Attenzione: evitate la lettura se non volete imbattervi in spoiler sul finale della seconda stagione di Ozark
Cosa resta di noi al di fuori delle nostre scelte? Tutto, o quasi. Perché non sono altro che conseguenze, mica cause. Una presa di coscienza di una volontà che sussurra dentro di noi, mentre mettiamo in atto una messinscena più o meno credibile. Non invochiamo un Dio, lasciate perdere il destino: siamo noi stessi la nostra divinità. Emerge sempre, nel momento in cui le bussole morali hanno la peggio sulla natura di un individuo messo alle strette. È un istinto primordiale che ci plasma e sceglie per noi, sgretolando in un secondo l’architettura faticosamente costruita.
Marty Byrde ha avuto bisogno di un viaggio di sola andata ad Ozark per capirlo, ma non si è ancora arreso. Guarda in faccia per un secondo il fantasma di Mason Young, prima di abbassare la testa. Sembra quasi evocare l’ottava pazzia che generò Heisenberg, ma la guerra con se stesso è ancora in atto. Osserva terrorizzato le sue mani, sporche di sangue. Prima di fissare Wendy, e scoprire il vero terrore. Lei ha già abbracciato il suo spettro e si è sciolta in un bacio passionale dal quale è impossibile tornare indietro. Ormai è troppo tardi. La recita è finita.
Lo sa bene Cade, freddato brutalmente sulla strada per la libertà in nome di un impero da costruire. Ad Ozark, a casa. Perché la fuga dei Byrde si è conclusa, al diavolo la Gold Coast: la pistola puntata alla tempia è ora nelle loro mani. Il Cartello non è più uno spietato datore di lavoro, è l’alleato più prezioso. Marty accenna appena un sorriso, forzato da un fotografo indiscreto che immortala la distruzione finale di una famiglia, svuotata di ogni parvenza di nido. Accolta, con uno scatto iconico, dalla nascita di un’associazione a delinquere senza più giustificazioni.
La moglie, invece, sorride sorniona. Ha vinto, affermando l’egemonia momentanea della donna al comando che ha messo da parte la pietà. Wendy, quella che avevamo conosciuto nella prima stagione di Ozark, è morta per lasciar spazio alla sua natura più vera. L’ha fatto per amore di sé, con la consapevolezza di non poter più fuggire. Il nemico diventa così il migliore amico. Mentre il migliore amico, l’amore di una vita, rischia di diventare il peggior nemico. Perché Marty, sconfitto sul campo dalla forza trascinante di chi è rimasto in disparte per troppo tempo, non farà la stessa fine di Jacob.
Nonostante ciò, dovranno guardarsi le spalle a vicenda e richiamare lo spirito degli Underwood sotterrati dal castello di carte. Lottare per il primato e per un’ultima parola, mentre stringono tra i denti un amore vivo e passionale che vive di contraddizioni e delusioni. Trovare un compromesso, spinti dall’ambizione razionale di chi è underdog da sempre e non vuole più esserlo. Mettendo da parte l’emotività dopo essersi immersi in una nuova routine, solo apparentemente disumana. Il prezzo da pagare sarà sempre più alto, ma la linea di confine è ormai oltrepassata.
Il casinò, altare del potere neonato dei Byrde, incrocerà il proprio destino con quello dei sopravvissuti alla loro furia gentile. Nel segno di un blu profondo che assumerà sempre più i contorni di una notte senza alba, e di un verde speranza mestamente sepolto. Ozark, meta d’esilio di uno stormo migrante ora stanziale, sarà ancora il teatro di un racconto assurdo che ha conquistato tutti e promette di avere ancora molto da dire. Perché, diciamolo, non deve finire così. Questa storia, al contrario, è appena iniziata. Ma anche il suo futuro sarà una questione di scelte.
Antonio Casu