ATTENZIONE: l’articolo potrebbe contenere spoiler su Shōgun, la serie disponibile su Disney+ sul Giappone del 1600!!
C’è un detto giapponese che dice che ogni uomo ha tre cuori. Uno sulle labbra, perché il mondo lo veda. Un altro nel petto, da mostrare agli amici. E infine uno segreto, nel profondo, a cui nessuno arriva. Quello è il cuore che si deve tenere nascosto se si vuole sopravvivere. Anche Shōgun, la serie tratta dal romanzo di James Clavell disponibile in Italia su Disney+, si è presentata con tre cuori. La facciata, costruita perché tutti possano guardarla e ammirarla. Il materiale duro con cui vuole trasmetterci qualcosa, accessibile solo a chi ha la curiosità di andare a fondo. E il cuore originale, le vibrazioni sottili che si avvertono nell’immergervisi dentro e carpirne l’essenza sacra che la pervade, celata sotto la superficie.
La serie creata da Rachel Kondo e Justin Marks è già un successo. Giunta appena al terzo episodio, ha già fatto registrare numeri spaventosi. Con 9 milioni di visualizzazioni in tutto il mondo al momento del suo debutto, Shōgun ha già tracciato un nuovo record per la piattaforma. Già i trailer distribuiti nei mesi scorsi facevano presagire qualcosa di buono. La serie sembra ammantata da quell’aura di epicità che accompagna le grandi opere televisive. L’impianto scenografico e la resa stilistica sono di altissimo livello e basta aver guardato i primi tre episodi per rendersene conto. Shōgun ha appena conquistato l’attenzione del pubblico e la scommessa sarà mantenerla alta fino alla fine.
La serie è distribuita con episodi a rilascio settimanale, disponibili ogni martedì fino al season finale del 23 aprile.
Lo show è ambientato nel Giappone del 1600. Siamo in una fase storica particolare, in un Paese in subbuglio nonostante l’apparente concordia ai piani alti del governo. Dopo la morte dell’imperatore, con l’erede al trono ancora troppo piccolo per assumere il comando, il potere è stato diviso tra cinque membri di un Consiglio ristretto, signori feudali che si sono spartiti l’amministrazione del Paese nella fase di trapasso del potere dall’imperatore defunto al suo legittimo erede al trono. Malgrado la pace di facciata però, ogni signore ambisce a mantenere la propria fetta di potere a discapito degli alleati, creando così delle piccole incrinature all’interno del Consiglio.
E mentre i cinque signori giocano d’astuzia l’uno contro l’altro, il Giappone diventa meta di interesse dei traffici europei. In particolare dei portoghesi, che fissano nei porti giapponesi le basi per i propri commerci. Gli europei, in pieno fervore coloniale, sono convinti di potersi spartire l’intero pianeta piazzando bandierine sulle terre da conquistare. L’estremo Oriente non fa eccezione, tutt’altro. Così la terra del Sol Levante diventa un bersaglio troppo succulento per gli appetiti dei colonizzatori bianchi, visti dai giapponesi come barbari conquistatori da respingere.
A sbarcare sulle coste dell’impero è anche John Blackthorne (Cosmo Jarvis), un navigatore inglese naufragato sulle coste del Giappone dopo aver attraversato lo Stretto di Magellano.
Lui è l’Anjin, il pilota straniero che attira immediatamente l’attenzione dei signori feudali locali, decisi ad utilizzarlo per le loro macchinazioni personali. Yoshii Toranaga (Hiroyuki Sanada) è uno di quelli. Membro del Consiglio dei reggenti, Toranaga è messo alle strette dai suoi alleati/nemici, che cercano di incriminarlo con un pretesto e togliergli il potere. In particolare, è Ishido a insidiare la sua posizione. Entrambi – Toranaga e Ishido – mirano al titolo di Shōgun, la più alta carica militare all’interno delle gerarchie giapponesi. Ma per raggiungere l’obiettivo, ci sono innumerevoli minacce da eliminare e grattacapi da risolvere con astuzia e intelligenza.
La trama apparecchiata da Shōgun sembra promettente e finora ha conquistato l’attenzione del pubblico quanto basta per azzardare i primi paragoni e scomodare i più recenti capolavori della televisione. Sicuramente l’impatto scenografico ha giocato un ruolo decisivo fino a questo momento. Gli ambienti giapponesi sono ricostruiti con grande attenzione. Abitazioni, dimore feudali, prigioni e bassifondi, città e porti, riescono a rievocare le atmosfere di una società antica e affascinante, che sembra rivivere nella maestosa scenografia di questa serie. Gli equipaggiamenti, i particolari della armature, l’abbigliamento, sono ricostruiti con grande maestria e rivestono l’opera della giusta carica cromatica.
Riuscirà la sceneggiatura ad essere fino in fondo all’altezza delle premesse?
È questa la domanda che i fan più curiosi si stanno ponendo. Le lotte per la conquista del potere sono un tema molto “occidentale”, ma l’ambientazione di Shōgun, gli spifferi lasciati aperti su quella civiltà, lasciano con il desiderio di conoscere qualcosa in più di un mondo ermetico e seducente. Al centro dei primi tre episodi, che valgono un po’ da prologo dell’opera, c’è la percezione dello straniero, con un ribaltamento costante delle prospettive. Per l’Anjin, i giapponesi sono barbari da conquistare e sfruttare per ingrassare le tavole di lord e mercanti europei. Al contrario, per i giapponesi, John Blackthorne è un selvaggio rozzo e incivile, abituato a fare il bagno solo quando strettamente necessario e considerato inferiore, arretrato, primitivo. Il capovolgimento costante dei punti di vista sarà uno degli elementi costitutivi di Shōgun, che giocherà sulla percezione dell’altro, del diverso, la sua visione globale.
È ancora troppo presto per tracciare un bilancio netto della serie. Vedremo nelle prossime settimane come si evolverà il rapporto tra Toranaga e lo straniero e quanto ciascuno riuscirà ad avere un’influenza positiva (o negativa) sull’altro. Ma le vicende di John Blackthorne sono solo un piccolo iceberg di un mondo in subbuglio che sta per emergere con prepotenza sulla scena. I traffici dei portoghesi, i loro interessi privati sulle coste orientali, costituiranno un pericolo per la tenuta del Giappone? La lotta intestina nel Consiglio dei reggenti sfocerà in una guerra aperta all’ultimo sangue? Le prime puntate hanno dato indizi significativi sulla carica violenta della serie. Shōgun è un prodotto che non esita, ma azzarda. E le scene delle battaglie e delle uccisioni ci mettono in guardia sul tipo di prodotto che stiamo guardando.
Shōgun non è la rassicurante opera storica che ci si aspetta di trovare su una piattaforma come Disney+ (che ha tante serie davvero belle che si nascondono fin troppo bene nel catalogo). È cruda, schietta, spietata. E anche ambiziosa, parecchio ambiziosa. I paragoni con serie tv come Game of Thrones (abbiamo stilato anche la classifica delle otto stagioni, dalla peggiore alla migliore) o Succession (lo ha fatto il regista) potrebbero alla lunga rappresentare un problema per Shōgun, che invece andrebbe approfondita come opera a sé. Ma gli autori della serie hanno cercato di evocare un certo grado di epicità che, nei prossimi episodi, dovrà trovare riscontro in una trama accattivante e decisa, che sappia arricchire i suoi punti forza e raccontare qualcosa di nuovo, pur narrando una storia vecchia e in buona parte ispirata a fatti reali.