagliare, noi torniamo a guardarla. Dall’inizio, una puntata dietro l’altra. Con grande piacere.