Bentornati con la recensione della 3×14 di Station 19. Questa settimana sono successi alcuni avvenimenti particolarmente degni di nota, uno in particolare riguarda la nostra cara Andy Herrera.
Partiamo proprio con lei: Andy, poco prima della morte di suo padre, ha deciso di sposare Robert Sullivan. Un matrimonio che è sembrato fin da subito troppo affrettato (qui potete leggere la recensione in merito). La gatta frettolosa fa i gattini ciechi, come recita quel famoso proverbio. In questo episodio di Station 19 vediamo emergere i primi dubbi.
Mi sono ritrovata a chiedermi: era davvero così inaspettato questo risvolto? La verità è che i segnali e gli indizi erano disseminati ovunque nelle puntate precedenti. Basti pensare al motivo primario che spinge Andy a tornare tra le braccia di Robert. Ma non è l’ indizio principale, quello più importante ce lo fornisce Diane (qui la recensione del suo episodio), la psicologa del dipartimento, il cui nome – certamente avrete notato – viene fuori durante un dialogo tra Gibson e Herrera anche in questo episodio.
La donna aveva chiaramente detto ad Herrera che – per farla il più semplice possibile – aveva dei daddy issues. Aveva scelto un uomo che era molto simile a suo padre. Ora, è vero, Andy e Robert sono carini, ma la psicologa ha ragione. Quelle di Sullivan e Herrera senior sono due figure incredibilmente simili. È quasi come se, consapevole di dover rinunciare presto a suo padre per via del cancro, Andy avesse trovato qualcuno con cui sostituirlo. Sì, lo so, è orribile detta così, ma è la verità.
Adesso che l’ha sposato comincia a chiedersi se abbia preso la decisione giusta. E, a giudicare da quello sguardo finale, penso proprio che Herrera sia pentita. Povera Andy, in questa stagione non gliene va bene una. Vi dirò, durante la conversazione tra lei e Gibson, per un istante e uno solo, ho pensato che forse fosse lui la persona giusta per lei. Jack, quello che è uno sfigato totale in amore, quello che non ha avuto una vita facile, quello che – ancora oggi – è rotto. Su carta sarebbero come due pezzi di un puzzle che si completano a vicenda pur essendo incredibilmente diversi.
Passiamo a Maya. La cara Maya Bishop che in questa stagione di Station 19 ci scatena emozioni contrastanti. Per gran parte dell’episodio risulta odiosa e fastidiosa, poi la cosa cambia. Finalmente, decide di mostrare un po’ della sua vulnerabilità. Sappiamo che la Bishop è una tosta, sappiamo che è una campionessa olimpica, sappiamo che è super determinata, ma sarebbe bello vedere più spesso il suo lato emotivo. Proprio come è accaduto sul concludersi di questo episodio.
Finalmente sua madre ha parlato dell’elefante nella stanza: il padre di Maya è un campione sì, ma di violenza psicologica. È un uomo malato. Sono bastati alcuni minuti dell’episodio dedicato alla Bishop per farcene rendere conto. E la violenza psicologica è tanto grave quanto quella fisica. Il fatto che per gran parte della puntata, Maya sia rimasta bloccata in uno stato di negazione è l’ennesima dimostrazione di come funzionano questi rapporti. È un abuso continuo quello che ha subito e, siccome mancava l’aspetto fisico, non lo considera tale, nonostante le azioni di quell’uomo l’abbiano profondamente determinata e cambiata. È così sepolta in quella relazione malsana che non riesce ad ammettere l’evidenza.
Spero vivamente che l’argomento continui a essere trattato nei prossimi episodi di Station 19 e che non venga archiviato in due millesimi di secondo solo perché l’episodio è finito.
Continuando con i nostri amati pompieri, voglio parlare un secondo di Ben Warren che, ancora una volta, ci dimostra di essere un amore e allo stesso tempo di avere il complesso dell’eroe. Cosa di cui non ci eravamo mai accorti prima *inserire sarcasmo qui*.
Warren è riuscito a far ammettere a Sullivan il suo problema, riuscendo a trascinarlo anche dal capo Dixon per confessare l’accaduto e denunciare Robert.
Peccato, però, che le cose non siano andate proprio come si aspettava. Il che è disgustoso ed è un esempio di come – alle volte – la sincerità non ripaghi. Il problema è che Ben non ha alcuna intenzione di accettare la sconfitta, ma – preso dal momento – decide di sfidare apertamente il capo dei pompieri di Seattle. Il che potrebbe benissimo essere una missione suicida considerato l’elemento che dovrà fronteggiare. Ad ogni modo, speriamo che Warren vinca la sua battaglia senza lasciarsi travolgere dal momento e dalla dalla tracotanza come ha fatto in passato.
Mi è dispiaciuto vedere poco e niente Travis, Miller e Hughes. Adoro le loro dinamiche e spero non le rovinino con quell’assurda storia di Miller che ama Hughes.
L’episodio, fatta eccezione per le consapevolezze raggiunte da Herrera, Bishop e Gibson, non ha dato molto spazio ai restanti personaggi e questo un po’ di mi dispiace considerato che mancano poche puntate alla fine della terza stagione. Spero vivamente che nessuna delle storie che abbiamo visto oggi venga taciuta per dare spazio al finale e non vedo l’ora di vedere l’episodio conclusivo di questa stagione di Station 19. Dicono, infatti, che avremo degli indizi relativi a quello che sarebbe dovuto essere il finale di Grey’s Anatomy (qui la recensione del finale) se l’emergenza Coronavirus non avesse interrotto le riprese dello show. Girano voci sulla presunta morte di un personaggio di Grey’s, risparmiata a causa del finale anticipato. Ci voleva una pandemia per fermare la furia omicida di Shonda Rhimes e Krista Vernoff, queste serial killer del giovedì sera.
Per questa settimana è tutto, alla prossima, halleloo!