Nonostante per noi siano passati cinque anni dall’uscita di Spider-Man Into the Spider-Verse, per Miles Morales e Gwen ne è passato soltanto uno. In Spider-Man Across the Spider-Verse, Miles continua a portare avanti la sua doppia identità, diviso tra la vita di un adolescente pieno di casini e un supereroe idolatrato da tutta la popolazione. Lo stesso vale per Gwen che – a causa del lavoro del padre – si è dovuta trasferire lontano da casa, perdendo di vista Miles e i vecchi amici. Ma per nessuno dei due le cose vanno come vorrebbero: entrambi, nel loro percorso di affermazione, si trovano messi in dubbio dai loro stessi genitori. Le loro storie, inizialmente separate, procedono analogamente e parallelamente, andando a incontrarsi nel mezzo della narrazione.
Se infatti – nel primo film uscito al Cinema – Gwen è un personaggio secondario e che conosciamo soprattutto dal punto di vista di Miles, in Spider-Man Across the Spider-Verse diventerà quasi protagonista al suo pari. Nonostante nel primo capitolo i registi si siano focalizzati molto di più sulle scene action, questo secondo capitolo si è rivelato essere più introspettivo e profondo nei confronti dell’interiorità dei suoi personaggi, andando a scavare nei loro sentimenti e caratterizzandoli ancora più accuratamente.
Phil Lord e Cristopher Miller – sceneggiatori del film – sono riusciti a descrivere in modo unico e incisivo lo scontro generazionale tra genitori che temono di perdere i loro figli e figli che temono di perdersi nel proprio futuro. Non lo fanno attraverso frasi retoriche o lunghi dialoghi, ma decidono invece, di utilizzare i colori. Dal rosso accesso nei momenti di rabbia, al verde-blu nei momenti di sconforto, fino all’arancio rosato nei momenti più calmi. Ogni colore parla per i personaggi senza che quest’ultimi debbano dire neanche una parola. Ogni sentimento viene rappresentato con molteplici sfumature di colori diversi che avvolgono lo spettatore e lo trascinano nella narrazione rendendolo partecipe delle loro emozioni.
Una tematica convenzionale per un film non convenzionale
Il tema del multiverso e dell’eroe che deve salvarlo è un argomento quanto mai abusato negli ultimi tempi. Eppure, nonostante Spider-Man provenga dall’universo Marvel , sono pochissimi i tratti che mantiene in comune con i film della celebre casa di supereroi. Che si chiami poli-multi-universo aracno-umanoide o – come lo chiama Miles – Spider-Verse, in questo caso il Multiverso di Spider-Man è molto più di un semplice espediente che possa giustificare innumerevoli sequel volti al mero fanservice. Si tratta di un elemento funzionale nella trama che gli autori – insieme con la collaborazione di moltissimi artisti – hanno reso in modo unico e mai visto prima, creando per tutto il film una sorta di gioco nascosto con lo spettatore. L’intera pellicola è infatti disseminata di continui riferimenti all’universo di Spider-Man, dai primi fumetti del 1962 fino alla terra futurista del 2099.
A rendere unico il Multiverso di Spider Verse sono gli innumerevoli linguaggi visivi e i differenti personaggi che lo caratterizzano. Ogni universo – infatti – ha il proprio Spider-Man, con i suoi tratti distintivi e il proprio carattere: c’è lo Spider-India Mumbattan, con i suoi colori sgargianti e uno stile netto, o lo Spider-Punk di New London, creato attraverso ritagli di giornale, carta colorata e vecchie locandine punk. Questi personaggi non sono delle semplici comparse volte ad arricchire il ventaglio di personaggi nel film, ma sono figure funzionali nella trama la cui personalità contribuisce al percorso di Miles. Pensiamo – per esempio – a Spider-Punk che, con il suo essere anarchico e controcorrente, sarà uno dei pochi a sostenere Miles, pur facendolo a modo suo.
Un super-eroe pieno di super-casini
Se il Multiverso di Spider Verse si discosta dai modelli che abbiamo sempre visto, lo stesso vale per lo Spider-Man protagonista. Il Peter Parker dei film live-action che conosciamo è sempre stato rappresentato come un personaggio timido e per lo più schivo, ma la situazione per Miles è un po’ diversa. L’adolescente e super-eroe, nonostante gli enormi casini che lo circondano, combatte, ed è determinato a portare a termine le sue idee, seguendo il suo istinto e il suo cuore e inseguendo l’ideale che lo ha mosso da sempre.
Mentre il giovane Miles è pieno di speranza e fiducia nel suo futuro, determinato ad andare contro un evento canonico che potrebbe spazzare via il suo mondo, il tenebroso Miguel O’Hara è tutto il contrario. Forse ormai fossilizzato e rinchiuso nella sua torre di responsabilità e controllo, questo Spider-Man risulta essere il perfetto contrario del protagonista: senza speranza nel poter cambiare il futuro e con un ideale che sembra essere ormai perso. Nonostante ci venga inizialmente presentato come uno dei buoni, con il fluire della narrazione ci risulta difficile inquadrarlo in un’etichetta precisa. Nel tentativo estenuante di tenere tutto sotto controllo, Miguel O’Hara è diventato un super-eroe che sembra più un quasi-cattivo che, senza volerlo, è caduto preda della malvagità pur cercando di fare la cosa giusta.
All’apice dei problemi nella vita di Spider-Man c’è lui: La Macchia. Uno scienziato pazzo – Johnathan Ohnn – che a causa dell’esplosione dell’Alchemax per mano di Miles, si è tramutato nel Vuoto. Tra lui e il giovane supereroe c’è un rapporto profondo: il ragno che lo ha morso proveniva dalla sua dimensione ed è solo grazie a lui se lo Spider-Man Miles è – appunto – Spider-Man. Come un dio creatore che decide di far scomparire dal mondo la sua stessa creatura per punirla della sua sfrontatezza, così il Dottor Ohnn vuole distruggere Miles, punendolo per aver – involontariamente – distrutto il suo stesso creatore. Dietro la maschera del super-cattivo cresce inesorabilmente un ammasso di odio, rancore e risentimento, frutto di previsioni future infrante e una vita costretta all’emarginazione.
Spider-Man Across The Spider-Verse rompe gli schemi del pregiudizio
Nonostante purtroppo sia ancora abituale ritenere l’animazione una categoria e non un genere, la Sony Pictures Animation ha voluto dimostrare tutto il contrario. Rompendo gli schemi di qualsiasi canone artistico, fondendo insieme il fumetto con l’animazione e sperimentando innumerevoli linguaggi visivi differenti, i creatori di Spider-Man Across the Spider-Verse sono riusciti a portare al cinema un film libero dalle convenzioni. Usando l’animazione sono riusciti a parlare di contrasti generazionali, ricerca di identità, crescita e perdita di sé stessi, riportando in ogni singolo momento una vivida correlazione tra i colori e i sentimenti, riuscendo a esprimere tutto questo attraverso il linguaggio visivo. Quello dell’animazione è un genere che può parlare – in modo a volte più diretto – di tematiche importanti e profonde, puntando al fulcro emotivo della narrazione in modo incisivo e diretto, e questo secondo capitolo della serie ne è stata la perfetta testimonianza.