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The Boys 4×07 – Il poema senza fine

The Boys 4
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Quando Ariosto scrisse l’Orlando furioso aveva in mente tante immagini. Tanti ricordi, pensieri, paure, incertezze. Aveva negli occhi la sua infanzia, gli spettacoli di marionette-eroi in lotta tra loro per la gloria. Aveva negli occhi l’immagine di un bambino che gioca a fare il cavaliere in un mondo che non può più essere quello cavalleresco perché il tempo è passato. O meglio, quel tempo non è mai esistito davvero. Perché quell’epoca di dame e quête, di draghi e onore, di incantesimi e scontri a cavallo è solo un’immagine della mente, trasognata memoria di qualcosa che non è reale e non può esserlo. La sua epoca così umanista e razionale lo richiama alla ragione ma Ariosto da questa ragione fugge, consapevole che la realtà è più complessa di così, è più irrazionale (come già visto nello scorso episodio di The Boys 4, le 120 giornate di Sodoma) di così.

E allora Ariosto mette in scena tutto questo.

Mette in scena, riattualizzando in un teatro fantastico l’infantile teatro di marionette, qualcosa di estremamente reale: sogni d’onore e dubbi, illusioni e desideri di amori impossibili. Mette in scena la vita e l’uomo. Tutti, nell’Orlando furioso, inseguono qualcosa che non possono raggiungere, attratti da fantasmi che li tengono prigionieri di inesausti bisogni. Anche The Boys 4 ci presente uno scenario irreale, un mondo che non esiste. Una realtà in cui i cavalieri si chiamano Super e le brame sono desideri di potere.

The Boys 4
Le marionette in The Boys 4

Eppure, tanto L’Orlando furioso quanto The Boys 4 in questo mondo consapevolmente non reale rappresentano qualcosa di estremamente realistico. Anzitutto a livello sociale. Ariosto ci parla di cavalieri ormai incerti, di eroi senza più senno, avvinti da desideri terreni e da incommensurabile boria. Uomini prima che eroi, figure contraddittorie in una società in cui gli ideali cavallereschi sfuggono in un labirinto di dubbi e relativismo. In una realtà senza appigli. Ci parla cioè della realtà del suo tempo. Così The Boys 4 colloca i suoi altezzosi Super in una realtà in bilico, in una società in crisi, al tramonto dell’Occidente. Nel nostro tempo. Le guerre sociali diventano guerre civili e questa 4×07 si apre grottescamente con uno spettacolo di marionette.

Sono pupazzi di eroi, come quelli dell’infanzia di Ariosto, ma sono pupazzi che invitano alla delazione. Che chiedono, cantando, ai bambini di denunciare anche i propri genitori, di segnalare tutto ciò che non rispecchia la norma, i dissidenti, gli “eccentrici”, i divergenti per pensiero dal sistema di potere. In questo grottesco “paese di musichette mentre fuori c’è la morte” (La Locura, spiegata bene) c’è tutto il peso e la complessità sociale del presente.

Ma come sempre, c’è anche chi dice no, No pasarán!, che si oppone al sistema, che sente in sé la pruriginosa insofferenza verso i fascismi.

Quel qualcuno è l’eroe non-eroe che è sempre celato nell’Orlando furioso, la presenza-assente in tutto il poema epico, il segreto protagonista che muove i fili di un teatro di marionette col quale vuole provare a spiegare a sé prima ancora che agli altri il mondo in cui vive: Ariosto stesso. In The Boys 4 questo qualcuno è Ryan. Come Ariosto anche lui è figlio di un uomo d’armi, di un potente, di un uomo accusato di stupri e ingiustizie. E come Ariosto Ryan si trova costantemente ad oscillare tra il desiderio di un padre e la ricerca di un sentimento autentico.

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Una riflessiva Victoria Neuman nell’incontro con Hughie in The Boys 4

Ryan si rende conto della falsità di quel teatro di marionette, dell’ingiustizia di una bieca propaganda di regime e richiama a sé la madre, quell’amore materno che suscita in lui il rigetto per l’ingiusto e il violento. Dovrà essere lui a guidare gli altri, lui che come Ariosto è l’unico che può riportare tutti i personaggi verso un unico centro, verso la fine della storia. Solo lui può fermare Patriota, solo lui può dare un lieto fine a The Boys.

Ma non è ancora il momento. I cavalieri ariosteschi sono continuamente sfuggenti al tentativo di rappresentazione unitaria. Al tentativo onnicomprensivo di interpretazione di una realtà troppo sfaccettata. Così anche i protagonisti di The Boys 4 fuggono. Inseguono ognuno il proprio scopo, il desiderio che li spinge ora in una direzione ora nell’altra. Ma non potranno fuggire per sempre inseguendo illusioni di potere, tentativi di ammenda, amori e vendette. Sta per arrivare il momento per ognuno di loro di compiere delle scelte, di guardare in faccia se stessi e capire cosa vogliono essere.

Lo dovrà fare anzitutto Victoria Neuman che sfuggendo alla realtà ha chiuso gli occhi di fronte alla follia di Patriota.

Ha abbracciato, come i cavalieri di Ariosto nel palazzo di Atlante, l’illusione. Crede di vedere e volere un potere che non desidera e non può avere. Hughie sembra riuscire, come Astolfo, a liberarla dall’incantesimo: “Se sei l’1% della persona che conoscevo non penso che tu voglia farlo. Fa’ un passo indietro, Vic, non è troppo tardi“, le dice. E il silenzio della Neuman sa tanto di riflessione interiore.

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Kimiko e Frenchie riuniti in The Boys 4

È la paura, in Ariosto, che agita alcuni protagonisti, che li porta a desistere, ad allontanarsi dalla loro missione. La stessa paura tiene prigioniera Vic, la paura per sé ma soprattutto per il futuro di sua figlia. Ed è un’uguale paura che spinge Latte Materno ad andarsene, a seguire un moto centrifugo che lo allontanerebbe per sempre dall’azione. Ma da eroe e cavaliere ariostesco qual è, fragile ma ostinato, sceglie di restare. Torna sulla scena, allontana la paura e lotta per i suoi cari, per un futuro di pace contro il regime di Patriota.

Così fa anche, nolente, Frenchy, richiamato a forza al centro dell’azione, raccattato dall’ennesimo movimento centrifugo che lo aveva portato in prigione. I suoi sensi di colpa, i suoi dubbi (“Come possiamo perdonare noi stessi? Come si volta pagina?“) sono i dubbi di ogni uomo. Sono i dubbi di Kimiko che si apre a Frenchy, che ritrova in lui l’amico, il confidente, l’amato. La Bradamante di The Boys 4 parla finalmente del suo passato, delle ragioni di quel mutismo che affondano nella più profonda delle colpevolizzazioni. L’un nell’altro, Frenchy e Kimiko, potranno trovare la forza di lottare, per sé stessi prima che per gli altri, e di ritrovare la voglia e il diritto di vivere superando le loro colpe.

È il tempo delle scelte, il bivio per ogni cavaliere di The Boys 4.

Per Ashley che rivede in foto la giovane e battagliera sé e si commisera per quello che è diventata. Per lei come per A-Train l’unica possibilità sembra essere quella di fuggire dal racconto, sottrarsi ancora una volta centrifugamente all’epica di The Boys 4. Ma siamo certi che questo non accadrà. A-Train la sua scelta eroica l’ha già compiuta e questa decisione implica la lotta, fino alla morte.

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Billy Butcher orgoglioso di Ryan in The Boys 4

Chi si trova invece ancora davanti al bivio è Butcher, costantemente scisso tra un Jeffrey Dean Morgan che sussurra reconditi desideri di distruzione e un pensiero di speranza che lo fa confidare in Ryan e nell’uomo. Quale dei due animi avrà la meglio non è dato saperlo ma certo è che prima di ritrovare il senno ci aspettiamo un Orlando decisamente furioso.

E infine Annie, prigioniera come Angelica incatenata allo scoglio, di un ruolo che non può e non vuole interpretare, di un’immagine di sé da cui costantemente fugge in cerca di una propria, incerta ma indipendente e personale identità. La finta Annie è tutto ciò che gli altri sembrano aspettarsi da lei: è remissiva, angelica ma anche sensuale e accondiscendente. Servizievole con un Hughie che non sembra minimamente (o non vuole?) accorgersi che quell’immagine accanto a sé è solo il fantasma della persona che dice di amare.

La 4×07 di The Boys è tutto questo, un poema epico di cui non si vede la fine, che mette in scena le scelte dolorose e umane di ogni personaggio sullo sfondo di un mondo che è il nostro mondo, di una realtà che pare collassare su se stessa.

Ariosto continuò la stesura dell’Orlando furioso per tutta la sua vita, un’opera senza fine. Non c’è una risposta alla fine dell’Orlando furioso seppure tutti i protagonisti si riuniscano portando a compimento l’azione. E il motivo è molto semplice ed è lo stesso che anima The Boys 4: senza fine e senza una spiegazione univoca è la vita. Ogni scelta compiuta è la nostra scelta e, certo, può cambiare le cose ma non è la fine di tutto. È la fine, ci dice Ariosto, sembra dirci The Boys, soltanto della nostra piccola, eroica, dolente storia.