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The 100 7×15 – La maledizione di Game of Thrones colpisce ancora

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ATTENZIONE: questo articolo contiene SPOILER sulla 7×14 di The 100.

Se questo penultimo episodio di The 100 ci ha insegnato qualcosa è che la “maledizione di Game of Thrones” – ovvero la distruzione totale di senso dei personaggi, delle dinamiche e della trama – può colpire qualsiasi serie tv senza lasciare prigionieri, rovinando irrimediabilmente il ricordo di un prodotto molto amato. Se dovessimo descrivere in poche parole l’episodio potremmo dire che è successo davvero poco di importante e quel poco è stato comunque in grado di innervosire gli spettatori per l’inconcludenza e l’assurdità delle dinamiche create.

The 100 non è mai stata famosa per la sua capacità di mantenere alta la verosimiglianza, ma queste puntate stanno toccando vette ancora inesplorate: dalla sparizione sospettosa di due personaggi all’ennesimo discorso di empatia completamente irrealistico, la fine non si prospetta rosea per questa serie.

Vediamo cos’è successo in questa puntata.

The 100

L’unica parte dell’episodio che è riuscita a mantenere alta la tensione e ha conservato un po’ dell’essenza originaria della serie riguarda sicuramente i personaggi di Murphy, Emori, Jackson e Raven: dopo il finale shock della puntata precedente, Emori sembra condannata a una morte lenta e tragica.

È questa disperazione che attiva Raven e soprattutto Murphy nella ricerca e scoperta del monolite nascosto nel bunker, l’unico oggetto capace di portarli a Sanctum, dove Jackson potrà cercare di salvare la ragazza. Nonostante faccia un po’ storcere il naso questo improvviso bisogno di un luogo sterile per operare – dov’era questa urgenza quando operavano per terra? -, le dinamiche di questi personaggi sono cresciute e cambiate tanto. Nella prima stagione non avremmo mai pensato che sarebbero stato così legati fra loro, ma questo rapporto risulta autentico e concreto.

È apprezzabile, soprattutto in coerenza con gli episodi precedenti, che Emori sia pronta a sacrificare la propria vita per permettere agli altri di fermare Cadogan: è da un po’ di tempo che il suo personaggio ha attuato una trasformazione lenta da egoista a magnanima. L’unica persona che potrà rispettare le sue volontà però non è Murphy – che, ammettiamolo, preferirebbe vedere il mondo bruciare che perderla – ma è l’amica con cui ha condiviso 6 anni nello spazio e con cui, irrimediabilmente, ha creato un legame fortissimo: Raven assume quindi un ruolo più tragico poiché tutto l’arco che il personaggio ha attraversato fino ad ora (a partire da questa scelta) l’ha portata a questo momento. Quindi, non sappiamo in quale pianeta arriveranno: avrà fatto una scelta più egoistica volendo salvare la sua amica o avrà deciso di porre al primo posto il destino di tutta l’umanità?

Entrambe le risposte avranno risvolti importanti sui personaggi che, a conti fatti, sono stati trattati con tutto rispetto a differenza di altri.

Grandi assenti in questa puntata sono Echo e Niylah: dopo il crollo del bunker non sappiamo cosa sia successo alle due donne. Sono vive? Sono isolate dagli altri? Perchè non le abbiamo viste in questo episodio? La gestione del minutaggio lascia molte perplessità.

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La parte peggiore di questa puntata, ma potremmo dire dell’intera settima stagione, riguarda il personaggio di Clarke, ormai un’ombra di ciò che era. Da quando Madi è entrata nella sua vita è sempre stata una delle più alte priorità del personaggio, ma più volte è stata superata la sottile linea tra l’essere anche una madre e l’essere caratterizzata esclusivamente in quanto tale: il discorso con Gaia dimostra anche la differenza tra queste due donne.

Se nel primo episodio erano entrambe allo stesso livello, ormai la situazione si è radicalizzata: Clarke non riesce a pensare ad altro che non sia recuperare sua figlia, anche se quest’ultima è andata volontariamente da Cadogan per salvare tutti gli altri. E, piccola nota positiva, questo comportamento ricalca perfettamente ciò che la nostra Wanheda ha sempre fatto per gli altri, mettendosi in pericolo pur di salvare tutti.

Anche la piccola scena tra Octavia e Hope ha avuto il suo giusto peso: con tutti questi salti nel tempo potrebbe passare di mente, ma i due personaggi hanno vissuto per ben 10 anni assieme, unite ormai da un rapporto che per molti versi si potrebbe descrivere materno.

Ecco allora che risulta ancora più grottesco e insensato ciò che queste due “madri” pensano di fare nella seconda parte della puntata: quando ritrovano Madi completamente immobile a Bardo pensano che non ci sia più nulla da fare per la ragazza. La ricerca di Cadogan nella mente della ragazza per trovare il codice capace di avviare l’Ultima Guerra ha forzato quelli che sono i limiti umani e hanno intrappolato la ragazza, cosciente, in un corpo ormai incapace di rispondere.

Molti spettatori inzialmente avevano immaginato un risultato completamente opposto (e più comprensibile): Madi ormai cerebralmente morta e abbandonata lì. Invece, in una scelta tanto crudele quanto discriminatoria, gli scrittori hanno preferito rovesciare il problema. La situazione diventa assurda nel momento in cui Clarke, con una risoluzione sospettosamente veloce e assurda, decide che la cosa migliore sia uccidere la figlia.

Clarke

The 100 è stata anche una serie in cui tutti i personaggi – e sicuramente le mamme in primis – hanno dovuto compiere scelte difficili per sopravvivere: però questa scelta presa così velocemente risulta forzata. A maggior ragione perchè, in una delle ultime scene, dall’occhio di Madi sembra scorrere una lacrima, possibile indizio di una ripresa all’ultimo momento. Il danno, però, è stato fatto.

L’ultimo episodio (girato poco prima della chiusura dovuta al Covid) ha ancora molte situazioni da risolvere e sembra impossibile che in 50 minuti si possa ottenere un finale soddisfacente per tutti. Ecco dunque che la maledizione di Game of Thrones colpisce anche The 100: i personaggi sono stati snaturati e ridotti a marionette utili per la trama; gli eventi si succedono con una velocità eccessiva, mentre molti minuti vengono sprecati in scene filler senza capo nè coda; e, infine, i protagonisti vengono radicalizzati o eliminati esclusivamente per stupire gli spettatori.

In quest’Ultima Guerra – o, come suggerito da Jordan, Ultimo Test – vedremo se le follie fanatiche di Cadogan hanno una effettiva base o risultano le ennesime assurdità di un culto, ma ciò che abbiamo perso è ormai irrecuperabile.

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