Dolore o colpa? Quale riesci a sopportare?
The Crowded Room 01×09
Dolore e colpa. È in queste due emozioni che si cela l’essenza di The Crowded Room, la miniserie targata Apple TV+ basata sul romanzo Una stanza piena di gente di Daniel Keyes. Il dolore è il motore delle azioni di Danny Sullivan (Tom Holland) il timido ragazzo protagonista della vicenda indagato per tentato omicidio dopo aver sparato alcuni colpi di pistola tra la folla del Rockefeller Center di New York. Il senso di colpa è ciò che gli permette invece di convivere con quel dolore di cui si sente causa attiva poiché, rivendicandone la responsabilità, riesce a esercitare su di esso un illusorio controllo. Il dolore e la colpa non hanno nulla a che vedere però con la sparatoria; Danny infatti non ha mai premuto quel grilletto e a sparare il colpo è stata la sua amica Ariana (Sasha Lane), coinquilina di quell’affollata stanza piena di gente nella sua psiche.
La storia di Danny è infatti quella di Billy Milligan, il criminale affetto da disturbo dissociativo dell’identità che, per primo, è stato assolto nonostante la sua riconosciuta colpevolezza poiché la sua malattia non l’ha reso direttamente responsabile per i suoi crimini. Il caso giudiziario ha sconvolto l’opinione pubblica statunitense negli anni Settanta, tanto che la serie stessa è stata accolta da critiche ferocissime oltreoceano: The Crowded Room infatti romanza la storia vera di un criminale che, seppur mosso da un grave disturbo psichico, ha rapito, violentato e rapinato tre studentesse universitarie. Inoltre l’enorme fama del caso mediatico priva la narrazione di quell’intensità emotiva che una rivelazione del genere avrebbe dovuto avere; la diagnosi del disturbo di cui i telespettatori erano ovviamente già a conoscenza arriva dopo ben 6 episodi, ponendo troppa attenzione su un colpo di scena che non può essere davvero definito tale. Eppure la serie tv ideata da Akiva Goldsman gode di due grandi pregi: le straordinarie interpretazioni dei suoi protagonisti e, come scopriremo nel corso della recensione, la scelta di concentrare il focus della vicenda sulle emozioni più che sulle azioni, sul trauma fisico ed emotivo del suo protagonista e, ancor di più, sul tema dell’abuso che accomuna Danny a sua madre Candy (Emmy Rossum).
Procedendo con ordine, ad avviare la vicenda è la scelta da parte dell’avvocato d’ufficio assegnato al caso della sparatoria al Rockefeller Center di interpellare la docente universitaria e psicologa Rya (Amanda Seyfried) poiché, il suo “pazzo cliente che fa le voci” necessita di una perizia psichiatrica. L’interrogatorio della donna è il pretesto narrativo che la serie utilizza per raccontare la storia di Danny, narrata quindi dal punto di vista del ragazzo e mostrata attraverso flashback. I ricordi di Danny ci conducono ai momenti della sua adolescenza trascorsa con gli amici di sempre, con il burbero Yitzac (Lior Raz) che lo salva dal severo patrigno invitandolo a trasferirsi da lui insieme con la giovane e tormentata Ariana, agli anni dei primi e spensierati amori con le inevitabili e conseguenti delusioni. Un’adolescenza, quella di Danny, tutto sommato normale, seppur oscurata dall’ingombrante ombra di un passato di cui il protagonista fatica a raccontare a Rya poiché, quell’ombra, ha la forma di Adam, il suo compianto fratello gemello.
“Non si vive senza conoscere la propria ombra”. Attraverso la terapia con la sua psicologa, Danny è costretto ad affrontare tutti i punti oscuri della propria vita. La diagnosi del disturbo dissociativo dell’identità è già chiara a Rya fin dal principio, eppure la miniserie ritarda il momento della rivelazione poiché il punto di vista dello spettatore resta quello di Danny e, per il protagonista, arrivare alla presa di coscienza della propria patologia necessita di tempo e coraggio. Tutti i personaggi che fino a quel momento erano stati parte integrante della narrazione cominciano a svanire man mano che Danny li riconosce come propri alter ego: alla prima parte della serie tv caratterizzata da ricordi incongruenti e protagonisti fittizi, segue poi una seconda parte in cui, a farla da padrona, è la prova attoriale di Tom Holland nelle sue rappresentazioni delle personalità multiple del suo personaggio. Sebbene il rapporto tra la prima e la seconda metà di The Crowded Room risulti sbilanciato poiché l’attenzione riservata alla fase iniziale è ampiamente maggiore rispetto al vero punto cardine della vicenda, ossia la presa di coscienza del protagonista e il suo rapporto con il trauma dell’abuso, l’intensità degli episodi finali restituiscono pathos alla serie grazie soprattutto all’entrata in scena di sua madre Candy.
Ciò che risulta chiaro dalla seconda metà della serie è che The Crowded Room non vuole essere (solo) la storia romanzata di un criminale affetto da un singolare disturbo psichiatrico, ma il racconto di perpetuati abusi ai danni di Candy prima ancora che di Danny.
La prima relazione tossica che sperimenta la donna è quella con il padre di suo figlio, per poi passare a una ancor peggiore con il nuovo compagno, da cui tuttavia non riesce a separarsi anche a discapito della libertà di Danny, arrivando a testimoniare contro di lui in tribunale. “La paura del dolore è anche peggio del dolore stesso: restiamo con il dolore che conosciamo piuttosto che rischiare di ferirci di nuovo“. Candy conosce bene quel dolore causato da anni di abusi psicologici e fisici, tanto da rimanerne saldamente aggrappata poiché, nell’ancestrale scelta tra dolore e colpa, risulta perfino più sopportabile che accettare di non essere riuscita a proteggere suo figlio dagli abusi sessuali da parte dell’uomo che avrebbe dovuto salvarla. Il vero trauma per Danny, ancor più che nella violenza fisica del patrigno, è proprio nell’indifferenza della madre che avrebbe dovuto amarlo incondizionatamente e difenderlo dal male. È questa insostenibile contraddizione a frantumare la psiche del protagonista, il quale, non riuscendo ad affrontare la terrificante realtà, fa spazio a una nuova persona più forte e coraggiosa, seppur simile a lui nell’aspetto: il gemello Adam, il primo ospite di quella stanza che si affollerà sempre di più nel corso della sua vita, e l’ultimo a lasciare quelle metaforiche mura. Adam infatti è la personificazione del sacrificio di Danny, è il compromesso che il bambino ha accettato per proteggere la madre dalla colpa di non riuscire a garantire un futuro a suo figlio senza un uomo accanto che potesse aiutarla economicamente. Danny nelle fittizie vesti di Adam ha scelto di essere abusato per proteggere la madre dal sangue.
“Dall’antico giudaismo a Shakespeare, il sangue – specialmente quello versato attraverso la violenza – contiene poteri magici: è in grado di allontanare il male, o di evocarlo perfino.”
Danny Sullivan – The Crowded Room 01×05
Il primo rapporto con il sangue per giovane Danny ha origine da una rissa tra sconosciuti nel bar in cui la madre lavora per arrotondare l’insufficiente stipendio da infermiera; da quel momento a quell’indifeso bambino risulta chiaro che proteggere sua madre implica accettare la presenza di un altro uomo che provveda a loro anche se questo implica sacrificare la propria innocenza, arrivando a versare il suo stesso sangue tentando il suicidio tra le sbarre della prigione a cui lo condanna proprio sua madre, voltandogli le spalle sul banco dei testimoni in tribunale. Danny però riesce a spezzare quel circolo di abusi poiché capisce che la salvezza non può arrivare dal suo carnefice: la salvatrice del protagonista è sempre stata Rya, non sua madre, come le rivelerà egli stesso nel commovente finale di stagione.
The Crowded Room sceglie quindi di rendere universale la più inusuale delle storie, rendendo l’abuso il vero protagonista della vicenda.
Se quest’aspetto può rappresentare il più grande pregio o difetto della serie a seconda dei punti di vista, The Crowded Room paga soprattutto il fatto di essere arrivata sul piccolo schermo dopo trent’anni di (falliti) tentativi di farne un film, prima da parte di James Cameron, poi di M. Knight Shyamalan che ha deciso di cambiare rotta allontanandosi dalla storia originale dando alla luce Split, fino ad arrivare all’annuncio di una trasposizione cinematografica del caso di Billy Milligan nel 2019 con protagonista Leonardo Di Caprio. Il peso delle aspettative ha dunque affossato la serie prima ancora che facesse il suo esordio ma, nonostante le differenze con la vera storia di Billy Milligan e la diffidenza di una fetta di pubblico, la storia di Danny Sullivan merita comunque di essere raccontata poiché, quella occupata dagli abusi fisici e psicologici, resta la più affollata stanza piena di gente.