Attenzione: evitate la lettura se non volete imbattervi in spoiler sul finale della prima stagione di Ted Lasso
“Believe”. Crederci. Credere, in noi stessi. Credere, in un’umanità da abbracciare e non da rigettare. Credere, nei miracoli. Al di là della ragione e di ogni sensato approccio a una realtà tangibile. “Believe”, ripete continuamente Ted Lasso. Un mantra, la roccia al quale appigliarsi nei momenti più difficili. Un manifesto d’intenti che campeggia ovunque, in ogni momento. Domina lo spogliatoio del Richmond, dentro un foglio giallo da tenere sempre a mente. A casa dell’improbabile allenatore, fin sullo specchio del bagno per spingerlo alla realizzazione dell’ultima impresa di giornata: il corretto e ostinato utilizzo del filo interdentale. Leggerlo e rileggerlo, per non dimenticarlo mai. E ritrovarlo nello spirito di una squadra che sembra destinata a morte certa da parte di chiunque pensa che la speranza, in realtà, non faccia altro che ucciderti. Lo pensa chiunque nella Terra d’Albione, ma non quello strano yankee sbarcato dall’altra parte dell’oceano per aggrapparsi ancora una volta alla dolceamara imprevedibilità della vita. “Believe”, nelle bizzarrie e nelle tenere follie di uno Special One che lotta per vincere fuori dal campo. Special One, Special Lasso.
La portata principale di un genio del calcio che di calcio di non capisce niente. Eppure ne ha capito tutto, pur non riuscendo mai a cogliere il misterioso senso di un fuorigioco e delle vorticose logiche delle tattiche applicate. D’altronde, un altro Special One – uno che i campi da gioco li frequenta sul serio da decine d’anni – sostiene da tempo che chi capisca solo di calcio non capisca niente di calcio, e chi siamo noi per dargli torto? Special Lasso sia, allora. Per superare le peculiarità di uno sport attraverso l’applicazione di uno sport completamente diverso e dare forma a un sogno impossibile: la salvezza. Tutti insieme, uniti in una pazzia. Coesi al punto da giocare a football nel momento decisivo di una partita di calcio fondamentale. Per crederci, per essere una vera squadra. Per dare un significato ancora più profondo a una singola parola che pervade ogni singola sfumatura di un bellissimo season finale. E convertire un fallimento – sportivo – in un’esperienza di vita di grande successo.
Si esprime così The Hope That Kills You, decimo e ultimo episodio della prima stagione di Ted Lasso.
Attraverso una sintesi ideale dei temi cardine di una comedy nata nel 2020 per stupire il mondo e regalarci uno spazio sicuro, rassicurante, avvolgente come la coperta di una nonna. In cui la speranza gioca un ruolo chiave atto a smentire la sentenza evocata fin dal titolo, e in cui il Richmond compie l’ultimo passo per stringersi intorno a un allenatore dalla fede instancabile e portatore di messaggi di fratellanza solo apparentemente scontati. “Believe”, quindi, diviene un urlo che non si piega mai alle avversità del campo e supera ogni ostacolo, anche le delusioni più cocenti. Persino una dolorosissima retrocessione arrivata a un soffio dal fischio finale, quando tutto sembrava esser andato miracolosamente al posto giusto e la salvezza pareva essere ormai acquisita dopo l’assurdo 6-0 del Crystal Palace. Ma non conta, non conta più di tanto: finché si troverà il senso dell’unità e nessuno verrà abbandonato al baratro della solitudine, una sconfitta non sarà mai una vera sconfitta. E rappresenterà una base di partenza per un domani ancora più roseo in cui risalire, riconquistare uno spazio nella lega perduta e provare addirittura a vincerla dopo esser stati forgiati dal fallimento: come dicono gli olandesi, d’altronde, “ogni svantaggio ha il suo vantaggio”, e Ted Lasso l’ha capito fin troppo bene.
La comedy targata Apple Tv+, quindi, non si piega agli usuali cliché sui quali si poggiavano normalmente le sit-com di un tempo, rinuncia a una conclusione degna delle più banali commedie e getta il cuore oltre l’ostacolo, dandoci una coltellata al cuore dopo averci illuso per un’intera puntata e aver persino trasformato quella che sembrava una vacua speranza in una rocciosa certezza. Per mano di Jamie Tartt, uno dei personaggi più sfaccettati e controversi della prima stagione, che rappresenta – apparentemente – l’elemento paradossale in cui si sublima la filosofia di Ted Lasso, punito dalla stessa in un drammatico effetto boomerang: l’attaccante, tornato al Manchester City dopo esser stato mandato via dal Richmond al quale s’era tanto legato, infatti, dimostra di non arrendersi mai fino all’ultimo istante, non smette di credere nella possibilità di vincere e mette al tappeto l’allenatore con un assist. Non un gol, come avrebbe voluto il terribile padre, bensì un assist, come avrebbe voluto Ted Lasso. Una durissima prova per il tecnico, pronto a dimettersi per il bene della squadra, eppure insufficiente per fargli rimettere in discussione le sue ferree convinzioni: anche in quel momento, Ted non smette di crederci. E in quel momento inizia a credere seriamente in lui pure Jamie, uno che aveva un gran bisogno di trovare una figura paterna di quel tipo e che “non camminerà mai più da solo”.
C’è spazio per il dolore, in The Hope That Kills You, ma anche per la gioia. C’è lo spazio per una retrocessione che avrebbe fatto a pezzi ogni altra squadra, ma anche per tante promozioni. Se da un lato Ted Lasso scopre il senso di un risultato sportivo da non dimenticare mai anche quando le priorità sono altre, dall’altra Nate diventa a tutti gli effetti un coach e si appresta a intraprendere una nuova vita che lo condurrà verso lidi del tutto imprevedibili: per molti versi, incontrollabili. Ma non è tutto: Rebecca mostra di aver finalmente superato – almeno in parte – il dolore per il divorzio mentre Roy, chiamato alla difficile prova del ritiro dopo una lunga e gloriosa carriera da protagonista assoluto, si consola tra le braccia dell’amata Keeley. In ogni singolo personaggio c’è una sfumatura positiva e una più negativa, così come a ogni retrocessione corrisponde una promozione. Quella del Richmond, costretta all’esilio in Championship e a ricominciare da capo con la consapevolezza di aver dato vita a un percorso straordinario, a suo modo unico. Finalmente una vera squadra che può mettersi in testa di tutto, persino di vincere un giorno la Premier League appena persa.
Lo afferma Ted Lasso con l’aria di chi sta evocando i capitoli futuri di questa intensa cronaca sportiva, nel momento in cui Rebecca gli rinnova la fiducia e mostra di volergli dare una fiducia pressoché incondizionata, conquistata in un contesto in cui era stato chiamato per scherzo e per dar vita a una ridicola catastrofe, e non si può non credergli anche se ogni dato razionale sembra andare nella direzione opposta: con questo spirito, diventa possibile anche l’impossibile. E diviene sensato ambire a uno scudetto nello stesso istante in cui si è retrocessi in una lega meno prestigiosa. Sembra essere poco realistico, ma in fondo lo è molto più di quello che sembra: quando in panchina si siede uno che di calcio non sa niente ma arriva a spiegartelo con una tale cura, diventa doveroso sospendere l’incredulità e affidarsi alla misteriosa energia di un sogno intangibile. Stretti in un abbraccio Coi compagni, tutti insieme. Per essere dei vincenti. Ed essere i primattori di un fallimento di successo. Prima di trasferirsi dentro un rettangolo verde e ridere in faccia a ogni avversità.
La puntata 1×10 di Ted Lasso sarà raccontata, approfondita e analizzata anche giovedì sera 13 Aprile alle 21.00 sul nostro canale Twitch: ci trovate sotto il nome hallofseries_com. Vi aspettiamo!