“È un brutto momento, non devono vedermi così“. Ci sono frasi che hanno semplicemente più di un significato, che si arricchiscono di infinite sfumature, che sprofondano nella tridimensionalità di un’emozione autentica. Dietro questa frase di Kevin Casey in Scrubs, infatti, c’è l’immagine di un dottore alle prese con le sue compulsioni, con l’inconfessabile, insuperabile peso delle proprie nevrosi ossessive. Ma c’è anche quella di Michael J. Fox, del nostro amato, amatissimo, Michael J. Fox che torna sulla scena proprio qui, proprio ora, proprio in Scrubs, provando tutto il peso e la forza del ricordo di quelle parole.
Perché sono quelle parole o parole molto simili che Michael J. Fox deve aver pronunciato all’inizio degli anni 2000 quando le cose diventarono troppo difficili, quando era a un passo dallo sprofondare e nessuno di noi era ancora pronto a vederlo ‘così’. “Ognuno ha le sue croci, J.D., e io non voglio essere quello che le scarica su qualcun altro“. Michael la sua croce non l’ha voluta scaricare su nessun altro. Non l’ha voluta riversare su di noi, innamorati di Marty McFly, innamorati della sua iconica, spontanea immediatezza e ironia. Lui per noi, per tutti noi, era semplicemente un mentore.
Lui ci aveva insegnato da piccoli, molto piccoli che l’orgoglio va sempre messo da parte. Che il nostro futuro ce lo costruiamo qui, ora, nelle nostre scelte. E che dobbiamo costruircelo bello, questo futuro. Perché ciò che rimane di noi è solo questa bontà. Non tanto orgoglio, non tante dimostrazioni di forza. Ci ha insegnato a scrivere le pagine migliori della nostra vita, a scegliere sempre la felicità nostra e degli altri.
Ci ha permesso di tornare indietro nel tempo, di riavvolgere la storia e cancellare le scelte sbagliate.
Abbiamo corso a ottantotto miglia orarie, abbiamo visto dove ci avrebbe portato l’orgoglio. Abbiamo visto un futuro senza speranza, un futuro fallimentare. E abbiamo desiderato tornare indietro. Michael J. Fox, Marty McFly, ce l’ha permesso. Ha fatto un giro intorno alla terra, più veloce della luce e ci ha riportato a casa. Siamo tornati ad un futuro ancora possibile. E ci ha salvato. Ci ha reso felici.
Lo abbiamo amato per questo, lo abbiamo visto e lo vedremo sempre come un mentore, il nostro mentore. Ma poi ci ha abbandonato. Ci ha detto, come in questa 3×12 di Scrubs, che “Quelle nullità che ancora cercano un mentore che gli dia una pacca sulla spalla sono patetiche“. È sparito, e noi siamo rimasti soli. Là, agli inizi degli anni Duemila, senza più un punto di riferimento, nell’incertezza di quello che sarebbe stato.
Michael doveva combattere la sua battaglia, lo sappiamo. E non voleva che lo vedessimo ‘così’. Si è caricato la sua croce impedendo che questo peso finisse anche su di noi. Che l’immagine che avevamo di lui venisse corrotta dalla malattia e dalla paura. L’ha tenuta tutta su di sé, da solo, la sua croce, e ha finito quasi per esserne schiacciato. Dopo tanti premi e riconoscimenti Michael J. Fox era sparito. Non solo per noi ma anche per i suoi cari. Nessuno ne sapeva più nulla mentre tutti lo cercavamo, come J.D., Turk e il Dr. Cox in Scrubs, semplicemente furiosi per essere stati messi a nudo con le proprie debolezze. Il nostro mentore ci aveva abbandonato e aveva fallito.
Michael era lì, sopraffatto da una malattia maledetta ma soprattutto dal peso della consapevolezza di quella malattia.
Incapace ora di tornare indietro nel tempo e cambiare le cose perché ci sono cose che non si possono cambiare. C’era chi diceva di averlo visto completamente ubriaco, fuori di sé barcollante e ridicolo. «Prendevo droghe per nascondermi». Ma noi non volevamo crederci. Continuavamo a sentirlo ma speravamo ancora che il tempo si riavvolgesse e il nostro mentore tornasse da noi. Ci abbiamo creduto, ci abbiamo sperato con tutte le nostre forze. E poi semplicemente siamo andati avanti. Perché non esiste dolore che non può essere dimenticato.
Ma anche se non lo ricordiamo, quel dolore rimane lì, in qualche recesso del nostro inconscio. Rimane il senso di irrisolto che ci prende nei momenti più inaspettati. Siamo sopraffatti da una strana frenesia, ci rigiriamo nel letto, camminiamo senza toccare le fughe delle mattonelle, laviamo e rilaviamo le mani sentendole sporche. E questa irrequietezza non ci abbandona, ci assale e sopraffà. Il cuore batte insensatamente veloce, una pruriginosa ansia ci scorre nelle vene. Chiudiamo gli occhi ma tutto continua a vorticare, ad agitarsi. Non la vediamo ma la sentiamo attorno a noi, dentro di noi: la perdita di controllo.
È il 2004 quando riapriamo gli occhi. È il 2004 quando ci accorgiamo che Michael J. Fox è tornato. Fuggito dall’oscurità dei suoi demoni e pronto a tornare da noi. Siamo lì, in febbricitante ma anche preoccupata attesa, come tutti al Sacro Cuore di Scrubs. E poi eccolo lì, entrare al suono di una musica trionfale. E poi entrare di nuovo. E di nuovo. Perché non riesce a farlo nel modo giusto, nel modo compulsivamente perfetto.
In questa puntata di Scrubs non è il Michael J. Fox che ci saremmo aspettati. È molto di più.
Non sappiamo cosa pensare, non sappiamo cosa abbia da dirci ma lo capiamo poco a poco. Senza parole, senza troppi convenevoli entriamo nella sua storia, nella tremenda malattia che è chiamato ad affrontare ogni giorno e, come J.D., capiamo che “Ammettere le proprie croci è già una mezza vittoria“. Michael era stato quasi travolto dalla sua croce, affogato nell’alcol. Ma una volta toccato il fondo ne era riemerso. Aveva iniziato a convivere con il Parkinson, con l’idea spaventosa, assurda, di un futuro che questa volta non aveva potuto creare per sé, per noi. Si era messo di nuovo in azione. Come Cox in Scrubs credevamo di non rivederlo mai più ma era tornato. Forse non come ci saremmo aspettati ma era tornato.
Aveva creato una fondazione per la ricerca sulla malattia, si era rimesso in sesto e aveva deciso di ricomparire. E la nostra rabbia per essere stati abbandonati aveva rapidamente lasciato il passo a una certa tristezza nel vederlo così, nel sapere tutto e nel compatirlo. Il nostro grande mentore ora ci appariva fragile. “Eppure è incoraggiante guardarsi intorno e vedere cosa devono affrontare le altre persone“, prova a suggerirci J.D. Ma più di questo quello che ci ridà forza è una consapevolezza nuova, più adulta. L’idea che sì, forse il nostro futuro non possiamo controllarlo e prevederlo a pieno. Che non tutto è nelle nostre mani come ci avevano promesso Marty e Doc. Che ci sono casi e circostanze che sfuggono alla nostra volontà. Ma anche qualcos’altro.
L’idea matura, pesante e agrodolce che sta a noi affrontare la vita e non farci travolgere dagli eventi. Che siamo sempre noi che possiamo scegliere di caricarci la nostra croce e trasformarla in qualcosa di positivo. Michael J. Fox ha fatto tanto per lo studio della malattia, ha fatto tanto tornando a mostrarsi, anche ora, anche nel 2023, quando i sintomi sono evidenti e impressionanti. Ma noi non siamo più impressionati come allora, perché non lo è più lui. Non tutto è perduto, Everything’s Not Lost.
Michael ha fatto l’ennesimo ritorno al futuro e ha capito che non è negando la malattia ma affrontandola a viso aperto che avrebbe potuto costruire l’avvenire migliore per sé.
Ora lo capiamo. Ora che lo vediamo stringersi al suo adorato Christopher Lloyd e pure fragile e tremante ci appare l’uomo più forte che conosciamo. E siamo orgogliosi di lui. Siamo orgogliosi di averlo scelto come nostro mentore e che ancora una volta ci abbia insegnato qualcosa, la lezione più adulta che forse non avremmo voluto ascoltare.
Ora non siamo più confusi, non abbiamo più rabbia. E se saltiamo le fughe delle mattonelle, se torniamo a lavarci ossessivamente le mani, se pensiamo che ripetere il nostro nome (Dottor Kevin Casey, Dottor Kevin Casey, Dottor Kevin Casey) allontani spettri irreali è solo perché siamo umani e siamo fallibili e siamo forse malati e deboli e fragili. Ma non abbiamo paura. Non più. E non siamo soli. Non più. Siamo lì con il dottor Kevin Casey, con Marty McFly, con Michael J. Fox. Tutti accomunati dalle nostre malattie, dalle piccole quotidiane ossessioni ma finalmente in grado di affrontare tutto questo, capaci di mostrarci nelle nostre debolezze.
E tutto questo grazie a Michael J. Fox che dopo tanto smarrimento, tanto dolore e tanta paura era tornato per noi, per se stesso, rivelandosi nella sua umanità fragile e sofferente eppure insieme forte e combattiva. Eravamo convinti che dovessimo andare nel nostro futuro per cambiarlo. E invece Michael è venuto nel 2023, si è visto, ci ha visto, commossi e orgogliosi, e ha capito che questa volta il senso era un altro. Era giunto fino a qui non per cambiare ciò che non può essere cambiato ma per accettarlo. Così è tornato indietro, in quel 2004, in quella puntata di Scrubs e ci ha parlato. Là, nella 3×12, nell’attimo in cui il nostro mentore tornato dal futuro ha deciso finalmente di mostrarsi di nuovo e di lottare. Quando ha scelto finalmente, consapevolmente, tenacemente di mettere a nudo tutto se stesso.
Emanuele Di Eugenio
La puntata 3×12 di Scrubs sarà raccontata, approfondita e analizzata anche domani sera, giovedì 27 Aprile alle 21.00 sul nostro canale Twitch: ci trovate sotto il nome hallofseries_com. Vi aspettiamo!