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Spaceman – La Recensione del film con Adam Sandler, ora su Netflix: un viaggio cosmico nella solitudine umana

spaceman
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ATTENZIONE: l’articolo contiene spoiler su Spaceman, nuovo film Netflix con Adam Sandler

Tra le uscite più interessanti dell’ultimo periodo c’è sicuramente da segnalare Spaceman, pellicola fantascientifica firmata Netflix (qui alcuni dei migliori film visibili sulla piattaforma) con protagonista un formidabile Adam Sandler. Il film adatta il romanzo Il cosmonauta di Jaroslav Kalfar (qui il dettaglio del libro) e segue l’astrofisico ceco Jakub Prochazka nella sua missione nello spazio volta a raccogliere delle misteriose particelle. Spaceman è un film che si distacca moltissimo dai dettami del genere. La missione spaziale è semplicemente un leitmotiv per scatenare una profondissima riflessione sulla solitudine e sull’esistenza umana.

Il compito di Jakub, infatti, prevede una lunga permanenza in solitaria a bordo della sua astronave e quest’esperienza, unita ad altri fattori di stress, rappresenta l’occasione per un’indagine approfondita nella psiche del protagonista. La missione dell’astrofisico diventa un viaggio interiore, coadiuvato dall’incontro con una misteriosa creatura, che si fa testimone delle riflessione e delle prese di coscienza del protagonista. Spaceman è un film molto denso, concettuale e filosofico. Una vera e propria gemma firmata Netflix, che presenta in una versione molto peculiare il tradizionale racconto fantascientifico. A tal proposito, qui ripassiamo alcuni insopportabili cliché presenti nei film di fantascienza, lontani da ciò che abbiamo visto in Spaceman.

Spaceman (640x360)
Adam Sandler a bordo dell’astronave in Spaceman

Spaceman è un viaggio nella solitudine umana

La trama di Spaceman è molto semplice ed è quella accennata nell’introduzione. Seguiamo per tutto il tempo Jakub nella sua missione. Lo vediamo alle prese con quell’isolamento forzato e con la crisi che sta vivendo insieme alla sua compagna. Lo stato di abbandono e di incipiente depressione viene rotto dall’incontro con questa strana creatura, una sorta di ragno gigantesco cui viene affibbiato l’appellativo Hanus. Dopo un’iniziale, e comprensibile, diffidenza, Jakub si apre sempre più col suo compagno di viaggio, mettendo a nudo se stesso e le proprie fragilità.

La missione, dunque, si fa viaggio interiore. Questo movimento oscilla tra due poli principali, la solitudine e il senso di colpa, i due tormenti di Jakub che si pongono in stretta correlazione. Tramite i suoi racconti ad Hanus, scopriamo via via il passato del protagonista e soprattutto il trauma che ha vissuto a causa di suo padre. Questo conflitto, mai elaborato, ha logorato Jakub, che per allontanarsi dal tormento ha cercato di fuggire sempre più lontano, isolandosi in questa missione ai confini dello spazio.

Quella di Jakub è una solitudine auto-inflitta, una sorta di punizione generata da quel fagocitante senso di colpa. La narrazione di Spaceman è esemplare nel portare il protagonista del film alla presa di coscienza del proprio tormento. Il viaggio interiore di Jakub, quindi, è una discesa nei più reconditi recessi dell’io, laddove si è soli con la propria solitudine e si rischia di finirne divorati.

La creatura come specchio dell’Io

Ad accompagnare il personaggio interpretato da Adam Sandler nel suo viaggio interiore c’è Hanus, questa creatura che sfugge continuamente alla comprensione dello spettatore. Di lui sappiamo pochissimo, e ci chiediamo continuamente pure se sia reale o meno. Questo però è un mero dettaglio, perché il punto è un altro. Hanus si configura presto come uno specchio dell’Io di Jakub. Anche lui è costretto alla solitudine, racconta che il suo pianeta è perduto e da quel momento vaga per lo spazio. L’incontro con questo “umano pelle e ossa” rappresenta per Hanus una grande occasione di approfondimento e così si avvicina a Jakub.

La creatura di Spaceman è una delle principali peculiarità del film. Non siamo abituati, nel canone classico del genere, a vedere esseri di questo tipo (qui alcuni dei migliori titoli fantascientifici). Hanus ha una profondità empatia e filosofica impressionante. È una creatura che dialoga, ragiona e che si confronta con il protagonista. Non sembra né un essere superiore né inferiore, semplicemente diverso ed estremamente concettuale e razionalizzante. Hanus ragiona sulle intrensicità degli esseri umani, decostruisce le loro convinzioni e i loro pensieri e offre una visione esterna del loro essere. Tramite questo lavoro di Hanus, Jakub si guarda allo specchio e riesce per la prima volta a vedersi, arrivando alla maturazione e alla presa di coscienza che è la meta di questo suo viaggio interiore.

La creatura del film (640×360)

La dimensione onirica di Spaceman

La narrazione di Spaceman attinge moltissimo alla dimensione onirica. Nelle prime battute alcuni sogni di Jakub spargono il seme del dubbio quando arriva l’incontro con Hanus e in molti passaggi il confine tra sogno e realtà si fa sfumato. I ricordi del protagonista fluiscono come un soliloquio, si esprimono tramite visioni e lampi, sempre circondati da quest’aura onirica e trasognante. Questa scelta sottolinea l’interiorità del viaggio di Jakub, ma serve anche a connaturare ulteriormente il personaggio interpretato da Adam Sandler.

Il sogno è espressione del trauma di Jakub. Lui si rifiuta di parlare di ciò che ha vissuto e quindi di razionalizzarlo. Lascia il suo tormento in un angolo della sua mente e questo, comprensibilmente, riaffiora qua e là. La dimensione onirica è, quindi, quella in cui si articola il trauma di Jakub e in cui, al tempo stesso, lui stesso deve essersi riparato in cerca di confronto. L’intenso finale, con la morte di Hanus e la catarsi di Jakub, è il trionfo e l’annullamento di questa dimensione onirica. Il protagonista si connette all’intero universo, elabora il proprio trauma e finalmente sente il fluire del proprio io nella sua totalità.

L’equivoco Adam Sandler

Prima di arrivare alla conclusione di questa recensione, è bene spendere due parole su Adam Sandler, un attore troppo spesso bistrattato. Spaceman è un film che funziona anche, e soprattutto, grazie alla splendida interpretazione dell’attore, esemplare nel trasmettere i turbamenti e le fragilità di Jakub. Non è la prima volta che Adam Sandler si misura con ruoli molto impegnativi, eppure la sua immagine rimane legata quasi esclusivamente a un determinato tipo di commedia. Film come Hustle o Diamanti grezzi hanno mostrato la trasversalità di Adam Sandler, che sicuramente rimane un campione della commedia, ma è anche un attore capace di rivestire al meglio ruoli drammatici.

Un grande plauso ad Adam Sandler, dunque, e anche a Netflix, che ha sfornato una pellicola interessantissima ed estremamente suggestiva (qui alcuni dei migliori titoli della piattaforma). Spaceman è un film intenso, in cui la fantascienza si fa filosofia e il viaggio riscoperta. Tra sogno e solitudine, Jakub deve raggiungere i confini dello spazio per capirsi, per realizzare il suo bisogno di legami umani e per elaborare il proprio trauma. Spaceman è un viaggio intenso anche per lo spettatore, che insieme a Jakub, nella meraviglia dello spazio, assiste a questo viaggio cosmico nella solitudine umana, con la rinata consapevolezza che non è mai troppo tardi e non si è mai troppo lontani per fare pace con se stessi e uscire dalla solitudine in cui ci si abbandona.