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Scissione 2×02 – Addio, signora Selvig. Salve, signora Cobel

Severance
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Nella recensione della 2×02 di Scissione torniamo in superficie, riemergiamo dal nostro subconscio. Se il primo episodio della seconda stagione era interamente dedicato agli interni, questa puntata dal titolo “Addio, signora Selvig” ci riporta nel conscio, nella realtà esterna, visibile e consapevole.

Siamo stati interni. Siamo stati nel piano più profondo e inconfessato della nostra mente. Abbiamo vagato nel subconscio, nell’asfissiante mondo del sommerso. Un mondo oscuro e apparentemente scisso dal nostro. Non sappiamo cosa alberga nel nostro intimo, non sappiamo cosa avviene. Eppure pensare che conscio e subconscio siano separati, scissi, è un errore. Perché l’inconscio si solleva, si ribella, spinge per emergere. Per raggiungere il piano superiore, l’esterno della Lumon, il nostro mondo. Ce ne siamo accorti, lo abbiamo visto con i nostri occhi nel finale della scorsa stagione.

E una connessione tra noi e loro, tra esterni e interni, tra conscio e inconscio si è prodotta. Un contatto decisivo. Un rigurgito disperato perché tutto ciò che è sepolto in noi non resti là in fondo. Agitato, arrabbiato, schiavizzato e pronto a sabotarci. In quei meandri bui, in quell’abisso della nostra anima ci siamo noi, niente meno che noi. Una parte non meno degna di noi stessi. Schiavi e liberi, liberi e schiavi. I ruoli e le prigioni si confondono perché Irving, Mark, Helena e Dylan non sono meno schiavi là fuori di quanto lo siano lì sotto.

Conscio e subconscio non sembravano poter parlare ma in qualche modo trovano il modo di comunicare.

Perché il nostro subconscio, volenti o nolenti, ci influenza sempre. Ci disturba, provoca, agita, parla per segni, sogni, immagini. Per fisime, compulsioni e repulsioni. Proprio come la nuova sigla di Scissione che ci mostra ancora una volta, ancora di più, il groviglio inestricabile di noi stessi, scissi eppure fusi in un miscuglio di conscio e subconscio. Nelle disturbanti immagini che si succedono c’è anche Mark che muta e fonde in una pecora. E ancora una volta, come già fatto nella scorsa recensione ci viene da chiederci se non siamo di fronte all’allusione alla clonazione, processo segreto portato avanti dalla Lumon, che spiegherebbe la resurrezione di Gemma in Mrs. Casey e il dipartimento con le pecorelle, novelle pecora Dolly.

Mark si trasforma in pecora nella sigla di Scissione
Credits: Red Hour Productions

Abbiamo provato a sedare il nostro inconscio come Helena. Abbiamo provato a nascondere i nostri drammi e traumi più profondi come Mark in quel piano interrato e separato da noi stessi. E quando sentivamo riemergere l’orrore, apparire in noi i segni pruriginosi del nostro subconscio, come Helena, come Mark, abbiamo provato a rispedirli in basso, a nasconderli di nuovo sotto lo spesso tappeto del subconscio. Scissione è la metafora del disturbo dissociativo.

Se non lo sappiamo, non c’è. Se non vediamo non soffriamo. Pensavamo di tenere in gabbia l’irrisolto e non c’accorgevamo di essere in gabbia noi stessi.

Helena guarda e riguarda l’immagine di Helly che bacia Mark e si accorge di quanto sia più libera la sua interna di lei. Di quanto sia stata più in grado Helly di aprirsi a un sentimento e di ricevere in cambio amore di quanto lei abbia mai fatto e abbia mai potuto ricevere. Helena rimane impassibile di fronte all’asprezza crudele delle parole del padre (“Fetida bambinetta!“, Fetid moppet nell’originale, espressione molto datata che farebbe pensare che nella mente dell’uomo convivono più persone, forse tutti i CEO della Lumon). Helena ha sulle spalle, lo si percepisce, una vita di disprezzo, abuso, isolamento alienante. Vedere la sua interna, cioè il suo inconscio, liberarsi dai legacci dei traumi esteriori per abbracciare la naturalezza di un sentimento la fa sentire schiava.

Lo è di fatto, schiava, incapace di amare e di essere amata, dipendente da una missione che forse porta avanti più che per devozione alla causa per disperato tentativo di un riconoscimento emotivo da parte del padre.

Vedere il filmato di Helly e Mark la pone in contatto con il suo Io più profondo. La rende desiderosa, forse, di riconnettersi con se stessa. Con tutta se stessa. Di amare ed essere amata. E non è quindi un caso se ci accorgiamo, prestando bene attenzione, che quando l’ascensore verso la terra del subconscio si apre ed Helena ne esce non c’è alcun suono. Non c’è il campanellino che segnala l’avvenuta scissione. Davanti a noi, nel primo episodio di Scissione 2, meno sorpresa, sconvolta e disorientata rispetto agli altri potremmo non aver visto Helly ma Helena (che infatti mente ai compagni su cosa ha visto all’esterno).

Helena nel secondo episodio di Scissione
Credits: Red Hour Productions

Schiavo è anche Mark che vive in maniera più reale nel piano sommerso della Lumon, amando, urlando, ribellandosi, di quanto non faccia nella realtà esterna, prigioniero di un dolore che non l’abbandona. Ma quel suo inconscio che sembra guarire, tornare a sorridere e provare amore, pur col pesante sguardo di un dolore sconosciuto, influenza positivamente tutto il suo Io. “Il conforto che Lei gli ha permesso di trovare lì sotto presto si farà strada anche in Lei“, gli promette, subdolo ma sincero, Milchick. In questo episodio, per la prima volta, vediamo il protagonista urlare, imprecare, reagire rabbiosamente anche all’esterno, contro la signora Selvig. Questo cambiamento dall’apatia del dolore, alla rabbia e alla lotta per la verità, è magnificamente esemplificato da un dettaglio.

Nella seconda parte della 2×02 di Scissione, intorno al minuto trentadue, Mark è in procinto di sostituire la lampadina.

Quella lampadina che è sempre stata là, fin dal primo episodio, fulminata e mai sostituita. È il segno di un cambiamento, di una ripresa. Una limpida metafora che ci porta dall’apatia e dalla paralisi della depressione al tentativo di rimettere in piedi la propria vita, di tornare a darsi da fare. E probabilmente non è neanche un caso che sia proprio l’arrivo alla porta di Milchick a impedirgli di completare la sostituzione. Quasi che la Lumon rappresenti un ostacolo, un rimedio facile e quindi sbagliato, al suo dolore sedato in una separazione totale tra conscio e inconscio.

Mark sta per accendere la lampadina in Scissione
Credits: Red Hour Productions

Sedato e schiavo è anche Dylan, incapace di trovare lavoro, guardato con sospetto per essere scisso. La Lumon lo ha reso dipendente, prigioniero senza possibilità di fuga: aver lavorato per l’azienda significa avere una lettera scarlatta e, avendo svolto le sue mansioni come scisso, non aver maturato alcuna esperienza. Non ha altra scelta che salutare il ritorno di Milchick come un dono del cielo. Anche Dylan deve portare su di sé un duro carico, un dolore che pare riconducibile alla moglie, mai inquadrata, forse gravemente malata (il che giustifica il suo sollievo al colloquio di lavoro quando scopre che avrebbe potuto avere benefit di copertura sanitaria).

E infine Irving. In lui conscio e inconscio, ne siamo sicuri, comunicano da molto tempo. Quei quadri che dipinge, quelle ripetizioni asfissianti, immagini di un trauma vissuto nell’inconscio ma pronto a emergere nel conscio, ce lo hanno sempre detto chiaramente. Irv più di tutti prova a riconnettersi con se stesso, a ricostituire quell’identità dell’Io che può esserci solo conoscendo ciò che siamo a tutti i livelli, anche in quelli più inconfessati, del nostro essere. Anche lui, in profondità, ama e vorrebbe amare anche in superficie. Lotta perché questo amore emerga, perché la sua anima guarisca nel sentimento. E quella telefonata ci dice chiaramente che ha trovato il modo di comunicare con se stesso.

La 2×02 di Scissione, dopo un viaggio nell’inconscio ci ha riportato in superficie.

Qui ci possiamo rendere conto del tempo che è passato (non mesi, come Milchick ci aveva fatto credere ma giorni). E scopriamo che la “rivolta di macrodata” non ha mai portato a quel cambiamento che credevamo. E d’altronde il giornale della 2×01 con le trionfanti parole a lettere cubitali “Innies blow the whistle” (“Gli interni vuotano il sacco“) non poteva che essere un falso: la foto che li vede trionfanti su un auto è uno scadente fotomontaggio preso dalla foto di gruppo fatta alla Lumon e da una foto di repertorio del presidente USA Dwight D. Eisenhower a Rio de Janeiro.

Il falso giornale in Scissione
Credits: Red Hour Productions

Eppure, a ben vedere, una rivoluzione c’è comunque stata o almeno è pronta a esplodere. E per la prima volta potrebbe vedere dalla stessa parte interni ed esterni, inconscio e conscio. Nel disperato tentativo di riaprirci all’amore, di abbattere le catene che i traumi hanno legato ai nostri piedi e che ci spingono a fare una tanto facile quanto inefficace scissione tra noi stessi e le nostre sofferenze. Nel tentativo di tornare padroni di noi stessi. Addio maschera di noi stessi. Addio, signora Selvig, salve, signora Cobel.

Emanuele Di Eugenio