Una nuova speranza per la fantascienza televisiva, una nuova speranza per tutti gli appassionati. Raised by Wolves è il nuovo show ad alto potenziale (e budget soprattutto) nato dalle solide mani di HBO Max.
Sono stati rilasciati i primi due episodi, in Italia su Sky Atlantic e Now TV, e i presupposti sembrano già ottimi. Partiamo dalle basi: per questi primi due atti alla guida della baracca hanno messo nientepopodimeno che Ridley Scott. Non un novellino nel campo della fantascienza. Alien, Blade Runner e The Martian, una firma di tutto rispetto e una garanzia di successo.
Ambientata in un futuro post apocalittico, dove l’umanità è stata quasi interamente spazzata via da una guerra fra fede e scienza, fra religiosi e atei, il creatore della serie Aaron Guzikowski ha calato le vicende in un pianeta desolato e arido, Kepler-22b. Dove l’ultima speranza dell’umanità (almeno in principio) sembrano essere due androidi, Padre e Madre, e dodici embrioni.
Pandemie, inquinamento e crisi di ogni genere non saranno la causa dell’apocalisse secondo Guzikowski e Raised by Wolves. Sarà la Fede a distruggere la Terra. Non servirà a nulla la tecnologia e lo sviluppo filosofico conseguito, l’uomo continuerà a schierarsi e a lottare senza sosta fino al suon di annientamento, o quasi.
Dopo questo breve, ma sentito, momento di desolazione possiamo cominciare ad analizzare i primi due episodi della serie.
Il primo atto si apre con Madre e Padre che, fuggendo dalla Terra devastata dalla guerra religiosa fra l’ordine religioso del Mitraismo e gli atei militanti, giungono finalmente su Kepler-22b. Dopo un atterraggio non esattamente perfetto riescono a recuperare il necessario e trovato il luogo ideale strutturano un “campo base”.
Qui scopriamo che con loro hanno dodici embrioni umani con i quali poter far nascere una nuova civiltà. Da qui, probabilmente, il sottotitolo italiano “Una Nuova Umanità”.
La trama non perde tempo e corre. In primis vediamo Padre intento a collegare Madre tramite cordoni ombelicali artificiali a sei dei dodici embrioni. Subito dopo vediamo il parto artificiale con il primo colpo di scena. L’ultimo dei sei sembra non respirare e quindi sembra esser destinato a creare proteine per la restante prole. Tuttavia Madre non sembra accettare del tutto la morte del feto e con quello che a prima vista sembrerebbe Amore di Mamma lo salva, dandogli il nome di Campion, in onore del loro creatore.
Il pilot di Raised by Wolves, a questo punto, compie un salto temporale fra morti per incidenti e morti per malattia, che ci porta a dodici anni dopo.
Un solo bambino è sopravvissuto, proprio l’ultimo della cucciolata, il Redivivo Campion.
L’animo intorno alla colonia è completamente diverso, c’è della cupezza chiaramente data dall’evidente fallimento di Madre e Padre e dell’accampamento.
Subito, però, questa patina di blu lascia il posto allo shock della scoperta della presenza di un’astronave in orbita intorno al pianeta. La nave rivela la presenza di mitraici nella zona e quindi un possibile pericolo secondo Madre, in disaccordo con Padre che vede in Paradiso (così si chiama l’arca) una speranza di vita per Campion, suo unico scopo di esistenza.
Padre è sicuro della sua teoria e tenta di contattare la nave senza riuscirci.
A questo punto l’ennesima svolta. Madre, fortemente contrariata dal tentativo e chiaramente malfunzionante, attacca Padre ferendolo e disattivandolo, per poi nasconderne il corpo dagli occhi di Campion e di chiunque altro. Il bambino riesce ugualmente a contattare l’arca in un momento di riposo di Madre e a far, quindi, giungere una piccola squadra di ricognizione mitraica all’accampamento.
Qui bisogna fare una piccola pausa dalla narrazione per dare il bentornato nei nostri piccoli schermi (perché non è mai andato via dai nostri cuori) a Travis Fimmel. Da vichingo a viaggiatore post apocalittico spaziale il passo sembra breve. Forse troppo breve, viste le somiglianze fra i due personaggi. Fa piacere, comunque, vedere Ragnar dopo la vittoria nel Ragnarok.
Ci sei mancato “Vecchio Cinghiale”.
Torniamo all’episodio.
I mitraici credono di trovarsi di fronte al nuovo profeta, nelle vesti di Campion, e decidono di rapirlo. Madre non è eccessivamente d’accordo con loro e uccide tutti i membri della squadra di ricognizione eccetto Marcus (Travis Fimmel), che tenta la fuga grazie alla sua navicella. Anche questo piano fallisce grazie a Madre, che scaraventato Marcus fuori dalla navetta ne prende il controllo e riesce a imbarcarsi nella nave madre, l’arca Paradiso.
Entra con l’inganno nell’arca, spacciandosi per Marcus e disintegra ogni persona sul suo tragitto. Non contenta imposta la direzione della nave spaziale in caduta libera verso il pianeta. Uno scontro all’apparenza mortale, dal quale Madre fugge insieme a dei bambini e torna all’accampamento da Campion.
Una premiere di altissimo livello che ha sicuramente sfidato le aspettative altissime di molti. In pochi pensavano di vedere così tanto sangue già nel primo atto di Raised by Wolves.
Oltre a questo è doveroso dare atto ai creatori sulla qualità della trama e dei personaggi. È adorabile il modo in cui vengono presentati i due droidi. Chiaramente robotici, ma fermamente umani negli istinti. Madre con il suo istinto materno e Padre con la sua gentilezza.
Ma non fermiamoci alla prima puntata, perché la serie va avanti e va avanti mantenendo la qualità che sembra competerle.
Subito un colpo di scena per aprire al meglio la puntata. Si scopre che Marcus non è Marcus, o meglio, il vero Marcus è stato assassinato e poi sostituito insieme alla moglie Sue da due combattenti atei, Mary e Caleb. Quindi veniamo a conoscenza di una specie di spia, o infiltrato, all’interno della fazione che sembra aver vinto.
A questo punto torniamo su Kepler-22b, dove completata la distruzione dell’arca Paradiso, Madre riporta all’accampamento cinque bambini mitraici: Tempest, Paul, Hunter, Holly e Vita. Lo scopo è sempre lo stesso, ma con bambini differenti. Creare una colonia funzionale e viva per proseguire la razza umana.
Madre non si ferma qui, e dopo aver riportato in vita la colonia, fa lo stesso anche con Padre utilizzando i pezzi del drone arrivato insieme a Marcus nello scorso episodio. Non prima di essersi sostituita gli occhi con quelli dello stesso drone, per evitare di danneggiare la colonia inavvertitamente.
Tornando invece al nostro narratore, il sopravvissuto Campion comincia a preoccuparsi sensibilmente delle azioni di Madre, mettendo sempre più in discussione le sue intenzioni e gli atti che compie. Si preoccupa principalmente per i suoi bulbi oculari, delle armi all’apparenza imbattibili. Scopre insieme a Padre il luogo dove Madre nasconde gli occhi e li ruba, ma un inaspettato avvenimento sconvolge i suoi piani.
L’accampamento viene attaccato da degli esseri non identificati, mai visti nei dodici anni precedenti. Padre si fa riconsegnare gli occhi da Campion e grazie a questi Madre distrugge gli intrusi.
La vita sembra tornare alla normalità nella colonia di Madre e Padre, ma nel frattempo veniamo catapultati da Marcus.
Sopravvissuto all’attacco violentissimo di Madre, si riunisce con i sopravvissuti dell’arca e delle navette già presenti su Kepler-22b per costruire una colonia e tentare di adattarsi alla difficile vita sul pianeta.
Primi episodi molto accattivanti, che fanno porre non poche domande allo spettatore. La guerra futuristica religiosa, poi, sembra molto interessante, anche se forse già vista in passato. Ricalca alcune delle nostre guerre attuali e molte nostre guerre passate, ma stupisce come causa della fine del mondo.
Concludendo la recensione su questi primi due atti di Raised by Wolves, le esibizioni di Amanda Collin (Madre) e Abubakar Salim (Padre) sono state sublimi. Hanno intrepretato due robot ben caratterizzati e differenti fra di loro con gli istinti umani.
Anche Winta McGrath, nei panni del giovane, idealista e solitario Campion compie un’opera di interpretazione formidabile in queste prime scene. Diverse le domande intorno a questo personaggio: come mai non è morto in principio? Come mai non si è ammalato come tutti i fratelli? E soprattutto, è il Messia? Domande a cui lo show dovrà rispondere verosimilmente nel corso della serie.
L’elogio più grande, dopo quello a Ridley Scott e alla sua straordinaria regia, va sicuramente all’interprete di Madre. Terrificante e materna, realistica nel suo irrealismo robotico.
Amanda Collin è riuscita nella difficile opera di sembrare amorevole e coscienziosa come una madre, ed allo stesso tempo una killer spietata e senza scrupoli, con uno scopo in mente ben preciso: prevalere.
Adesso rimaniamo in attesa della terza puntata, bramanti di altri colpi di scena.