ATTENZIONE: l’articolo contiene spoiler sulla terza stagione di Sunderland ‘Til I Die
A distanza di quasi quattro anni dalla seconda stagione, su Netflix ha fatto la comparsa il terzo capitolo di Sunderland ‘Til I Die, per l’occasione presentata in una veste ridotta con appena tre episodi. Come si evince facilmente dal titolo, la docuserie segue le vicende del Sunderland, storico club inglese con quasi 150 anni di storia, precipitato negli ultimi tempi nelle leghe minori del calcio britannico. Le prime due stagioni di Sunderland ‘Til I Die sono state a dir poco folgoranti: la produzione Netflix ha seguito la squadra del North East prima nella stagione 2017-2018, conclusasi con la drammatica retrocessione in League One, la terza serie inglese, e poi nell’annata successiva, che ha visto il Sunderland fallire il ritorno in Championship, confezionando quel dramma del fallimento che ha contrassegnato la serie.
La narrazione di Sunderland ‘Til I Die, infatti, finora si era sviluppata intorno a delusioni e fallimenti, che avevano finito un po’ per definire la cifra del club stesso. Questo terzo capitolo cambia il tiro, seguendo la coda della stagione 2021-2022, che ha visto il Sunderland tornare finalmente in Championship dopo quattro anni d’inferno. Questa terza stagione della docuserie di Netflix, dunque, racconta un trionfo, ma nonostante ciò il tono della narrazione non cambia, perché la vittoria viene proposta tramite il filtro della sofferenza e della stessa sconfitta, assumendo così un senso di riscatto decisamente poetico.
Seppur in formato ridotto, e questo come vedremo è il maggior problema di questa stagione, Sunderland ‘Til I Die conferma i grandi pregi dei primi due capitoli, confermandosi una delle docuserie sportive migliori in circolazione e regalando una chiusura poetica alle vicende delle ultime stagioni dei tifosi biancorossi.
Dopo anni di sconfitte, Sunderland ‘Til I Die racconta finalmente un successo
Cambia completamente, come detto, la prospettiva in questa terza stagione di Sunderland ‘Til I Die. Il primo capitolo della serie Netflix è stata un vero e proprio fenomeno, complice anche l’imprevisto epilogo che hanno preso gli avvenimenti in campo. La docuserie ha iniziato a seguire il Sunderland nella sua stagione in Championship dopo la promozione in Premier League con il presumibile intento di raccontare il pronto e trionfale ritorno tra i grandi del club.
Come ben sappiamo, non solo il Sunderland ha fallito il ritorno nella massima serie, ma è addirittura sceso in League One, mettendo a segno una doppia retrocessione davvero imprevedibile e dolorosa. Questo fallimento, unito poi alla mancata promozione dell’anno successivo, ha plasmato un’epica del fallimento intorno al Sunderland, la quale è diventata la cifra riconoscitiva del club e il tono dominante del racconto.
Questa terza stagione di Sunderland ‘Til I Die racconta invece un successo, ma non abbandona il proprio tono. La narrazione inizia con un tremendo 6-0 subito dal Bolton, col conseguente esonero del tecnico Lee Johnson. Da qui settimane d’incertezza, tra la nomina del nuovo mister che tarda ad arrivare e brutte prestazioni in campo, accompagnate da risultati negativi e dal ritorno di vecchi spettri di un passato recentissimo. Sunderland ‘Til I Die sfrutta questo momento per rimarcare il tono tragico che l’ha sempre contraddistinta, e quando le cose iniziano ad andare bene in campo si parla dei problemi societari relativi alla figura del nuovo presidente, il figlio d’arte Kyrie Louis-Dreyfus, figlio dello storico patron del Marsiglia. Il clima di negatività che aleggia intorno al Sunderland permane costantemente, anche quando ci si avvicina al trionfo finale, che cade infatti un po’ dal nulla.
Il racconto della finale play-off col Wycombe occupa gran parte dell’ultima puntata e sancisce la tanto agognata promozione in Championship del Sunderland. Non viene adottato, però, un tono celebrativo, che avrebbe cozzato con le atmosfere di tutta la narrazione, ma piuttosto si punta sulla commozione, con passaggi memorabili come lo stato che canta la dolcissima Can’t Help Falling in Love di Elton John, o il funerale del super tifoso Ian Wake. Anche nel successo, Sunderland ‘Til I Die non rinuncia alla sua vena drammatica, mantenendo fortissima l’identità precisa che l’ha sempre contraddistinta. l’ha incoronata come una delle migliori docuserie sportive di sempre.
Poco tempo, ma tanto cuore
La terza stagione di Sunderland ‘Til I Die ha solo un grandissimo problema: il poco tempo a disposizione. Gli episodi sono solo tre e chiaramente non possono né coprire un arco temporale troppo lungo, né andare a fondo su tutte le componenti. Il lato sportivo viene ampiamente sacrificato, si arriva ai play-off in maniera rapida, tanto che chi non è avvezzo alle specifiche del calcio inglese non ne capirà moltissimo. Viene mantenuto però quel focus, prezioso, sul legame che intercorre tra la squadra e la comunità.
Sunderland ‘Til I Die conserva la propria identità sottolineando questo aspetto, facendo vedere, ancora, la totale interconnessione tra il club e i propri tifosi. Il filtro della sconfitta e del fallimento serve proprio a rinforzare questo aspetto, perché la retorica di fondo aderisce all’idea che le difficoltà plasmano l’amore e ogni sconfitta, ogni delusione e ogni fallimento, lega ancora di più il tifoso del Sunderland alla propria squadra. Questa promozione, infatti, assume un significato ancora più grande in virtù del tempo passato ad attenderla.
Uno dei temi più interessanti, accennato soltanto ma comunque valido da sottolineare, è quello relativo alle problematiche di tutti i lavoratori che orbitano intorno al mondo del calcio. Spesso questo aspetto si sottovaluta, si pensa ai calciatori e ai loro stipendi, senza considerare che dietro agli stipendi milionari c’è tanta gente che letteralmente vive grazie al calcio e le difficoltà sportive dei club il più delle volte si riflettono anche sui semplici lavoratori. L’inferno sportivo vissuto dal Sunderland si è proiettato su tutta la comunità e pure su chi con quel club lavorava. Anche questo è uno spunto interessantissimo, purtroppo sacrificato dal poco tempo a disposizione.
Francamente non sappiamo se la corsa di Sunderland ‘Til I Die sia conclusa qui, o se ci sarà un’altra stagione. Questa stagione con appena tre episodi sa molto di chiusura, per cui possiamo prenderci un istante per celebrare una docuserie incredibile, una delle migliori narrazioni sul calcio, e sullo sport in generale, che si possano trovare in giro. Se fosse la fine, questa terza stagione è la chiusura perfetta di un cerchio, con Netflix che ha preso il Sunderland in Championship e dopo quattro anni d’inferno la lascia nuovamente in Championship. Se fosse la fine, Sunderland ‘Til I Die ci mancherà terribilmente, perché raramente si è visto un modo così intenso, delicato e appropriato di raccontare lo sport.