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Quando la vita ti dà mandarini – La Recensione della seconda parte: nessuno si salva da solo

Ae-sun adulta in Quando la vita ti dà mandarini
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Da quando anche piattaforme come Netflix, fino a qualche tempo fa principale promotrice del binge watching e della distribuzione seriale in un’unica tranche, hanno cominciato a fare qualche passo indietro suddividendo le nuove uscite in due o più parti, siamo tornati ad avere in più occasioni appuntamenti fissi con le nostre serie del cuore. Insomma, siamo tornati a qualcosa di più simile a quando le serie si guardavano solo in tv. E allora eccoci qua – anzi, rieccoci qua – a parlare di Quando la vita ti dà mandarini, k-drama romantico prodotto e distribuito da Netflix.

Il secondo appuntamento con la serie consiste in quattro puntate disponibili sulla piattaforma da venerdì 14 marzo. Puntate terminate le quali siamo esattamente a metà di una serie che, originata dalla storia d’amore tra i due giovani protagonisti (in una primavera della quale abbiamo già parlato nella recensione dei primi episodi), con questa seconda tranche passa dall’essere una storia prevalentemente di coppia a un vero e proprio dramma familiare. Un dramma che personalmente ho trovato più maturo e credibile rispetto a quello degli inizi. Riprova, questa, di quanto sia importante dare sempre una seconda possibilità, alle persone come alle serie tv. Ma prima di passare ai giudizi concreti, parliamo un po’ di quello che nella quinta, sesta, settima e ottava puntata di Quando la vita ti dà mandarini è concretamente accaduto.

La trama della seconda parte di Quando la vita ti dà mandarini

Sul finale della quarta puntata avevamo lasciato Ae-sun e Gwan-sik alle prese con la loro vita da genitori appena emancipati dalla famiglia di lui (qui trovi la recensione della prima parte). Quelli che ritroviamo nella quinta sono due personaggi ancora più adulti. L’educazione e il futuro della piccola Geum-myeong sono finalmente nelle loro mani, ma la vita continua a non essere semplice. Gwan-sik fa fatica a trovare lavoro, si chiude in se stesso e ha paura di non riuscire a provvedere alla famiglia. A venire in soccorso è inaspettatamente la nonna di Ae-sun, che dà alla nipote il necessario per acquistare una barca e poter cominciare a pescare finalmente in proprio. È l’inizio di una vita nuova, della loro estate, di quella stagione in cui il destino sembra possa solo dare: il peschereccio, altri due bambini, il titolo di vice-governatrice prima e di governatrice poi, prima volta di una donna nella comunità.

Gwan-sik in una scena di Quando la vita ti dà mandarini
Credits: Netflix

Tutto sembra andare per il meglio, in una stagione piena di luce. Ma i temporali estivi esistono, e quando arrivano la loro forza porta via tutte le certezze. Quando la vita ti dà mandarini questo lo racconta senza mezze misure. Il temporale in questione è di quelli belli grossi: il figlio più piccolo di Ae-sun e Gwan-sik muore dopo essere uscito da solo durante una tempesta. È l’inizio di un periodo buio, in cui tutte le superstizioni combattute e le difficoltà superate ripiombano inesorabilmente sulle spalle della coppia, ma anche dei loro figli. Tutti si sentono colpevoli di quanto accaduto, ognuno a modo suo; nessuno è in grado di andare avanti da solo con le proprie forze. C’è bisogno dell’aiuto di tutti, di una mano sull’altra, per potersi rialzare.

Ed è qui che tanti nodi vengono al pettine.

La seconda parte di Quando la vita ti dà mandarini dà tante spiegazioni a scene che nella prima non erano mai state spiegate. Cosa si erano dette la madre di Ae-sun e la sua ex suocera prima della sua prematura morte? Chi aveva pagato in anticipo l’affitto di Ae-sun e Gwan-sik? Chi riempiva le loro scorte di riso con la quantità necessaria per sfamare tutta la famiglia? Sono tutte domande che finalmente trovano risposta. Trovano risposte diverse ma tutte riconducibili a un’unica matrice: nessuno può salvarsi da solo. Se è vero infatti che la serie è prima di tutto una storia d’amore tra i protagonisti, non possiamo negare come sia anche una storia di famiglia intesa nel senso più ampio del termine (anche se non tutte le famiglie sono piacevoli, eccone qui 10 abbastanza disfunzionali). Una storia, più che altro, di comunità.

Una storia che parla di persone che proprio come i membri di una famiglia non sempre si amano, ma ci sono sempre l’una per l’altra. L’importanza dello stare insieme, la capacità di apprezzare la vicinanza delle persone alle quali vogliamo bene e di riuscire a trasmettere loro il proprio affetto sono insegnamenti che non tocca solo ad Ae-sun imparare: arriva il momento anche per sua figlia. Il momento giusto è l’autunno, la stagione del raccolto, il periodo in cui ogni frutto matura. A maturare è anche Geum-myeong, prima una bambina, poi una giovane studentessa con le idee chiare e lo sguardo fiero e un po’ indispettito. Vi ricorda qualcuno? Sì, ricorda proprio sua madre, perché in fondo la mela non cade mai troppo lontana dall’albero.

Geum-myeong vive in un’epoca diversa.

Credits: Netflix

Le difficoltà economiche sono sempre presenti ma meno radicate di quelle dei suoi genitori. Si trasferisce a Seul, anche lei trova l’amore. E ci racconta la storia del rapporto con il padre e la madre, di quanto li abbia amati e di quanto gli sia grata, ma anche di come abbia sempre fatto fatica a palesarlo. Geum-myeong è figlia del suo tempo ma anche degli insegnamenti della sua famiglia e del luogo in cui è nata e cresciuta. In lei si ripongono le aspettative di una madre che non ha potuto percorrere la strada dei suoi sogni, ma anche le ire di un fratello che sente di essere cresciuto nella sua ombra. E in lei continuano a esserci il ricordo di un fratellino che non c’è più e la rabbia per tutti gli ostacoli da affrontare. Anche questa, una caratteristica che non fa che accomunarla a sua madre.

Mentre Geum-myeong cresce la Corea cambia, e anche la seconda parte di Quando la vita ti dà mandarini racconta questo cambiamento. Le Olimpiadi di Seul portano lustro al Paese ma non fanno che alimentare le disuguaglianze sociali, perché apparire bene diventa più importante che far sopravvivere i piccoli borghi di mare. Ci sono le prime elezioni dopo oltre un decennio e le donne cominciano con non poche difficoltà a farsi strada in politica, ma c’è anche la persecuzione da parte dello Stato alle sale da ballo e alle lezioni private. Tra estate e inverno la Corea si trasforma, i bambini crescono e gli adulti invecchiano. Ma ciò che più di tutto traspare in questo cambio di stagione è il senso di unità e collaborazione. Un aiuto reciproco che tutto cambia e tutto aiuta a superare.

Insieme ai personaggi di Quando la vita ti dà mandarini, in questa seconda parte sembra crescere anche la serie stessa.

Diciamo (fortunatamente) quasi del tutto addio ai pianti forzati e alle scene da soap opera per lasciare finalmente spazio a una storia che si fa sempre più intensa. Il tema della morte e dell’assenza torna a fare capolino, ma lo fa in modo più empatico, più pieno e consapevole. Non lo viviamo più dal punto di vista di una bambina che si sente abbandonata ma da quello di una donna adulta, madre di due figli che non possono fare a meno di lei. Sono i dettagli in questo senso a fare la differenza: l’inquadratura di un tavolo abbandonato nel bel mezzo del pasto, una posata, una caramella. Una porzione di cibo che viene sempre lasciata lì in attesa – o forse nella speranza – che chi non c’è più torni a prenderla.

Credits: Netflix

Non vi nascondo che ho pianto, poco ma ho pianto. E non vi nascondo di aver seguito gli ultimi 4 episodi di Quando la vita ti dà mandarini con molto più interesse e piacere rispetto ai precedenti. Ma siamo ancora a metà strada, e tanto può ancora succedere. Speriamo che l’inverno non sia troppo freddo, e che ci riservi qualche bella sorpresa.