Vai al contenuto
Home » Recensioni

Scissione 2×07 – Il cardo ostinato

Scissione
Ma prima di continuare con la lettura abbiamo entusiasmanti novità da condividere con te. È arrivato Hall of Series Discover, l'abbonamento che ti permetterà di accedere a moltissimi contenuti esclusivi, direttamente sulla tua email. Avrai anche accesso a un numero WhatsApp dedicato per parlare con il team di Hall of Series, disponibile 7 giorni su 7 per consigli e indicazioni sulle tue visioni.

La recensione della 2×07 di Scissione parte da due dettagli presenti ai minuti 15 e 30 dell’episodio, capaci di aiutarci a decodificare questa meravigliosa, emotivamente devastante puntata.

Estate. Il sole scalda finalmente un prato in fiore. Là tra tante piante inorgoglite e rinfrancate dalla calura ce n’è una diversa. Reclina il capo, appesa a un sottilissimo filo di forza. È un povero cardo forse umiliato dalla ruota di un carro. Sta là, ripiegato ma a testa alta, stanco ma ostinato, testardamente aggrappato alla vita, deciso a non mollare. Deciso, come il guerrigliero ceceno Chadži-Murat, a fare di tutto per continuare a vivere accanto ai due cardi che lo circondano, accanto alla sua famiglia.

Inizia all’incirca così il poco noto ma intensissimo romanzo di Lev Tolstoj, Chadži-Murat (o: Hadji Murad), libro che vediamo in un breve, rapidissimo frame, attorno al minuto 15 di questa 2×07 di Scissione. Libro sulla resistenza cecena contro l’invasione russa. Il cardo, il simbolo della tenace resistenza, appare, invece, esattamente, non casualmente, aggiungendo altri quindici minuti all’episodio, in un’inquadratura più lenta, misurata, severa. È là, nella casa di Mark e Gemma, ostinato, orgoglioso, testardo nonostante ormai la luce, la calda luce del minuto 15, si sia spenta e il buio stia per inghiottire e soffocare ogni spazio.

Quel cardo è il simbolo di qualcosa e di qualcuno che resiste.

Che nonostante le ferite, le offese, l’ingiusto e indifferente colpo di un carro di passaggio continua a gridare al mondo, agli altri, ai cardi che gli stanno affianco che lui non molla, che lui, da lì, non se ne va. In questo meraviglioso, potente, emotivamente devastante episodio di Scissione vediamo l’amore.

Il libro di Tolstoj
Credits: Apple Tv+

Assistiamo alla nascita dell’amore, all’incontro di due anime che si trovano, scoprono, piacciono. Che ridono insieme, vivono insieme la quotidianità, progettano un futuro insieme. C’è la luce. Non la luce neutra e glaciale della Lumon ma quella calda, pomeridiana e sonnacchiosa dei giorni di riposo. La maestosa regia di Jessica Lee Gagné, fino a questo momento “solo” direttrice della fotografia in Scissione, oscilla tra passato e presente, tra calore e ombra, tra natura rigogliosa e buio invernale. In entrambe, persistente, irremovibile, c’è quel cardo.

È lì, anche quando l’amore vive i suoi momenti più duri, anche quando Gemma e Mark finiscono per allontanarsi, divisi dalla delusione, dal senso di colpa, dalle accuse. Da quel figlio che non arriva, dopo un aborto spontaneo, dopo quelle terapie inefficaci, forse volutamente tali, di una clinica di procreazione finanziata dalla Lumon. Mark demolisce il lettino pensato per suo figlio, Gemma sente il peso ingiusto, folle di una colpa che non può avere.

Il dolore, il rimpianto, la frustrazione si fanno largo in questo episodio di Scissione.

Perché sprechi il tuo tempo così?“, esordisce infine Mark in riferimento alle prove psico-attitudinali che la moglie sta compilando per scherzo e per svago, per distrarsi un po’ dalla pesantezza del reale. “E perché tu stai facendo lo stronzo?“, replica lei. Ancora Mark, con supponenza, con fare passivo-aggressivo, con una provocazione latente: “Secondo me la tua reazione è un po’ eccessiva, Gemma“. C’era stato l’amore, la gioia, la spensieratezza di una vita insieme. Ora c’è rimorso, tensione, dolore.

Eppure quel cardo è lì. Sarà sempre lì, come il cardo del Chadži-Murat di Tolstoj. Simbolo tenace di qualcosa, di qualcuno. Gemma finisce alla Lumon, forse volutamente, in cambio di quelle promesse di felicità e salute che a suo tempo devono aver convinto anche la signora Cobel con la madre. Ci finisce forse forzosamente, selezionata, rapita, tenuta prigioniera perché cavia perfetta per testare, migliorare, implementare il chip della scissione.

Gemma in Scissione
Credits: Apple Tv+

Forse, come nel capolavoro di Michel Gondry, Eternal Sunshine of the Spotless Mind, la scissione è stata per Gemma, come per Mark, un tentativo di superare il dolore. Dimenticare, cancellare, rimuovere l’amore per eliminare la sofferenza che ha portato. Ma quel cardo rimane lì. L’amore, sfacciatamente, testardamente, pur umiliato e ripiegato non finisce reciso. Il cardo rosso di Tolstoj vive in Gemma, nel suo (e di Mark) desiderio irrefrenabile di ricomporre la frattura, di riunire ciò che è scisso e sembra perso.

Gemma e Mark in Scissione come il cardo rosso non abbandonano la speranza, non abbandonano l’amore.

Tanto vicini, come Mark S. e la signorina Casey, eppure tremendamente lontani. Perché la scissione sembra funzionare e l’amore non superare l’ostacolo della mente scissa. Alla Lumon testano in tutti i modi possibili il chip. “Le barriere della scissione reggono?“, chiedono nella sala di controllo. ““, la convinta risposta. Le diverse stanze in cui Gemma vive il peso di un’eternità di infinite scissioni corrispondono nei nomi ai file completati da Mark al pc. Entrambi, Mark e Gemma, sono probabilmente strumenti perfetti, tanto li lega l’amore, per testare l’efficacia della scissione declinata in tutte le sue forme. Che per Kier significa: in tutti i suoi quattro temperamenti, woe, dread, frolic, malice.

Woe è il temperamento associato al dolore: Gemma lo sperimenta dal dentista, in un eterno ripetersi di dolorose chirurgie dentali. Dread è la paura, quella vissuta e rivissuta nella tremenda turbolenza aerea in una delle altre stanze. Infine frolic, lo scherzo, il folleggiare, tipico della stanza natalizia dove i biglietti di ringraziamento da scrivere e riscrivere all’infinito sono scherzose e umoristiche risposte a regali improbabili (la fugatrice elettrica).

Il personaggio della Lumon in Scissione
Credits: Apple Tv+

Manca a questo punto ‘malice‘, la malizia o malvagità. Manca Cold Harbour, il file che Mark sta per completare. Anche se un’anticipazione la vediamo nella cattiveria con cui l’uomo della Lumon onnipresente nelle stanze di Gemma prova a demolire la donna. Le mente. Le dice che Mark si è risposato, che ha avuto un figlio. Prova a colpirla nel modo più crudele possibile su quel tasto tanto dolente per lei.

Ma il cardo è là. Ferito, umiliato, calpestato ma ancora abbarbicato alla terra, alla vita. Alla speranza.

Gemma fugge, prova a risalire, a uscire da quell’inferno sotterraneo più profondo del piano della Scissione. Più profondo del subconscio. Ma come ogni inconscio che prova a riemergere, la memoria svanisce, il noto diventa ignoto. Gemma è lì ma non sa più perché. È lì, al livello di Mark, senza sapere chi è davvero Mark. Inevitabilmente, allora, il dolore che prova a riemergere, il lutto dell’amore perduto che non si dà pace, Gemma, sprofonda nuovamente nel buio dell’inconscio più profondo, ricacciata là dove non può essere ricordata. Là dove niente dovrebbe fare più male.

La signorina Casey
Credits: Apple Tv+

Alla Lumon sono convinti di questo. Sono convinti che scindere voglia dire rimuovere. Rimuovere il dolore di un’operazione odontoiatrica, la paura per una turbolenza aerea, la sofferenza per un amore complicato. Immaginano un futuro in cui ogni evento traumatico, parto compreso come abbiamo visto nel centro nascite, sia rimosso. Ma non si può semplicemente eliminare la cosa. La scissione non lo fa davvero. Semplicemente spinge in basso, nasconde sotto il tappeto dell’inconscio lo sporco che prima o poi, consciamente o inconsapevolmente, come Gemma, è destinato a riemergere in forma di nevrosi.

La risposta, naturalmente, non può essere questa.

La risposta sta là, sempre là, in quel cardo ostinato, ferito e umiliato eppure ancora vivo. Sta in Gemma, in Mark. Sta nell’amore. Nell’idea che anche il dolore faccia parte della vita, che anche la sofferenza di un cardo schiacciato dalla ruota di un borioso carro meriti di essere vissuta. L’idea che nonostante le ferite si possa tener duro e gridare orgogliosamente la propria professione di fede nella speranza.

Mark in Scissione
Credits: Apple Tv+

Alla fine del romanzo breve di Tolstoj Chadži-Murat muore, cade, “Senza piegarsi, a viso in giù, come un cardo reciso alla base dalla falce, e non si mosse più“. Anche nella morte, al duro colpo della falce della Morte, Chadži-Murat come il cardo schiacciato non si arrende, reciso ma non piegato. Così in Scissione l’immagine finale è quella del risveglio di Mark, di chi ha rivissuto tutto. L’amore, la paura, la sofferenza, il dolore lancinante della perdita.

Ma qualcosa è cambiato.

Qualcosa che la regia della (ormai ex?) direttrice della fotografia Jessica Lee Gagné non lascia al caso. Lo ricordate quell’ozioso pomeriggio? Le ricordate le istantanee di una vita fa, di una felicità vissuta nella semplicità di una casa, di sorrisi, di baci e letture impegnate? Là, a quel minuto 15, torniamo d’improvviso. Torniamo all'”ora d’oro”, al momento in cui il sole si impreziosisce del bruno del cielo, diventa dorato, e tutto va bene, e tutto riposa. E tutto scorre lento, placido ed eterno.

Mark riapre gli occhi, colmi di lacrime, e noi siamo là, perché la luce per la prima volta, per la prima stramaledetta volta, non è più il bianco asettico della Lumon né il freddo grigiore in penombra della realtà esterna di Mark. Ora, di nuovo, ancora una volta, un’insperata, devastante, catartica volta torniamo all’ora d’oro. Torniamo al tono caldo della felicità. Al tono caldo della speranza. Al tono caldo dell’amore. A quel sole che torna a brillare un giorno d’estate su un cardo schiacciato, strappato, sfigurato dalla ruota di un carro, eppure ancora vivo e vitale. Un cardo che sa di speranza. Un cardo che nonostante ogni angheria, arroganza e sopraffazione, sa e saprà sempre di vero amore.


Al mio cardo rosso, al mio amore. A Lidia.
Emanuele Di Eugenio