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Stranger Things 2×07 – Il viaggio di Eleven verso casa

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Cosa intendiamo per “casa”? Quale cerchia di persone possiamo considerare la nostra “famiglia”? Prima di tuffarsi sul gran finale, Stranger Things si prende una pausa dalla trama principale e, attraverso una puntata Eleven-centrica, ridefinisce i due concetti, solo apparentemente interconnessi tra loro. Lo fa attraverso un viaggio che la ragazzina intraprende a ritroso, verso le proprie origini.

stranger things 2x07 kali

Prima di tutto, però, è necessario contestualizzare. Stranger Things strizza l’occhio – spudoratamente – a un filone narrativo e cinematografico molto in voga negli anni ’80, quello degli adolescenti nerd in bicicletta, che ha avuto enorme successo, anche perché meglio di tutti ha saputo rappresentare il disagio generazionale e la crisi della famiglia americana, in quanto istituzione.

In particolar modo, pellicole come I Goonies, E.T., Stand by Me, mettono in evidenza la disgregazione del nucleo familiare, oltre che la barriera comunicativa che si erge tra genitori e figli. Sono gli amici a incarnare il concetto più puro di famiglia. Gli amici quelli con i quali, partendo da un antefatto che varia a seconda del genere della pellicola,  si decide di intraprendere un viaggio psicologico, ancor prima che fisico, che segnerà un decisivo passaggio all’età adulta.

È proprio in quest’ottica che va visto il viaggio di Eleven nei sobborghi di Pittsburgh.

stranger things 2x07 eleven

La Eleven della prima stagione aveva trovato il suo posto nel mondo, imparando per la prima volta il valore dell’amicizia e, conseguentemente, di famiglia. Gli stessi affetti le sono stati negati con la segregazione alla quale è stata costretta e che le ha impedito di poter condurre una vita da normale adolescente. Proprio tale condanna l’ha indotta a inseguire un concetto di “famiglia” più tradizionale.

stranger things 2x07 terry

Da qui la ricerca della madre biologica, come abbiamo visto negli episodi precedenti. La bellissima sequenza della 2×05, in cui viene spiegato il delirio psicologico della madre, le impone di rintracciare la sorellastra Kali, altra ragazza dotata di particolari poteri in seguito alle sperimentazioni del Dr. Brenner. Sostanzialmente, l’ennesimo tentativo di trovare una “casa” e una “famiglia”, questa volta intesa come chi può capirla in quanto sua simile.

Kali, introdotta nell’opening della premiére di questa stagione, ha fatto leva sulla sua diversità, relegandosi volontariamente allo status di emarginata sociale (come si evinceva già dalla sua prima apparizione, è una criminale). Lei e il suo gruppo di amici, tutti agghindati come icone degli anni ’80, a testimonianza delle subculture emergenti al tempo, guardano alla vendetta come unica ragione di vita.

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Vendetta di stampo ideologico – è infatti evidente l’avversione al sistema capitalistico – ma anche vendetta come sentimento teso a farsi giustizia del male subito. Kal, infatti, rintraccia tutti coloro i quali hanno partecipato alle sperimentazioni per ucciderli. Proprio su questo punto emergerà la sostanziale differenza con Eleven che, durante il breve ma intenso periodo trascorso al fianco di Mike, Dustin e Lucas, ha potuto ampliare la propria sfera emotiva, sentimentale ed etica.

È proprio dinanzi a un punto di non ritorno che Eleven realizza chi, o cosa, sono la sua casa e la sua famiglia. Ed è da loro che si appresta a ritornare, questa volta per sempre.

stranger things 2x07 eleven fuga

‘The Lost Sister’, come tutta Stranger Things, è un episodio pieno zeppo di citazioni. Kal e i suoi amici richiamano in maniera evidente i Morlock, ovvero i mutanti nemici degli X-Men, che vivono come reietti nei sobborghi di New York. Al tempo stesso rappresentano un chiaro omaggio ad alcuni tra i più famosi videogame di street fight di fine anni ’80, come Vendetta (il look dei cinque è uno sfacciato omaggio) e Target Renegade.

Dal punto di vista della narrazione, tuttavia, si tratta di un episodio non propriamente necessario. Limitandoci all’evoluzione del personaggio, possiamo anche considerarlo uno snodo importante per consentire a Eleven di rivedere le sue priorità. Ma è lapalissiano che l’intento primario sia quello di dare vita a un backdoor pilot di un eventuale spin-off incentrato su Kali, lasciando presagire l’intento di espandere l’universo di Stranger Things.

La cosa potrebbe anche risultare interessante, tuttavia il problema di ‘The Lost Sister’ non è l’idea in sé, quanto la messa in pratica. Il rapporto tra El e Kali non viene approfondito, finendo per rimanere in superficie. Non abbiamo momenti di legittimo confronto tra le due sorellastre, che decidono di accettarsi senza riserva alcuna, in un lasso di tempo davvero troppo ristretto.

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Di conseguenza, tutto ciò a cui lo spettatore assiste, viene percepito in maniera asettica, senza un briciolo di emozione (e, dati gli intenti, era proprio sulla componente emotiva che bisogna puntare tutte le fiches). Non aiuta nemmeno la durata, soli 42 minuti, uno dei minimi storici per ciò che concerne Stranger Things, che ha rappresentato un forte limite, accentuando la mancanza di introspezione.

Il rischio concreto è quello di aver fatto percepire l’episodio come qualcosa di fastidioso, una pausa non richiesta proprio quando Stranger Things stava per giungere al culmine del suo climax narrativo. Compromettendo, di fatto, ogni velleità di spin-off. Ma a questo ci penserà chi di dovere. È più attraente pensare che Eleven stia tornando a casa, dalla sua vera famiglia, lasciando presagire un finale di stagione più intenso che mai.

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Leggi anche – Stranger Things: recensione 2×01 e 2×02