ATTENZIONE: l’articolo contiene spoiler su The Diplomat, la serie Netflix con Kate Russell!!
Intrighi politici, stalli diplomatici, strane congiunture internazionali, crisi matrimoniali: il tavolo da gioco di The Diplomat – La diplomatica è pieno di dossier che si accavallano e si collegano tra loro come in una rete sfilacciata che ruota tutta attorno a un manipolo di figure che si muovono nell’ombra, dietro le quinte del grande teatro delle decisioni politiche. Una serie di spionaggio, un political drama, un dramma matrimoniale, una storia di emancipazione femminile, uno sguardo all’attualità: la nuova serie Netflix con protagonista Keri Russell è un prodotto ibrido, che oscilla tra un’etichetta e l’altra senza lasciarsi marchiare troppo da nessuna di esse, percorrendo come un corridore indipendente il proprio tragitto senza prendersi eccessivamente sul serio. The Diplomat – La diplomatica è arrivata sulla piattaforma giovedì 20 aprile ed è balzata subito nella Top10 delle serie tv più viste di Netflix. Merito degli interpreti – Keri Russell e Rufus Sewell su tutti – e di quella trama che ambisce a intrufolarsi tra gli spifferi delle più importanti decisioni in tema di politica internazionale.
Politica estera e diplomazia esercitano attualmente un certo fascino sul pubblico, abituato a confrontarsi con una realtà che si muove entro quelle coordinate.
The Diplomat parte sostanzialmente da una notizia da sezione esteri del telegiornale: un’esplosione, da qualche parte lontano nel mondo, ha causato la morte di quarantuno marinai inglesi. Nessuno ha un’idea precisa di quello che sia successo, nessuno sa chi ci sia realmente dietro l’attacco. Mentre le breaking news scorrono sulle tv e la notizia fa velocemente il giro del mondo, i canali diplomatici si attivano un secondo dopo e Kate Wyler viene sbalzata dall’altra parte del mondo a gestire il caso per conto del governo degli Stati Uniti d’America. Il mondo si regge su dei fili sottilissimi, che garantiscono un minimo di equilibrio. Ma quell’equilibrio è molto precario e basta un semplice atto di ostilità per far franare tutti gli sforzi necessari a garantire l’armonia tra Paesi. È in questo quadro che si inserisce The Diplomat – La diplomatica, che scarica sulle spalle di Keri Russell tutto il peso delle sue aspettative. Kate Wyler diventa l’ambasciatrice Usa nel Regno Unito appena reduce dalla Brexit. Il Primo ministro (Rory Kinnear) è un uomo impulsivo e vanaglorioso, fiero della scelta di aver trascinato l’Inghilterra fuori dall’Unione europea e insofferente rispetto alla sudditanza agli storici alleati degli Stati Uniti. L’attentato subito dalla marina britannica agisce come una specie di detonazione nei già delicati rapporti internazionali: il Primo ministro condanna pubblicamente l’Iran, verso il quale promette ritorsioni e vendette.
La pace ne risulta quindi compromessa e il compito di Kate Wyler è proprio quello di impedire che gli slanci emotivi condizionino i processi di pacificazione, danneggiando gli equilibri internazionali.
L’ambasciatrice farà dunque squadra con il ministro degli Esteri Dennison (David Gyasi) per venire a capo dei misteri dietro l’attacco terroristico subito dagli inglesi. Trovare una mediazione è un compito arduo, ma è proprio questo il vero fulcro di The Diplomat. Le parole possono orientare le decisioni e incidere sul futuro del pianeta. La serie Netflix è fatta principalmente da dialoghi. I discorsi fagocitano l’azione, che resta un convitato relegato sullo sfondo. Sono gli scambi di battute, le frasi da protocollo, il non detto che pesa ai tavoli delle trattative a reggere tutta la tela sottile di The Diplomat – La diplomatica. Ma accanto alle grande crisi internazionali, ci sono anche le più contenute crisi personali: è sullo sfondo delle decisioni che contano che si innestano i problemi matrimoniali di Kate, sposata con un ingombrante Hal Wyler, ambasciatore di lungo corso che gode di una certa reputazione a Washington. La serie inquadra il loro rapporto un po’ per volta, scoprendo a ogni episodio un nervo teso e aggiungendo un po’ di pepe al racconto. La relazione tra Hal e Kate ha risvolti diretti sulla loro vita professionale: l’uno succube dell’altra, e viceversa, i due si ostacolano e si spalleggiano con lo stesso affiatamento, supportandosi e sabotandosi a seconda della situazione. Ne risulta un rapporto leggermente ambiguo, nel quale noi spettatori non riusciamo a prendere una posizione netta a favore dell’uno o dell’altra. Alla fine degli otto episodi di The Diplomat, il giudizio sul personaggio di Hal – interpretato con il giusto grado di enigmaticità da Rufus Sewell – è sospeso, incerto.
The Diplomat è un thriller politico che barcolla tra l’essere il più possibile aderente alla realtà e l’abbandonarsi alle dinamiche dell’intrattenimento più leggero.
La sua creatrice, Debora Cahn, cerca di raccontare una storia di leadership femminile, mettendo in evidenza le fragilità dei protagonisti dei grandi tavoli internazionali, bivaccando tra la loro versione pubblica e la sfera personale. Cahn ha lavorato a serie tv come Homeland e The West Wing, ma anche a episodi di Grey’s Anatomy e Private Practice. Questa doppia anima – quella più asciutta della narrazione politica e quella più generalista dei medical drama – si ravvisa in maniera perfettamente riconoscibile all’interno di The Diplomat. Keri Russell è la protagonista femminile di un gioco di intrighi internazionali, ma anche una donna con una sua vulnerabilità, che affronta tempeste emotive che la destabilizzano e ci consentono di empatizzare con lei senza filtri dal primo momento. La serie Netflix è ambientata nelle sedi diplomatiche inglesi, ma è capace di viaggiare da un capo all’altro del mondo solo attraverso l’uso delle parole. Iran, Russia, Stati Uniti, Europa: i teatri di crisi si moltiplicano e si sovrappongono tra loro, costringendoci a fare i conti con una realtà che percepiamo come molto vicina alla nostra. E anzi, The Diplomat è talmente calata nel tempo presente da essere uno dei primi prodotti televisivi di intrattenimento a storicizzare gli eventi più recenti della guerra in Ucraina e a sfruttarli come base d’appoggio per alcune dinamiche che vengono a crearsi all’interno della sceneggiatura.
Qual è l’effetto? L’equilibrismo della serie, la sua doppia anima, genera un po’ di confusione nello spettatore, che si trova prima catapultato tra i risvolti di uno script da serie televisiva e poi sbalzato nell’attualità e nelle sue asfissianti tenaglie. Malgrado l’interpretazione di Keri Russell – anche se lontana dall’eleganza totalizzante dell’Elizabeth Jennings di The Americans – e degli altri personaggi, c’è qualcosa in The Diplomat che non convince appieno. Forse perché non si riesce a capire immediatamente se lo show parli ad un pubblico più “alto” o ad una platea meno esigente. Questa sua collocazione in una terra di mezzo, la rende un prodotto non del tutto compiuto e non perfettamente riuscito. Però gli otto episodi con cui si è presentata su Netflix si lasciano guardare e sono perfetti per un binge watching da un weekend, se non avete altro di meglio da fare.