ATTENZIONE: questo articolo contiene SPOILER sulla 7×12 di The 100.
Quando Bellamy ha chiuso lo scorso episodio (recensione qui) tradendo i propri amici senza esitare, The 100 ci ha dimostrato che in questa serie non bisogna fidarsi di nessuno. E che il lavaggio del cervello funziona davvero.
Il protagonista maschile che più volte ha dimostrato la propria fedeltà e il proprio amore nei confronti degli altri personaggi è ora in grado di tradirli? A maggior ragione per un credo che ha come vertice il leader di una setta? L’unica motivazione per una scelta del genere poteva riguardare un doppio gioco: Bellamy sta fingendo per salvare i suoi amici.
In questa nuova puntata, purtroppo, abbiamo scoperto che questa speranza era mal riposta. Non è un rassicurante doppio gioco ma, anzi, riguarda un sacrificio enorme fatto per il bene dell’umanità.
Vediamo nel dettaglio cos’è successo.
L’incipit della nuova puntata è stato un po’ disorientante: dopo aver vissuto con Bellamy il suo viaggio/pellegrinaggio sul pianeta più impervio mai visto è stato strano ritornare su Sanctum dove la situazione è sempre la stessa da quando è iniziata la settima stagione.
Ora che Indra si è inginocchiata a Sheidheda non c’è molto altro che può succedere in questa storyline: il Comandante ha assunto il controllo del pianeta e chi decide di opporsi al suo regno viene ucciso. È stato un peccato vedere morire in questo modo tutti i figli di Gabriel, ma d’altronde non potevamo aspettarci qualcosa di diverso da loro: vivendo in linea con i propri principi non avrebbero potuto far altro se non rimanere liberi, anche se il prezzo da pagare era la morte. L’unico sopravvissuto, ironicamente, è Gabriel stesso che è però lontano anni luce su un altro pianeta.
Emori e Murphy in questa parte della trama stanno dimostrando il loro vero valore: dopo aver “tradito” i propri amici durante la scorsa stagione, dovevano assolutamente riprendere il sentiero verso la redenzione che entrambi avevano iniziato ormai da tempo. Questa presenza così positiva e rassicurante, però, non cancella la loro astuzia e il loro mordente: se l’una non si ferma due volte dal colpire alle spalle l’infiltrata della Eligius IV, l’altro decide di ferire ancora di più la prigioniera ricordandogli le ultime parole del marito Hatch che mai si sarebbe piegato a lavorare per Sheidheda.
L’unica seria preoccupazione può riguardare l’epilogo per questa bellissima coppia: uniti da quando si sono incontrati, riusciranno a sopravvivere al finale di stagione o rischiano di morire? Magari in un estremo atto di sacrificio? Speriamo che questo dubbio si riveli infondato.
Un’ottima scelta a livello di scrittura è stata quella di dividere i personaggi in micro-gruppi. Octavia e Clarke, ad esempio, hanno avuto l’occasione di confrontarsi, scoprendosi simili: entrambe con un passato tragico, entrambe disposte a tutto per salvaguardare l’innocenza delle proprie “figlie adottive” – rispettivamente Hope e Madi – entrambe distrutte dal tradimento di Bellamy, l’uomo di cui si fidavano. Lo sguardo che Wanheda ha rivolto al suo migliore amico quando è entrato nella loro cella con delle guardie appresso è stato così eloquente da riuscire a convincerci che la scelta del maggiore dei fratelli Blake non era una copertura, ma era tutto vero.
D’altro canto, anche i nuovi arrivati della serie sono riusciti nell’intento di farci capire meglio i loro punti di vista: l’incontro tra Jordan e Hope – entrambi cresciuti in solitudine, entrambi cresciuti sentendo le storie al limite del mito dei nostri protagonisti – è servito ad aprire una porta per l’elaborazione del lutto e del pentimento della figlia di Diyoza. Dopo la morte di sua madre, il pericolo è vederla scorrere inesorabilmente verso il punto di non ritorno, ma come lo stesso Jordan ha affermato il sacrificio delle scorse puntate è servito a salvarla dal commettere l’errore più grande della propria esistenza.
Un momento molto toccante per due figli di un’umanità ormai dilaniata dal bisogno di sopravvivenza.
L’avvenimento più importante e vitale di questa puntata è stato il ricongiungimento delle storyline in un’unica grande trama: l’arrivo degli abitanti di Bardo e dei loro prigionieri su Sanctum è, allo stesso tempo, un momento molto atteso e molto temuto in questa stagione finale di The 100. Nel momento in cui Cadogan ha appreso che Clarke non è la chiave che stava tanto aspettando era naturale immaginare che sarebbe tornato su Sanctum a cercarla: sicuramente, però, non poteva aspettarsi un incontro con un Comandante sanguinario e violento come Sheidheda.
Le cose iniziano a farsi interessanti e potremo finalmente mettere a confronto due modi di vivere e sopravvivere opposti: da un lato gli abitanti di Bardo sono discepoli e assassini provetti, ma sono caduti in una specie di trappola circondati dai Grounders che, dall’altro, sono più violenti e irascibili e poco propensi a fidarsi di chi non è come loro.
L’unica persona che manca all’appello e di cui abbiamo perso i contatti completamente è Gaia: sparita nella quarta puntata (ne abbiamo parlato qui), è di fondamentale importanza. Lei, assieme a Clarke, è l’unica a sapere dove sia seppellita la Fiamma che tanto disperatamente cerca Cadogan. Se la sua scomparsa è un mistero che ancora dobbiamo risolvere, il tempo ormai sta finendo.
È più ragionevole sperare in un lieto fine o aspettarsi una tragedia di sangue che, si sa, in questa serie non ci vengono mai risparmiate? L’intero esito dell’ultima stagione dipenderà da come sapranno gestire questi ultimi episodi.
Mancano solo 4 puntate alla fine di The 100, ma siamo ancora in alto mare: si deve ancora capire se e quando ci sarà questa fantomatica Guerra, non sappiamo come si risolverà il problema dei Grounders-Bardoniani e chi riuscirà a sopravvivere.
Dobbiamo incrociare le dita e… avere fede.