ATTENZIONE: questo articolo contiene SPOILER sulla 7×05 di The 100
In questo nuovo episodio di The 100 abbiamo finalmente la risoluzione di un conflitto che, in sordina, dura da almeno due stagioni e una serie di piccoli segnali che fanno ben sperare in un’uscita in grande stile per la serie.
Le tre linee narrative principali avvengono su Nakara, Bardo e Sanctum, ma non tutte hanno la stessa forza e riescono a convincere a pieno. È meglio iniziare dalla più “debole“.
Nel momento in cui Clarke, Raven, Niylah, Jordan e Miller sono arrivati a Nakara la loro trama si è trasformata in un mix innovativo tra Aliens e Pinocchio: scoprendo che lo scopo di questo posto disabitato è fondamentalmente quello di un ossuario (o meglio, cimitero), i ragazzi si avviano verso il monolite che permetterà loro di saltare verso il pianeta di Bardo. Ovviamente nel raggiungere questo obiettivo più di un incidente crea qualche difficoltà: in primo luogo un essere alieno – creature che raramente abbiamo visto nella serie – attacca Raven e le danneggia la tuta; poi, Clarke e Raven vengono divise dai propri amici scoprendo di essere all’interno dello stomaco di un altro stranissimo alieno!
È sicuramente apprezzabile l’originalità dell’espediente che permette finalmente un confronto faccia a faccia tra le due ragazze: se Raven è sempre stata pronta a giudicare pesantemente l’altra per le proprie azioni moralmente ambigue, è nel momento in cui i ruoli s’invertono che la capacità di empatia di Clarke dimostra quanto sia importante come personaggio e come protagonista.
È infatti di fronte al tragico dubbio di essersi meritate una fine così (ovvero venir mangiate da un mostro in un pianeta estraneo) che le due riescono a parlare delle proprie coscienze: azioni buone e azioni cattive dipendono dalle motivazioni per cui vengono fatte. Gli omicidi compiuti non sono da prendere alla leggera, ma anzi con la consapevolezza che fossero l’unica scelta per assicurare la sopravvivenza di quante più persone possibili.
In un mondo come quello di The 100 non si possono applicare le regole di una democrazia pacifica perchè si è ancora in guerra: sia tra gruppi eterogenei di persone che non vogliono collaborare, sia contro armi nucleari sempre pronte a distruggere l’umanità. Le scelte difficili ci sono e, in un mondo del genere, probabilmente ci saranno sempre. Bisogna però farsi forza e compierle comunque per il bene di tutti.
Questo momento di confronto, sebbene non significhi una completa risoluzione dei problemi tra di loro, rappresenta un momento che aspettavamo da ormai due stagioni: Clarke e Raven sono molto diverse, ma sono legate assieme dalla stessa determinazione. Speriamo che, d’ora in poi, ci sia anche maggiore comprensione.
Per il resto, la trama di Nakara si risolve autonomamente a fine puntata. Uno spunto interessante riguarda la scoperta fatta da Miller e Niylah prima del salto nell’Anomalia: i morti presenti sul pianeta portano l’effigie della Seconda Alba, una setta nata poco prima dell’Apocalisse sulla Terra.
Questa notizia non fa che confermare che gli abitanti di Bardo siano arrivati sul pianeta direttamente, ma gli sceneggiatori dovranno essere molto bravi a unire i fili considerando quanto detto nelle scorse stagioni su questo culto.
Parlando di Bardo, l’episodio inizia con un bellissimo montaggio di Diyoza: nei suoi 45 giorni di prigionia la donna non si è fatta travolgere dai molteplici tentativi di tortura, ma ha continuato a tenere duro con un solo obiettivo in mente, cioè liberarsi e tornare da sua figlia Hope.
In una fortuita coincidenza che un po’ ci aspettavamo, l’ex Navy SEAL riesce a liberarsi il giorno stesso dell’arrivo di Gabriel, Echo e sua figlia. In una bellissima reunion familiare possiamo avere un altro accenno del legame creatosi tra Diyoza e Octavia. È bello vedere come tutti quegli anni su Skyring abbiano cambiato i rapporti tra questi personaggi pur permettendo loro di mantenere la propria letalità: una famiglia di assassine non è certo quello che ci saremmo aspettate, ma è comunque una scena commovente.
Chi invece non è riuscito a formare un legame davvero importante sono Echo e Gabriel: già nelle scorse recensioni pareva evidente un crescente attrito tra i due. Se la presunta morte di Bellamy ha completamente distrutto l’evoluzione di Echo, è un dispiacere vedere come non ci sia capacità di redenzione per quest’anima tormentata. Non sarà una fine pacifica quella della spia della Ice Nation e forse va bene così. Non tutti devono riuscire a redimere i propri crimini, semplicemente non è credibile.
D’altro canto è curiosa la scelta di Gabriel di tramortire i propri compagni e arrendersi agli abitanti di Bardo: se a primo impatto può sembrare una scelta fatta di buon cuore, non è difficile immaginare che ci sia sotto qualcosa di più. D’altronde non dobbiamo dimenticare l’origine del suo personaggio: per amore di Josephine ha ucciso innumerevoli persone e fondamentalmente creato l’immortalità che fino a poco tempo prima aveva permesso la nascita del culto dei Prime come vere e proprie divinità.
Sebbene Gabriel si sia pentito di questa scoperta e abbia iniziato a contrastare attivamente i propri compagni millenari, rimane comunque un uomo di scienza pronto a tutto per avere risposte: la sua scelta assume dunque una sfumatura di tradimento agli occhi dello spettatore, ma staremo a guardare quale sarà la verità.
La parte forse più interessante di tutta questa puntata è stata quella vissuta su Sanctum. Senza la presenza della maggior parte dei protagonisti, la situazione stava precipitando velocemente.
Il bisogno di riavere il controllo e il comando di Wonkru aveva portato Indra a richiedere l’aiuto di Madi nonostante non fosse più il Comandante. La ragazzina, però, non poteva più adempiere a questo compito troppo grande. È un sollievo vedere l’evoluzione, seppur lenta, di un modo di fare assolutamente senza scrupoli: l’idea di farsi guidare da una bambina e di esporla a una responsabilità del genere era assolutamente agghiacciante.
Il popolo di Wonkru non aveva bisogno di un Comandante, ma di un leader e in questo nessuno poteva assumere il controllo meglio di Indra: il suo personaggio è spesso stato bistrattato in The 100 in quanto avrebbe meritato molto più spazio, ma le sue caratteristiche principali sono state sempre presentate con un fascino innegabile. La determinazione, il sangue freddo e la capacità politica non sono da sottovalutare. In più, come un perfetto Stannis Baratheon, Indra è colei che più rifugge il potere. E proprio per questo è la giusta opzione per guidare, decidere e controllare le sorti di Sanctum.
Parlando di Sanctum e di potere, Sheidheda sta muovendo i pezzi sulla propria scacchiera con una maestria da non sottovalutare. Nella scorsa puntata è stato scoperto da Indra (che ha aspettato questo episodio per rivelarlo a Emori e Murphy), ma ciò non lo ha fermato dalla sua personale ricerca di comando. In una mossa estremamente astuta l’uomo ha trovato la giusta leva che, potenzialmente, potrebbe portarlo a cambiare le proprie sorti: i figli di Gabriel.
In un bellissimo dialogo tra Sheidheda e Nelson, i due si confrontano su quello che vogliono: se lo scopo principale del primo è l’acquisizione di potere, il secondo richiede solo giustizia per sè e per tutte le persone morte per colpa dei Prime. Il discorso culmina allora in un possibile accordo che potrebbe lasciare Wonkru in balia di più rivolte.
L’obiettivo di Sheidheda? Eliminare Clarke. Con questa mossa pensa di poter gettare Sanctum nello scompiglio e approfittarne per mostrarsi come l’unica soluzione per la sopravvivenza.
In un crescendo di pericoli, dubbi e domande The 100 deve essere in grado di collegare molti avvenimenti fra loro senza perdere questo ritmo serrato e affascinante. Una sfida molto difficile da portare a termine, ma che renderebbe questa ultima stagione un vero e proprio gioiello.