Bentornati con la recensione della 3×09 di Station 19. In questo episodio abbiamo avuto la fortuna di tornare indietro nel tempo con la meravigliosa Victoria Hughes, mentre nel presente abbiamo seguito Pruitt Herrera e Ben Warren compiere un gesto estremamente potente. Nel frattempo il confronto tra Sullivan e un veterano lo spinge a parlare dei suoi problemi con Andy Herrera. La notizia di un lutto, sul finale, demoralizzerà la squadra.
Le condizioni dell’ex capitano, il padre di Andy Herrera, non ci sono sconosciute. Purtroppo il suo cancro è tornato e questa volta è così aggressivo da non dargli possibilità di sopravvivenza. Chad, questo è il nome che simpaticamente Warren dà al tumore di Pruitt, però è proprio ciò che ha permesso ad Herrera senior di aprire gli occhi su una realtà atroce relativa al sistema sanitario statunitense e ai pompieri in pensione. A causa di questo male incurabile, Pruitt trova il coraggio – forse per l’ultima volta – di lasciare il segno.
Dopo aver raccolto gli stivali da lavoro di molti colleghi morti a causa del cancro, colleghi che il corpo dei vigili del fuoco aveva abbandonato nel momento del bisogno, li mette in mostra sulla scalinata davanti alla centrale operativa da cui Michael Dixon gestisce i pompieri di Seattle. Un gesto potentissimo che va di comune accordo con la lotta che contemporaneamente sta combattendo Meredith Grey al Grey-Sloan Memorial. Si battono entrambi per garantire a tutti il diritto alla sanità. Cercano – attraverso espedienti diversi e punti di vista diversi – di cambiare le cose.
La questione, però, non si conclude con Pruitt, ma viene affrontata anche da Sullivan che viene chiamato in un negozio di armi per trattare con un ex veterano che minaccia – con una granata – di far saltare in aria tutto. Il ragazzo non solo è affaetto da PTSD (Post-traumatic Stress Disorder), ma ha subito diverse lesioni al cervello che l’hanno portato addirittura a voler tentare il suicidio. L’uomo, di ritorno dalla guerra, non ha ricevuto il supporto emotivo ed economico necessario per affrontare i suoi problemi, soprattutto quelli di natura medica. Insomma, non c’è un minimo di rispetto nemmeno nei confronti di coloro che si sono battuti in guerra in rappresentanza di un paese.
È una denuncia importante quella che fanno. In questo episodio di Station 19 vengono esposti diversi difetti del sistema sanitario americano. Due situazioni apparentemente diverse, ma che alla base si pongono lo stesso obiettivo: quello di denunciare la tragicità di un sistema che non protegge i suoi eroi, un sistema che sembra prendere in considerazione solo lo status economico del suo popolo e che manca, dunque, di umanità. Un sistema elitario, un sistema che nega uno dei diritti fondamentali dell’uomo: il diritto a ricevere cure mediche. Insomma, un sistema che di dignitoso ha davvero poco.
L’argomento non trova una conclusione in Station 19, ma continuerà ad essere il punto focale anche della puntata di Grey’s Anatomy (qui la recensione). Speriamo, soprattutto considerando il periodo che stiamo passando, che qualcosa cambi negli Stati Uniti, che tutti vengano considerati degni di ricevere cure mediche anche senza avere l’assicurazione sanitaria. Smettiamo di comportarci come sciacalli, cari cugini americani, e cominciamo a comportarci da essere umani.
Emozionante è stata la storyline di Vic Hughes. Adoro Vic, chiunque segua le mie recensioni di Station 19 sa che è tra i miei personaggi preferiti di questa serie e poter scavare nel suo passato è stato davvero interessante. Ho sempre trovato Vic una ragazza molto dolce, ma allo stesso tempo una forte, una tosta insomma. E, dopo aver visto con quanto amore si è presa cura di sua nonna e di quel vecchietto che è arrivato in caserma, me l’ha confermato. Hughes è speciale. Ha un cuore grande e Jackson Avery non se la merita nemmeno un po’. Le parole che ha detto alla figlia del vecchietto con l’Alzheimer mi hanno sciolto il cuore.
Mi sono emozionata davanti al ricordo di sua nonna. Sono rimasta affascinata da quel racconto perfetto che comincia con Vic bambina e sua nonna che si prende cura di lei e termina con lei, ormai grande, che si prende cura di sua nonna. I ruoli che inevitabilmente si invertono e Hughes che diventa custode di quella donna che – solo fino a qualche tempo prima – era la sua custode. Il momento in cui cantano assieme sul palco mi ha fatto versare un’infinità di lacrime. Davvero, davvero, davvero emozionante. Grazie Station 19 per questa storyline, una dimostrazione d’amore meravigliosa.
Mi è piaciuta molto anche Maya Bishop, la mia bambina sta tornando a casa. Finalmente la riconosco. Sarà merito di Carina DeLuca? Credo assolutamente di sì! Speriamo che le cose vadano bene tra loro, sono sulla buona strada per diventare le Calzona di Station 19, speriamo senza le storie di tradimenti e di gambe amputate.
La notizia della morte di Rigo Vasquez mi ha sconvolto. Era un personaggio inutile e marginale perciò non mi sto né battendo il petto, né strappando i capelli come – invece – avrei voluto fare per Ripley, ma mi ha sconvolto perché non riesco a smettere di pensare alle conseguenze che questa morte avrà su Jack Gibson. In che modo reagiranno gli altri vigili del fuoco che continuano a ritenere Gibson responsabile per l’incidente in cui si è ritrovato coinvolto Vasquez? E la questione della moglie? Insomma, c’è un bel po’ di dramma in arrivo per il bel Jack.
Nel complesso ho trovato l’episodio emozionante e non vedo l’ora – considerata la notizia avuta sulla chiusura dell’episodio – di vedere la prossima puntata di Station 19. Certo è che Shonda e Krista stanno lasciando il loro marchio di fabbrica anche qui: Lasciate ogne speranza, voi ch’intrate.
Per questa settimana è tutto, halleloo!