Vi è mai capitato di voler fare qualcosa ma di sentirvi bloccati, quasi paralizzati all’idea di non riuscirci? Vi è mai capitato di sentire la paura prendere il sopravvento sulla vostra volontà ? Beh, a me sì. È una sensazione strana, una coincidenza unica tra il desiderio di fare e la rassicurazione che, non facendo, non si rischia nulla. Quando l’ansia vince per un secondo senti di aver vinto anche tu, per poi accorgerti che invece proprio non è così. Lo so bene io ma lo sa molto meglio di me Sole Santoro, la protagonista di Per lanciarsi dalle stelle, pellicola distribuita da Netflix a partire da mercoledì 5 ottobre.
Per lanciarsi dalle stelle è una di quelle commedie italiane che sai già dove andranno a parare, ma le guardi lo stesso.
Sole è una ragazza di quasi venticinque anni nata e cresciuta in Puglia, a Conversano. La sua è una vita vissuta perennemente a metà a causa del disturbo d’ansia generalizzato di cui soffre fin piccola: le scelte più basilari della quotidianità , come il gusto del gelato da mangiare in una calda giornata estiva, diventano per lei delle vere e proprie montagne da scalare. L’ansia le impedisce di andare a studiare a Roma, di trovare un lavoro e anche di prendere un aereo e partire per mete diverse da un paesino che comincia a starle davvero troppo stretto. Sole non è solo condizionata dalla sua ansia: l’ansia vive al posto suo, lasciandola rilegata a un’esistenza che non le appartiene davvero.
La vita di Sole subisce uno scossone quando torna a Conversano Massimo, il fratello della sua migliore amica Emma, morta in un incidente due anni prima. Massimo – che tra l’altro è anche l’unico ragazzo di cui Sole sia mai stata innamorata – le consegna una lettera che Emma gli aveva dato per lei prima di morire, dopo un brutto litigio che le due avevano avuto. Un litigio che è anche il modo in cui si sono dette addio. Nella lettera, Emma proponeva a Sole di stilare una lista delle sue ansie da affrontare piano piano insieme e, complici qualche drink di troppo durante una festa e un nuovo gruppo di amici trovati nel momento del bisogno, questa lista viene compilata. Andare in bicicletta, fare il bagno al mare – e perché no, salire su una barchetta -, andare su una giostra al luna park, mostrare agli altri i suoi disegni sempre gelosamente custoditi e, ovviamente, trovare l’amore: tanti obiettivi più o meno grandi che sembrano ostacoli insormontabili. Comincia così l’avventura di Sole, ricca di alti ma anche di bassi, nel tentativo di depennare tutti i punti di una lista che Emma le ha proposto di fare ma che altri la aiutano a realizzare, onorando il desiderio di una persona che non c’è più ma soprattutto permettendo a una vita di sbocciare davvero.
La struttura narrativa del film non è rivoluzionaria.
Per lanciarsi dalle stelle ricalca molte caratteristiche che sono tipiche della commedia romantica. Abbiamo la protagonista che è innamorata di qualcuno che ci sembra in diverse occasioni la persona sbagliata per lei e abbiamo un’altra persona che invece è palesemente quella giusta. Abbiamo il dubbio sentimentale, i tentativi fallimentari di raggiungere quello che si vuole e la consapevolezza che, in un modo o nell’altro, alla protagonista le cose non andranno poi tanto male. Tutto ciò rende questo genere di film quanto di più lontano ci sia dai miei standard di film interessante. Contemporaneamente, però, Per lanciarsi dalle stelle presenta anche qualcosa di diverso, qualcosa di più che lo posiziona tra quelle commedie italiane che forse vale la pena guardare.
La colonna sonora mi ha lasciata piacevolmente sorpresa, dato che il rischio banalità è sempre dietro l’angolo: Colapesce e Dimartino, La Rappresentante di Lista e soprattutto Margherita Vicario lo rendono uno di quei film che è piacevole anche ascoltare. Ma il vero elemento che troppo spesso manca nelle commedie romantiche e che invece è ben presente in Per lanciarsi dalle stelle è un vero legame con i protagonisti, e la conseguente possibilità di scatenare una riflessione più profonda. La connessione tra noi e Sole è costante: siamo parte della sua storia perché è proprio lei a renderci tali. La protagonista rompe continuamente la quarta parete, parlando direttamente a noi spettatori: ci sorride, ci racconta la sua vita e omette quando parlare diventa troppo difficile. Questo stratagemma ci consente di conoscere qualcosa in più di quello che vediamo e ci aiuta ad andare oltre.
Qui non si tratta solo di persone che trovano l’amore.
Si tratta delle paure che abbiamo e di come le affrontiamo. Anzi, di se le affrontiamo. Sole ha un disturbo d’ansia diagnosticato, ma anche chi è a un gradino più basso sulla scala delle crisi di panico sa quanto possa essere difficile trovare il coraggio di fare qualcosa che sembra un salto nel vuoto. Cambiare città , cominciare un percorso nuovo, esporsi, amare: le esperienze importanti portano sempre con sé una buona dose di ignoto, di incertezza. E spesso, per le persone come Sole ma anche per quelle come me, da una parte c’è la voglia di mettersi in gioco, dall’altra la paura di non riuscire. Ma cosa c’è dall’altro lato della paura? Cosa c’è se si guarda oltre la montagna o l’enorme parete nera che visualizziamo davanti ai nostri occhi? Beh, dall’altro lato c’è la vita vera, quella che non è detto che sia sempre rosea, sempre bella, sempre come speravamo. Magari c’è qualcosa di diverso, qualcosa che non ci aspettavamo. A volte sì, c’è anche il fallimento, e vivere significa anche imparare ad accettarlo. Meglio se con una Miriam al nostro fianco.
– E se ci provo e poi va male?
– Ci hai provato ed è andata male.