ATTENZIONE! L’articolo contiene spoiler sulla serie tv Palm Royale.
Sotto il caldo sole della Florida, immersa tra palme e cocktail c’è un sogno chiamato Palm Royale. Lontana dai fastidiosi subbugli politici, dalle lotte politiche e dalle “brutture” della guerra in Vietnam, Palm Beach è il rifugio perfetto in cui perdersi completamente. Una bolla dorata che esiste solo per se stessa e in cui a dettar legge non sono i grandi capi di stato ma donne in abiti firmati. Devote solo alle aste di beneficienza, queste matrone dalla piega impeccabile passano le loro giornate oziosamente a bordo piscina impegnandosi in conversazioni frivole e pigre. A questo mondo glitterato aspira, con tutte le proprie forze, la nostra protagonista.
Maxine Simmons è un’arrivista sociale. Niente di più semplice e chiaro. Il suo ingresso nel mondo immobile di Palm Royale arriva in maniera inaspettata e caotica. Ex reginetta di bellezza, Maxine è disposta a tutto pur di raggiungere il proprio scopo facendosi accettare dall’élite del Palm Royale. Manca però la malignità e l’arroganza nel farlo. Almeno per ora. Maxine, infatti, non è una Mrs. Ripley catapultata negli anni Sessanta. Non siamo di fronte a un personaggio cattivo, meschino o oscuro come nel caso del celebre Ripley o del suo erede Oliver Quick, in Saltburn (anche se forse non immaginate che Barry Keoghan non è stato la prima scelta per il film).
Durante la sua scalata tra i ranghi dell’alta società americana, Maxine si presenta per quello che é senza mai mentire.
Almeno non in maniera plateale. Le sue sono piccole, maliziose allusioni che mettono la pulce nell’orecchio delle sue ascoltatrici. Una malizia tutta al femminile e una buona dose di faccia di bronzo che di certo non guasta.
Estate 1969. Maxine scala un muretto e si introduce al Palm Royale. Ottima prima impressione non c’è che dire. È la sua voce ad accompagnarci nel corso di questa storia. Ed è sempre lei a presentarci, una dopo l’altra, le api regine dell’alveare di Palm Beach. Da Evelyn Rollins (Allison Janney) madrina della beneficienza a Dinah Donohue (Leslie Bibb), moglie trofeo dall’esistenza infelice. Pavoni dal piumaggio impeccabile. Le ricche donne di Palm Royale si muovono nello spazio fosse tutto loro permesso (simboli stessi di eleganza come le donne protagoniste di queste serie tv).
Effettivamente lo è. Maxine le guarda con ammirazione e riverenza e un pizzico di gelosia che la porta a sognare una vita molto lontana dalla sua. Maxine, infatti, non ha soldi, non ha posizione sociale ma solo un legame effimero con una delle più anziane e prestigiose componenti del club: Norma Dellavitte (Carol Burnette). Al marito, Douglas (Josh Lucas) non potrebbe fregar di meno dei soldi e dello status ma asseconda benevolmente le ambizioni di Maxine. A questo quadro eccentrico si aggiunge, poi, un gruppo sparuto di donne, guidate da Linda (Laura Dern), che lotta per i propri diritti e i cui membri si chiamano orgogliosamente “femministe”.
Un po’ Big Little Lies (notizia bomba da parte di Nicole Kidman che potete leggere qui) un po’ Desperate Housewives.
Palm Royale è una di quelle classiche serie tv che ti rimanda inevitabilmente alla mente qualcos’altro.
Sarà per il contesto storico, sarà per i temi trattati ma siamo dalle parti del già visto. Per questo la sfida si fa, se possibile, ancora più impegnativa per riuscire a dare in pasto ai critici voraci e al pubblico insaziabile un prodotto che parli davvero di qualcosa di nuovo. O quantomeno di fresco. I primi tre episodi dello show (che potete vedere sul catalogo Apple TV+ qui) hanno il preciso scopo di presentarci il cast variegato e di altissimo livello e di introdruci al mondo glamour del Palm Royale.
I costumi e il trucco la fanno da padroni assoluti ipnotizzandoci con sequenze quasi infinite di cambi d’abito. È una fiera delle vanità , in cui le protagoniste misurano il proprio valore sulla lunghezza dell’abito e la mano che l’ha cucito. Maxine, in fin dei conti, è un outsider che vuole disperatamente sentirsi parte di questo universo idilliaco. L’occasione si presenta quando Norma, la zia di suo marito, entra misteriosamente in coma, permettendole così di razziare il suo appartamento come un avvoltoio che ha fatto troppe lampade.
Gli anni 60′ rifulgono come fuochi d’artificio grazie a una fotografia ultra satura, a colori caldissimi e ad abiti raffinati spingendoci spesso a chiedere se non sia questo, in fondo, il mondo reale. Tutto il resto è solo un brutto incubo da lasciare fuori. Poi, però, tra un cocktail a bordo piscina, una sessione dal sarto e l’ennesima serata di gala, la voce perentoria di Nixon ci riporta alla realtà dei fatti. A quel periodo storico pieno di contraddizioni, di indecisione e di lotte. Siamo in quel 1969 di una guerra che ha lasciato troppi strascichi dietro di sé. Nel 1969 degli hyppie e della libertà . Nel 1969 delle donne e della loro rivoluzione.
Ed è proprio questo il punto di cui Palm Royale si fa brillante a arguta portavoce.
Al patinato e accecante mondo del club, si contrappone il piccolo pianeta combattivo di Linda e del suo gruppo. Quando Maxine entra in contatto con Linda (una Laura Dern protagonista anche di uno dei film più famosi di sempre tratti da un libro, scopritelo qui) e con le altre femministe, lo fa senza pregiudizio ma anche osservandole sempre dall’esterno. Pur comprendendo il loro punto di vista, Maxine non fa parte di quella realtà . O almeno non vuole farne parte. Ride quando viene chiamata “femminista” e difende strenuamente il suo desiderio di avere potere e agi adesso non domani e neppure in virtù di un figlio. Per lei il futuro non ha valore, ciò che conta è l’adesso.
Non è forse anche libertà , la scelta consapevole di vivere da mantenuta? Le contraddizioni del mondo di ieri e, soprattutto, di oggi vengono messe in scena con una satira disarmante che magari non si coglie subito. Nella frivolezza di Maxine e nei atteggiamenti da parvenù rimane comunque presente la stessa voglia di riscatto e rivincita che hanno le donne che combattono in prima fila reggendo fiere i loro striscioni per strada.
La domanda, sottilissima e per questo ancor più furba, che Palm Royale vuole porsi è questa: esiste davvero un femminismo che valga più degli altri?
La declinazione che il termine ha avuto negli ultimi anni lascia tanti dubbi e domande. Anche Maxine è femminista in fondo. Pur con le unghie perfettamente curate e i capelli messi in piega. Perché quello che cerca lo cerca per se stessa, non per il marito Douglas che, anzi, si ritrova inconsapevole complice dei suoi sotterfugi.
C’è parecchio anche di quel Why Women Kill, ingiustamente snobbato, in cui le donne sono artefici del proprio destino. Nel bene e nel male. Anche in questo caso, le donne di Palm Royale sono ingegnose Machiavelli in Manolo Blahnik. Sorseggiano Mississipi punch e lanciano sorrisi ammiccanti per poi affilare le lingue. È un gioco al massacro in cui la vittoria non è affatto scontata.