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Il Reacher di Prime Video manca di carisma ma piace ai fan: la Recensione di una serie riuscita

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Venerdì 4 febbraio 2022, in piena settimana Sanremo, è uscita la prima stagione di Reacher su Amazon Prime Video. Le otto puntate, della durata media di circa una cinquantina di minuti, sono l’adattamento di Killing Floor (Zona pericolosa, tradotto in italiano) primo libro della saga dedicata all’ex poliziotto militare ideato dalla penna di Lee Child, scrittore inglese residente a New York.
Per chi non conoscesse il personaggio di Jack Reacher questa potrebbe essere una serie qualsiasi, da mettere in coda alla lunga lista delle tante proposte da vedere on demand. Ma chi è fan del personaggio, invece, ha aspettato trepidante questa uscita.
Dopo le trasposizioni cinematografiche di altri due romanzi (La prova decisiva e Punto di non ritorno) uscite rispettivamente nel 2012 e nel 2016, c’è stato grande fermento nella community reacheriana quando Prime Video ha annunciato la preparazione di una serie dedicata a Jack Reacher. Soprattutto nella scelta dell’interprete che per la versione cinematografica era toccata a Tom Cruise facendo storcere il naso alla stragrande maggioranza dei fan.
Ma andiamo con ordine.

Le otto puntate sono state dirette da otto diversi registi, tutti con un curriculum seriale alle spalle di notevole rilevanza (tra i quali spicca il francese Thomas Vincent, conosciuto per Bodyguard, Versailles e Possessions). La scelta di non affidarsi a un unico regista per questo primo mini-ciclo sperimentale (al momento non si parla ancora di una seconda stagione, chiaramente. Dipenderà tutto dai dati delle visualizzazioni) è stata presa dall’executive producer Nick Santora che ha voluto come showrunner della serie Cait Duffy, già sua assistente nella serie Scorpion.
Santora e Duffy hanno voluto seguire molto scrupolosamente la trama del libro limitandosi a qualche modifica qua e là per snellire la parte prettamente deduttiva dell’investigazione e cercando, soprattutto, di adattare un testo ricco di riflessioni personali (è scritto in prima persona, infatti) che avrebbero rischiato un inutile appesantimento senza però togliere al personaggio di Reacher il suo lato introspettivo.

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Il cast vede Malcolm Goodwin, già conosciuto per iZombie e I Signori della fuga, nel ruolo di Oscar Finlay, afroamericano laureato ad Harvard ed ex poliziotto di Boston ora capitano e investigatore capo del dipartimento di polizia di Margrave, Georgia; Willa Fitzgerald, già nota per Royal Pains e Prova a sfidarmi, nei panni dell’agente Roscoe Cocklin, giovane poliziotta idealista ma non per questo priva di un sano pragmatismo che l’ha portata a un passo dal diventare un agente dell’FBI; Bruce McGill, già noto per Rizzoli & Isles, nei panni del sindaco Teale; Chris Webster nei panni di KJ, figlio del ricco magnate cittadino Kliner; Martin Roach nei panni dell’agente speciale dell’FBI Picard; e Currie Graham nei panni di Kliner.
Attorno a loro ruotano tutta una serie di altri personaggi decisamente tipici delle ambientazioni dei libri di Child e perfettamente calati nelle rispettive parti: dai poliziotti corrotti agli ex militari ora datisi al crimine o nelle compagnie di sicurezza private, dagli ex colleghi di Reacher al tipico cittadino comune capace di raccontare le vicende del luogo dove è ambientata la storia.

La vicenda, che si svolge principalmente a Margrave, una cittadina inventata della Georgia, non ha grandi misteri e prosegue abbastanza spedita, senza grandi intoppi. Come spesso accade nelle sue avventure Reacher si trova nel posto sbagliato al momento sbagliato. In questo caso, mentre sta facendo colazione con la più buona torta di pesche della Georgia, viene arrestato dalla polizia locale con l’accusa di omicidio. Qualche ora prima del suo arrivo in città, infatti, sul bordo della strada statale viene rinvenuto un cadavere, reso irriconoscibile dalle botte ricevute post mortem. Un testimone ha visto proprio Reacher camminare su quella strada poche ore dopo l’omicidio e ne ha fatto la descrizione alla polizia locale la quale ci ha messo davvero poco per individuarlo.
Reacher, dimostrando un invidiabile sangue freddo, viene portato alla stazione di polizia per essere interrogato proprio da Finlay. E dopo un lungo e totalizzante silenzio, decide di parlare per scagionarsi. Lo fa alla maniera sua, senza mai alzare la voce, senza mai perdere il controllo, dimostrando con una logica deduttiva ferrea non soltanto la sua totale estraneità con l’omicidio ma dando a Finlay diversi spunti investigativi interessanti ai quali l’ispettore capo non aveva pensato.

Finlay

A questo punto, dopo pochi minuti dall’inizio della prima puntata, gli spettatori sono divisi a metà tra quelli che hanno conoscenza di Reacher attraverso i libri di Lee Child e chi non ne ha mai sentito parlare. I primi, fin dalla prima apparizione di Jack sullo schermo avranno stampato sul volto il sorriso di chi si sente a casa propria. Gli altri, invece, probabilmente una smorfia di scetticismo. Perché Jack Reacher, questo Jack Reacher, dà allo spettatore questo effetto ambivalente: ti fa sentire in compagnia di un vecchio amico oppure ti dà la sensazione di essere di fronte a un imbroglione dotato di poteri sovrannaturali. Perché se Reacher dice una cosa puoi star certo che sia andata così. E questa è, nella serie di Amazon Prime Video, una caratteristica ben definita del personaggio, ben traslata e realizzata sul piccolo schermo.
Al di là della storia, un thriller d’azione scritto nel 1997, ossia eoni fa, che però si adatta facilmente ai giorni nostri, Reacher, la serie, è Reacher, il suo personaggio.

Per apprezzare bene la serie, e di conseguenza il personaggio, bisogna conoscere un po’ il Reacher descritto nei libri. Come spesso accade quando si fanno trasposizioni televisive o cinematografiche di personaggi letterari di un certo spessore (e il personaggio di Child lo è essendo protagonista di ben 26 romanzi!) ognuno ha una sua idea. Ma i dettagli che Child dà del suo personaggio sono ben chiari: biondo scuro, occhi azzurri e uno sguardo di ghiaccio, alto 196 cm, pesante tra i 95 e 113 kg con un torace di 130 cm, taciturno, acuto osservatore e dotato di una logica e un intuito praticamente infallibili, probabilmente dotato di memoria eidetica, amante del blues, mangiatore di schifezze e bevitore di caffè nero, con un profondo senso della giustizia e una sete di vendetta. Leale e affidabile è un ex maggiore pluridecorato della divisione di polizia militare dell’esercito degli Stati Uniti, ottimo tiratore, fortissimo nel corpo a corpo, resistente, rapido e letale malgrado la mole non combatte in punta di fioretto per poter ottenere in fretta il miglior risultato con il minimo sforzo.
Per queste precise caratteristiche, e in particolar modo quelle fisiche che dipingono Reacher come un enorme armadio movente, in moltissimi hanno storto il naso nel vederlo interpretato da Tom Cruise e hanno applaudito la scelta di Alan Ritchson. Ma davvero è stata la scelta giusta?

Alan Reacher

Sì. Il Reacher di Alan Ritchson è quello che più somiglia a quello dei libri. Forse manca un po’ di carisma (e in questo Tom Cruise era davvero grande) ma compensa con le movenze di un bisonte che non si ferma davanti a niente, e la battuta non troppo brillante di un simpatico ragazzone di campagna capace di spezzare un cellulare in una mano.
Questo è il Reacher che piace ai suoi fan, che probabilmente hanno divorato la serie una puntata dietro l’altra, senza badare troppo a certi inghippi risolti sans-façon e perdonando piccole sottigliezze perse qua e là che non inficiano il personaggio, apprezzandone invece la solidità granitica dell’insieme.

Reacher, è piacevole, a tratti divertente, sporco e scorretto il giusto. Non ha grandi colpi di scena ma ti obbliga a guardarlo. Per i devoti del personaggio di Lee Child, che sicuramente saranno la maggior parte all’inizio, questo prodotto rende loro finalmente giustizia. Non che i film con Tom Cruise fossero brutti, intendiamoci. Solo quel Reacher non era quello giusto, perché troppo sofisticato, bello, intelligente.

Reacher, in ogni caso, come thriller poliziesco è capace di attirare nuovi adepti. Nessuno si aspetti che inventi qualcosa di nuovo, sia chiaro. Ma la serie è fornita di umorismo scaltro e dispettoso e una incredibile spavalderia e fiducia nei propri mezzi, tanto da risultare facilmente guardabile una puntata dietro l’altra.

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