Risentimento. Un sentimento che non rientra certo tra i Nove principi di Kier. Un’emozione che pure scorre lungo tutto l’episodio 2×08 di Scissione. Lo attraversa in lungo e largo, lo taglia come lama affilata. Il risentimento. Lo si percepisce nel degrado di Salt Neck’s, nell’abbandono ossidato delle case, delle vie. Nel silenzio assordante di una città morente, morta, che si regge incerta su anziani sfatti e afflitti da dipendenze.
“La città è molto più vecchia di come la ricordavo“, confessa nei primi minuti Harmony Cobel, ormai di nuovo padrona del suo vero nome (Addio, signora Selvig. Salve, signora Cobel). Il suo, come ogni ritorno, è carico di delusione e risentimento. I ricordi del passato si mescolano in un calderone di rare gioie e tante sopraffazioni, in un tempo, però, in cui la città era viva, attiva, prospera.
Croce e delizia, come sempre in Scissione, è la Lumon che fa e disfa, che costruisce un mondo e non si fa scrupoli di distruggerlo.
Alla Lumon dobbiamo attribuire la fortuna di Salt Neck’s. Alla Lumon la sua mortifera decadenza. Dell’antico splendore non rimangono che relitti, rari e sbiaditi simboli che ricordano che quella, un tempo, era terra della Lumon Industries. Ora c’è solo silenzio, abbandono, corrosione. Le facce consunte di anziani balordi aggrappati al ricordo del passato e alle dipendenze del presente. Ancora una volta, alle loro spalle, si percepisce chiara, nitida, abbacinante la mano divina della Lumon.

All’industria leader di Scissione va attribuita la produzione di etere, il suo consumo, la dipendenza che ne scaturisce. Ora di tanta vita rimane solo questo: un liquido volatile, ipnotico, anestetico dal colore giallo-brunastro che seda le menti, i cuori, delusi, risentiti, rabbuiati dal dramma isolante del presente. Anche per Harmony Cobel sembra non esserci spazio per altro: risentimento e desiderio anestetizzante.
Per lei c’è la memoria felice, luminosa della madre. Di una donna ostinata ma perspicace, dal pronto ingegno e dalle convinzioni chiare. A lei la figlia, Harmony, è stata strappata. Al suo dolce ricordo ma anche alla sua cura, all’amorevole attenzione di una figlia verso una madre malata. Il tutto per un bene superiore. Per un principio incontrovertibile, per un atto di devozione, riconoscenza e speranza verso la Lumon.
Harmony, per bocca di Sissy, aveva troppo potenziale per non dedicarsi anima e corpo alla scuola, per pensare alla madre.
Su di lei si riversava ogni speranza. Su di lei e sulla sua genialità. In quell’invettiva che la porta a postulare giovane, giovanissima, il principio fondamentale alla base della scissione e le sue conseguenze pratiche. Un genio, Harmony, che viene però isolato, stigmatizzato, minacciato di ritorsioni nel caso riveli la paternità della scoperta.

È naturale allora che in lei, in Harmony Cobel, non possa esserci che risentimento. Voglia di rivalsa. Senso di frustrazione e sdegno per la Lumon e per Kier. Lo scenario desolante, gretto, decadente di Salt’s Neck diventa così sfondo emotivo di tutti i personaggi, di quelle anime in pena che vagano come fantasmi sulla scena, tra memorie sbiadite e brutture presenti. Un’afflizione che non risparmia neanche l’ultima vera devota di Kier, quella Sissy che è stata zia severa, intransigente e insensibile verso la piccola Harmony.
Anche lei si mostra avvinta dal tempo, dal risentimento per i fallimenti passati e presenti, abbruttita fisicamente e interiormente dalla folle devozione che straripa nel fanatismo. La ruggine delle pareti sfrante della città industriale è la stessa ruggine che corrode l’anima di Sissy, nella sua acredine verso la nipote che tanto prometteva e tanto l’ha delusa. Su di lei riversava le sue aspirazioni, la smania di successo e riconoscimento da parte della Lumon.
Harmony invece avrebbe solo voluto vivere l’infanzia.
Quell’infanzia che la Lumon ha tolto a tutti imponendo una scuola che assomigliava a lavori forzati e l’uso di etere su minori per renderli resistenti alla fatica. La bruttura di una compagnia industriale che assomiglia tanto a una setta e che non guarda in faccia a nulla, soprattutto all’umanità, pur di perseguire i suoi perversi scopi.

E allora, di fronte a tanto deserto morale e materiale non resta che rifugiarsi nell’etere. Anestetizzare quel risentimento, sedarlo come fa la Lumon con la pratica della scissione. In entrambi i casi il dolore e il rancore restano lì seppur sepolti, seppur, per un’istante, dimenticati. Ma pronti a riaffiorare appena l’effetto svanisce, appena si torna alla pesante, severa realtà dei propri drammi e delusioni. Così è per Harmony ma per ogni personaggio di Scissione che nasconde i propri traumi sotto il tappeto della scissione senza possibilità di eliminarli del tutto.
Harmony Cobel sprofonda nel letto materno, attacca il respiratore e aspira forte, rievoca una vicinanza al genitore che non ha mai avuto, che non ha potuto avere. E cade nel sonno senza sogni che tanto assomiglia alla scissione. Si anestetizza nella droga di chi non sa come risolvere i propri problemi ma cerca disperatamente un rimedio immediato.
Ma la sua forza sta anche nel rialzarsi.
Sceso l’effetto torna anche il risentimento e con esso la forza ostinata di chi è disposta a tutto pur di rivalersi su chi l’ha usata, sfruttata, minacciata e infine scartata. Ritrova le carte che dimostrano che l’inventore della scissione è lei, nessun’altro che lei. Non di certo il santo, venerabile, divino Kier che non ha alcun merito se non quello di approfittarsi degli altri spremendoli fino all’osso.

E allora è evidente che la squadra di Scissione si sia guadagnata un nuovo alleato. Che Harmony sia pronta per affiancare Mark, Dylan, Irving ed Helly in una lotta senza quartiere. In una sfida alle brutture della Lumon, ora così chiare ad Harmony, finalmente uscita dal fanatismo devoto e pronta a battagliare per riaffermare se stessa. Per riaffermare con forza la propria identità alimentata da un violento, sprezzante, bellicoso e vivissimo risentimento.