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The 100 7×10 – Un piccolo sacrificio

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ATTENZIONE: questo articolo contiene SPOILER sulla 7×09 di The 100.

Dopo una pausa di tre settimane (l’ultima recensione qui) la nuova puntata di The 100 doveva essere un’esplosione di azione, colpi di scena e risposte, ma purtroppo si è rivelata poco più di un episodio filler.

Questo ritmo lento e prevedibile non giova assolutamente alle trame attive: da un lato Clarke è riuscita a muoversi dalla stanza del monolite senza però fare chissà quali scoperte o azioni, mentre su Sanctum la presa di potere di Sheidheda non riesce a rendere come dovrebbe, annoiando gli spettatori a morte.

Alcuni colpi di scena – e due morti particolarmente inaspettate – hanno però salvato l’episodio e sollevato alcuni importanti dubbi. Vediamo più nel dettaglio cosa è successo nella 7×10 di The 100.

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Volendo iniziare da un grande problema di questa stagione, la trama di Sanctum procede senza un vero filo logico: se prima l’oasi rappresentava l’ultimo baluardo della razza umana nell’universo – e che quindi andava conquistato per assicurare la sopravvivenza dei nostri protagonisti – ora questo pianeta satellite sembra portare più problemi che altro.

In questo episodio Sheidheda esce allo scoperto e chiama a sè i Grounders riuscendo a recuperare il proprio potere di Comandante appellandosi alle tradizioni che hanno assicurato alla sua gente la sopravvivenza sulla Terra. La sua astuzia e crudeltà, però, non trovano un vero e proprio nemico e risultano un po’ troppo drammatici. È stato bello vedere la scena di combattimento tra lui e Indra – che sia nelle modalità di girato che nei ritmi ha ricordato moltissimo le lotte tra Roan e Lexa delle scorse stagioni -, ma dopo una seconda Apocalisse risulta molto anacronistico questo ritorno al sangue, alla divisione e, in fin dei conti, alla violenza.

Indra decide alla fine di inginocchiarsi e arrendersi per amore di Madi, ma questo sacrificio non riuscirà ad assicurare alla ragazza la salvezza. Sebbene sia comparso di meno in questo episodio, è Murphy l’eroe della giornata che riesce a portare in salvo le persone a rischio, cercando così di guadagnare tempo nella speranza del ritorno dei suoi amici.

Tuttavia, lui ed Emori continuano a non essere i protagonisti di questa trama rimanendo inutilmente nelle retrovie: questa scelta comporta un certo distacco da ciò che succede su Sanctum, poiché le persone coinvolte sono state introdotte recentemente e non portano con sé un bagaglio emotivo tale da rendere vitale per gli spettatori la loro sopravvivenza.

In generale, questa lotta per il potere sembra ormai futile quando è palese che il pianeta di Sanctum non sia l’unico abitato da umani. Il bisogno di mantenere alta la tensione costringe gli autori a dover gestire in maniera alternata le molteplici pedine messe in campo: in questa puntata, infatti, il focus è tutto sui Grounders e i sopravvissuti al massacro di Sheidheda mentre altri gruppi instabili – come i galeotti della Eligius e i figli di Gabriel – sembrano magicamente spariti.

Da questo si denota una difficoltà nel gestire contemporaneamente più imprevisti in maniera realistica. La situazione potrebbe cambiare nel momento in cui le diverse trame si troveranno a riunirsi tra di loro.

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Bardo d’altro canto è la vera rivelazione di questa stagione: un pianeta con una tecnologia al limite del fantascientifico e con capo un carismatico personaggio venuto direttamente dalla Terra di centinaia di anni prima.

Finalmente dopo quattro episodi Clarke riesce a fare qualcosa di diverso dal puntare una pistola a Cadogan nella stanza del monolite, ma il suo personaggio sembra sempre più snaturato: nell’abbracciare Octavia non le viene dato il tempo di elaborare il lutto per la perdita di Bellamy, ma si dimostra di una forza quasi titanica.

In fondo è un peccato che, in un momento così privato e intimo non ci sia permesso di vedere queste due donne condividere un lutto per il loro punto di riferimento.

Chi invece ruota esclusivamente attorno al proprio dolore è Echo: nella volontà pura e semplice di vendicare la morte dell’uomo che amava, la spia della Ice Nation vuole eliminare tutti gli abitanti di Bardo tramite l’utilizzo di un’arma biologica che ha distrutto tanti decenni prima la popolazione autoctona del pianeta.

Durante i momenti salienti, non sono Octavia o Clarke a convincere Echo del proprio errore, ma sorprendentemente Raven: in questo caso sono i sei anni passati assieme nello spazio a risolvere la situazione per il meglio. Lo spirito di vendetta che sembra muovere il personaggio dall’interno è però eccessivo: nell’affermare che Bellamy avrebbe fatto la stessa cosa se a morire fossero state Octavia o Clarke, Echo dimostra di non conoscere davvero l’uomo che amava.

Quando nelle scorse stagioni Bellamy è arrivato a vendicarsi tramite atti di violenza così importanti ha sempre pagato le conseguenze, psicologiche e non, delle sue azioni: distruggere un intero pianeta non è neanche equiparabile con la morte della terza stagione degli abitanti di Mount Weather poiché, in quel caso, era una scelta dettata dal bisogno di sopravvivere. Sebbene Echo alla fine non compia questo gesto estremo, sarà difficile immaginarla di nuovo tra le schiere dei buoni.

echo e raven

D’altro canto è Hope la vera mina vagante in questa puntata: dopo che la madre ha ricercato il perdono e la misericordia degli abitanti di Bardo è lei a mettere in repentaglio tutto e a uccidere non solo Anders, ma anche sua madre. In una performance davvero notevole, Ivana Miličević riesce a comunicare fino alla fine l’amore sconfinato di una madre nei confronti di sua figlia, sacrificandosi per salvare non solo tutti gli abitanti dalla morte certa, ma anche e soprattutto rimediando all’errore della persona che più amava.

Diyoza era uno degli ultimi personaggi importanti introdotti nelle scorse stagioni, ma anche quello più completo e complesso: da terrorista senza scrupoli a madre e amica, è stato un vero dispiacere vederla morire sebbene la sua morte sarà sicuramente un avvenimento fondamentale non solo per la puntata, ma anche per il necessario cambiamento di Hope.

Con sole sei puntate rimaste in questa stagione, The 100 si avvia ora alle battute conclusive: la possibilità che Jordan abbia individuato un errore nella traduzione delle scritture di Cadogan è un interessante sviluppo che risolverebbe la questione ambigua dell’Ultima Guerra da combattere di cui Clarke è la Chiave. D’altro canto bisogna scoprire come queste trame così diverse riusciranno a ricongiungersi e, cosa molto più imprevedibile, che fine hanno fatto i personaggi scomparsi: Bellamy in primis, ma anche Gaia manca all’appello.

Se questa non fosse l’ultima stagione, molti degli errori nella scrittura e nella gestione del tempo risulterebbero meno importanti, ma in quello che dovrebbe essere il canto del cigno, The 100 sta fallendo miseramente e rischia così di snaturare i veri temi e i personaggi tanto amati dai fan.

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