Criminali si nasce o si diventa? In corrispondenza del giro di boa Suburra ripropone l’annosa questione, propendendo nettamente a favore della prima opzione. In tal senso diventa più labile il confine tra cosa sia realmente la suburra: un luogo di perdizione o il posto ideale nel quale dare libero sfogo ai propri istinti repressi? Probabilmente la verità sta nel mezzo.
È in quest’ottica che si può inquadrare il progressivo e inarrestabile declino morale di figure apparentemente insospettabili. Personaggi come Gabriele, o Cinaglia, non soltanto si sono ritrovati a sguazzare nel lato oscuro, ma stanno anche scoprendo quanto questo mondo calzi loro a pennello. A stravolgere la loro prospettiva è bastato un incontro con Samurai, personaggio essenziale per quanto non convincente, marionettista e degno ambasciatore di quel bordello che è la Roma messa in evidenza dalla Serie.
Ma è proprio la capillare rete di relazioni tirata su dal deus ex machina a farci capire come non tutti i criminali siano uguali. E, soprattutto, non tutti agiscono in nome dello stesso fine. Accanto a quelli che hanno reso Roma un posto che “non cambia da 2000 anni“, Suburra si sofferma sull’ascesa dei criminali emergenti come Aureliano, Spadino e lo stesso Gabriele.
Il loro legame non è destinato a durare. Troppi altarini ancora da scoprire (non ultimo l’assassinio di Tullio Adami per mano di Gabriele e metabolizzato da quest’ultimo in questi due episodi), troppe contingenze esterne e imprevedibili. Eppure la loro unione è un grido di ribellione più forte e più puro di qualsiasi alleanza potrà mai stringere Samurai.
Si tratta, infatti, non di un accordo basato sulla convenienza economica, ma bensì teso ad abbattere pregiudizi, retaggio familiare e differenze di classe.
La morte di Tullio Adami ha lasciato un vuoto di potere e sono i due fratelli a contenderselo. Entrambi mal celano l’ipocrisia riguardo a un idillio familiare che non c’è e non può esserci. Non quando entrambi si ritengono legittimati a ereditare il controllo di Ostia. Anche in questo caso emerge una differenza tra chi strizza l’occhio all’establishment del crimine romano, Livia, e chi invece si propone come un capo di rottura, vale a dire Aureliano.
A conti fatti, chiaramente, la disparità di vedute conta poco o nulla: tutte le forme di criminalità sono spregevoli e vanno condannate in egual misura. Nell’universo narrativo di Suburra, tuttavia, Livia e Aureliano non possono essere messi sullo stesso piano: la prima è mossa principalmente dall’avidità, il secondo è, prima di tutto, un idealista, intenzionato a non sottomettersi alle tacite regole che governano Roma (“da 2000 anni“). In tal senso, provare a prendersi l’Urbe partendo da zero, al fianco di Spadino e Lele, è per lui un’ipotesi ancor più affascinante.
Un discorso simile può essere fatto per Spadino. Nel suo caso sono la riluttanza a seguire i rigidi dettami culturali della famiglia e la frustrazione di dover nascondere la propria omosessualità ad avvicinarlo (anche sentimentalmente?) ad Aureliano. A tal proposito la scena della prima notte di nozze è, fino a questo momento, una delle più forti (e riuscite) dal punto di vista emotivo.
In una suburra che tramanda valori esecrabili di generazione in generazione, uno dei fili conduttori di questa Serie è proprio quello dei figli che si ribellano ai padri. Non sfugge a questa logica Gabriele, ahilui, visto che il padre è una delle poche figure positive incontrate finora. Diviso dalle ingombranti – ma legittime – pressioni paterne e il potere seduttivo della Monaschi, egli si rifugia in un’alleanza che lo alletta senza dubbio alcuno. Ma, come si accennava in precedenza, non destinata a durare, in massima parte a causa delle sue fragilità (e dei suoi scheletri nell’armadio).
Nel mentre questo scontro ideologico e generazionale tra vecchi e nuovi criminali ci proietta sul finale di stagione, tutto intorno si mietono le prime vittime.
Dopo la morte di Tullio Adami, è il turno di monsignor Theodosius. La sua dipartita era ormai preventivabile, essendo un personaggio collegato a triplo filo alla trama orizzontale, quella relativa alla spartizione dei terreni sul lungomare di Ostia. In balia ora della Monaschi, ora delle pressioni della chiesa, ma soprattutto dei tre protagonisti, egli si riserva almeno la possibilità di decidere come mettere fine alla sua vita.
La sua uscita di scena, oltre a rimescolare le carte in tavola, riportando l’inerzia a favore di Samurai, chiude simbolicamente un cerchio iniziato nella prima puntata. Il primo incontro di Aureliano, Spadino e Lele col monsignore, infatti, vede proprio loro tre chini sul corpo collassato di Theodosius, in una ripresa dal basso molto simile a quella mostrata in questo episodio, sul corpo, stavolta esanime, dello stesso prete.
E, sempre a proposito della sua morte, la scena in questione può essere presa a simbolo dei limiti strutturali della Serie. La caduta e il tonfo di Theodosius, infatti, sfociano nel grottesco e nel ridicolo, a causa di una scelta registica quanto meno discutibile. Se il risultato è voluto bisognerebbe capire le ragioni dietro a una svolta surreale di dubbio gusto; al contrario, se l’obiettivo era conferire drammaticità al momento, gli autori hanno toppato alla grandissima.
In definitiva Suburra si conferma in crescita dopo l’inizio controverso, senza abbandonare del tutto i suoi punti deboli.
Sono in particolare due i difetti sui quali occorrerà lavorare: l’utilizzo delle intro anticipatorie, il più delle volte, appare inutile o forzato, non sortendo quasi mai l’effetto curiosità. Sembra più una scelta tesa a strizzare l’occhio alla serialità americana, ma senza una funzionalità ben precisa.
Allo stesso tempo va registrato un divario troppo ampio tra le performance di alcuni membri del cast, rispetto ad altri. Se l’interpretazione, ottima, di un Ferrara o un Borghi, ha il merito di valorizzare anche le storyline nelle quali sono coinvolti Spadino e Aureliano, non si può dire lo stesso per ciò che riguarda il Samurai di Acquaroli, o il caricaturale boss siciliano interpretato da Emmanuele Aita.
Al momento questi non appaiono problemi in grado di minare la godibilità dell’intero prodotto, ma se l’obiettivo è quello di alzare l’asticella della qualità italiana, bisogna apportare i dovuti accorgimenti. Non solo nell’eventuale stagione successiva, ma già a partite dai prossimi episodi, salvo sciupare l’enorme impatto emotivo che questo tipo di Serie tende a generare nel suo rush finale.