Il sesto episodio di The Boys 4 segna una pausa comica nella narrazione ma nello stesso tempo ci mette di fronte alla natura profonda di ogni personaggio in scena.
Le 120 giornate di Sodoma venne composto nell’angusto, brullo, maleodorante buco di fogna di una prigione francese. Venne scritto su uno squallido rotolo composto da più fogli di carta incollati e avvolti. Tenuto nascosto in un anfratto oscuro tra i mattoni delle fredde mura della Bastiglia. E mai luogo poteva adattarsi meglio a questa meravigliosa enciclopedia della perversione. In quella prigione, in quella ripugnante cloaca lo aveva scritto il Marchese de Sade non pago degli scandali che aveva già destato e che lo avevano condotto lì. La storia del manoscritto è un viaggio filologico tra i più affascinanti tra smarrimenti, passaggi di mano e riscoperte inattese. Le 120 giornate di Sodoma resta nell’ombra dalla caduta della Bastiglia fin quasi allo scoppio della seconda guerra mondiale per poi riemergere e inondare di nuovo il mondo di indignazione e ribrezzo.
Già la bigotta, puritana e solo formalmente libertina cultura illuminista aveva rigettato gli scritti di de Sade come mostruose aberrazioni, degne della fama del suo autore, inviso tanto ai monarchici, quanto ai repubblicani e poi perfino a Napoleone. De Sade era, insomma, il volto oscuro dell’età dei Lumi, quell’estremo irrazionale che urlava la sua presenza in un mondo che vedeva nella luce della ragione la vera strada per dipanare le tenebre del terrore. The Boys 4 decide di non voltare lo sguardo a de Sade, di non bruciarne e cancellarne il perverso insegnamento come pure qualcuno ancora proponeva nel secolo scorso.
The Boys 4 guarda faccia a faccia la perversione.
Lo fa con gusto sadico, splatter, tra buchi da profanare, asfissie autoerotiche e liquidi pronti a spalmarsi su tutta la telecamera. Non è certo una novità per una serie che non si è mai tirata indietro fin dalla primissima scena del pilot, fin dal sangue misto a materia cerebrale della fidanzata di Hughie schizzato sul protagonista (e già abbiamo visto Le 5 scene più disturbanti dei primi tre episodi di The Boys 4). E non è una novità che, come per de Sade, questo eccesso abbia una funzione molto chiara.
Non certo morale. Non una critica esplicita ma un modo per rivendicare l’inestirpabile follia dell’uomo, l’immancabile irrazionale in un’epoca, la nostra come quella illuminista del Settecento, impregnata di iper razionalità. Il tema dominante di questo sesto episodio di The Boys 4 come delle 120 giornate di Sodoma del marchese de Sade è la perversione. La volontà di mettere a nudo l’uomo, di liberarlo delle convenzioni perbeniste dietro cui si nasconde e mostrarlo nella sua natura più viscerale e depravata.
Tutti in questo episodio di The Boys 4 mettono in luce le proprie perversioni, tolgono la maschera e rivelano i loro reali propositi. La narrazione rallenta, le battute e le scenette si moltiplicano, i personaggi staccano dalla serietà della propria missione e riprendono fiato. E noi tiriamo il fiato con loro dopo una serie di episodi pesanti, tutti incentrati sulla forte critica socio-politica al nostro mondo.
Ma attenzione a vedere in questa 4×06 solo un piacevole intrattenimento.
È proprio la sospensione quasi totale dell’azione, il rilassamento nostro e dei personaggi (pensate a Sister Sage lobotomizzata) che aiuta a sollevarne le perversioni. In un’enciclopedia di sadismo vediamo moltiplicarsi sulla scena ogni forma di stortura. Si va dalle depravazioni sessuali di Tek Knight, Ashley e Webweaver (uno spider-man sodomita) a quella morbosa di Firecracker, disposta a tutto pur di legare a sé, nel degenere bisogno materno, il suo Patriota (Antony Starr svela da dove deriva l’ossessione di Patriota per il latte materno). E nuove perversioni non risparmiano neppure gli altri protagonisti della serie.
A cominciare da Butcher che sadicamente infierisce sul suo prigioniero. Gode con il ghigno di Jeffrey Dean Morgan, che scopriamo essere il suo ghigno, nell’imprimere sofferenza. È questa la vera natura di Butcher? È come gli rivela quella cinica parte di sé nient’altro che un sadico torturatore, perché “Al vero me piace sentirli urlare“? O è l’uomo morale che si manifesta nel volto e nelle parole di Becca? Forse sia l’uno che l’altro, perché nell’uomo, ci insegna de Sade, convive l’illuminismo razionale e la dionisiaca orgiastica perversione sadica.
Ma Butcher in The Boys 4 dovrà scegliere, dovrà decidere a quale parte dar retta, se scegliere il “bene superiore”, la ragion di stato di cui parlava Patriota nello scorso episodio, a costo di un olocausto di Super o la via dell’imperativo morale. Una scelta che Homelander ha già compiuto. Nei suoi occhi, nell’ennesima grande interpretazione di Antony Starr, c’è quel particolare che non sfugge. C’è la brama, la fame di potere che già assapora. Si inumidisce le labbra, se le lecca. Gli occhi gli si illuminano all’idea di poter trovare l’appoggio che cerca.
E quell’appoggio lo trova.
Anche lui è chiamato a spogliarsi delle giustificazioni che si è costruito. Di quei complotti a base di “clandestini transgender che faranno di tutto…“. “Si risparmi queste ca**ate per gli idioti che guardano VNN“, lo interrompe prontamente una invitata all’esclusivo party. E allora Patriota cala la maschera e si mostra in tutta la sua umana perversione. Nell’idea di un colpo di stato che affossi la democrazia e inauguri un’oligarchia di potenti.
Come afferma la Neuman, “Non ci sono nazioni. Le grandi imprese hanno i veri superpoteri“. Eccoli i potentati di cui parlavamo nelle scorse recensioni, i veri Super che controllano il mondo, i monopoli commerciali e politici del presente.
A loro si rivolgono Patriota e Victoria, su di loro possono fare affidamento per un golpe che cambierebbe il volto dell’America, il volto del mondo.
C’è un’attrattiva perversa nelle parole della Neuman, un fascino sadico quando afferma che “I padri fondatori non si sono mai fidati delle masse perché le masse in verità sono stupide. Chi ha una tazza “vivi, ridi, ama” non può entrare nella gestione di un Paese“. Verrebbe quasi da darle ragione. Non riusciamo a negare che la nostra inconfessata perversione sia di non credere più al funzionamento della democrazia davanti a un mondo che pare quello preannunciato profeticamente dal film Idiocracy.
Ma poi ci ricordiamo che il tempo attuale è fatto già di potenti che decidono al posto nostro, di padroni che sfruttano nuovi schiavi e di prigioni in cui tenere rinchiusi i dissidenti, come quelle che si prepara a mettere a disposizione Tek Knight. E quella perversa idea si allontana da noi, memori degli autoritarismi, dei conglomerati finanziari, dell’idea che, in ogni caso, è sempre meglio alla fin fine decidere con la nostra, stupida ma libera, e un po’ perversa, sadica testa.
Emanuele Di Eugenio