
Un abbonamento che cambia il tuo modo di guardare le Serie Tv
Con così tante piattaforme e poco tempo a disposizione, scegliere cosa vedere è diventato complicato. Noi vogliamo aiutarti ad andare a colpo sicuro.
Arriva Hall of Series Discover, il nostro nuovo servizio pensato per chi vuole scoprire le serie perfette i propri gusti, senza perdersi in infinite ricerche. Ogni settimana riceverai direttamente sulla tua email guide e storie che non troverai altrove:
- ✓ Articoli esclusivi su serie nascoste e poco conosciute in Italia
- ✓ Pagelle e guide settimanali sulle serie tv attualmente in onda
- ✓ Classifiche mensili sulle migliori serie tv e i migliori film del mese
- ✓ Consigli di visione personalizzati e curati dalla nostra redazione (e non un altro algoritmo)
- ✓ Zero pubblicità su tutto il sito
Non sorge mai il sole, se non nei ricordi di June, in questo sesto episodio dell’ultima stagione di The Handmaid’s Tale (trovi qui la serie completa). Le immagini cupe ci guidano attraverso una storia che si fa sempre più intricata e che, in questo particolare momento, ci presenta la lacerazione dei rapporti tra personaggi che erano sempre stati legati a doppio filo. Non in una romantica metafora di amanti avvinti da un gomitolo rosso invisibile, più in una sorta di sacco amniotico in cui il loro legame è un cordone ombelicale che li stringe soffocandoli sempre di più man mano che crescono.
E la crescita di alcuni personaggi di The Handmaid’s Tale è stata esponenziale: pensiamo a Janine, che più scende nell’abisso di Jezebel più assume consapevolezza politica, sociale e personale, dell’irreversibilità della sua condizione. O a Lawrence, che dall’alto del suo orgoglio non si è reso conto di essersi attirato l’odio di tutti i comandanti e che cerca una disperata redenzione (o una via di fuga?) aiutando June nel suo piano del Mayday e insegnando le mosse degli scacchi ad Angela, troppo piccola e ancora (per sua fortuna) troppo innocente per poter comprendere le macchinazioni degli adulti.

O alla stessa June, che in questa stagione compie un singolare percorso a doppio binario: da una parte è audace, sprezzante del pericolo al punto da chiedere spudoratamente a Lawrence non solo che l’aiuti a fuggire da Gilead insieme a Moira, ma addirittura di aiutarlo con il piano di Mayday di far fuori tutti gli alti comandanti, facendo leva sull’orgoglio dell’uomo. Un’audacia che sconfina con l’incoscienza, ma June è così, tempesta in un bicchiere d’acqua. Ma, dall’altra parte, è ancora una donna tormentata e lo sarà sempre, piegata dai traumi, che non riesce a perdonare Serena perché una parte di lei, una parte con cui non si confronterà mai, la vuole ancora nella sua vita e la vorrà sempre, perché si sente legata a lei da un legame tossico, asfittico e malato, ma indispensabile.
“Mi aiuterai, me lo devi”, dice a Serena, dopo esserle piombata in casa nel cuore della notte. June è bloccata a Nuova Betlemme, Nick non può aiutarla in quel momento e così lei si rivolge a Serena, la sua peggior nemica nel mondo libero ma, forse, l’unica amica che ha a Gilead. Serena si confida con lei, le racconta la grande novità: si sta per sposare col comandante Wharton. June riesce a pensare solo che, così, diventerà parente di Nick. E non riesca a fare a meno di giudicarla, di pensare che “ti stai solo legando a un altro uomo potente, come con Fred”. Wharton non è come Fred, ribatte Serena: “neanche Fred era come Fred, all’inizio”, sputa June.
June sputa fatti, per usare un modo di dire colorito: ma così facendo continua a rimarcare il patto d’odio che ha stretto con Serena anni prima, china, in lacrime e dolorante sul pavimento di casa sua. Un odio che la avvelenerà, che stava avvelenando persino il suo rapporto con la sua migliore amica Moira, figurarsi cosa può fare se rivolto verso la sua nemesi.

June e Serena hanno bisogno di detestarsi, di vedere nell’altra tutto ciò che non vogliono essere: l’ex ancella non potrà mai perdonare la sua ex padrona. Il perdono non è qualcosa che si può esigere, in cambio di un letto caldo e della bocca chiusa. Serena vuole liberarsi del debito con June ma, in fondo, non lo fa per la propria coscienza. Lo vuole disperatamente perché non riesce a sopportare che il dolore che lei ha inflitto a June la metta in una posizione di potere, da cui lei non ha alcun potere di scalzarla. “Che cosa vuoi da me?” chiede Serena a June, come a dire “perché continui a tornare?”. “Solo un letto per la notte”, replica l’ex ancella. Una domanda esistenziale a cui segue una risposta molto pragmatica: i tentativi di Serena di trovare un terreno comune con June, fosse anche solo quello della sofferenza, resteranno lettera morta.
La relazione tossica per eccellenza, quella tra Serena e June, la più tossica in assoluto di The Handmaid’s Tale. Ma non l’unica.
Anche Janine e Zia Lydia rompono il legame che le ha tenute unite fin dalla prima stagione. Lydia vuole proteggere Janine, ha fatto di quella ragazza la sua missione di vita ma non riesce ad aprire gli occhi sulla verità che questa volta è Janine a sputare. “Non c’è nessuna via d’uscita”, grida dolorosamente la ragazza.
La via d’uscita di Janine è sempre stata la sua bambina, Charlotte, che a Gilead si chiama Angela. Una bambina a cui hanno strappato la madre e il cui vero nome non esiste, è etereo e impalpabile e vive solo nella mente di chi l’ha partorita e non smette di pensare a lei. Una speranza troppo fragile per non spezzarsi. Janine vomita finalmente addosso a Zia Lydia tutto il suo dolore, le rinfaccia il patto di odio che hanno stretto reciprocamente, fin da quel giorno lontano sul ponte, con la neonata stretta tra le braccia e il pensiero che, buttandosi giù, almeno sarebbero state insieme per sempre.

Zia Lydia, nella sua ottusità e nella perversione intrinseca del suo ruolo, ha sempre creduto di fare il bene di Janine. Ma, così facendo, le ha tolto ogni speranza e, ora che il patto di odio che le ha fatte sopravvivere è stato infranto, Janine può liberarsi di lei, dando un’ulteriore spinta alla presa di consapevolezza che tutti stiamo aspettando da sei stagioni (ma che probabilmente vedremo solo nel seguito di The Handmaid’s Tale, I Testamenti).
C’è poi un altro legame che si spezza in questo sesto episodio di The Handmaid’s Tale, quello tra June e Nick. Un legame cominciato, anche questo, per mutua sopravvivenza. Una storia d’amore che, al di fuori di Gilead, nel mondo reale, non avrebbe mai visto neanche i titoli di testa. Nick ne è sempre stato consapevole: “Non mi avresti mai notato”, dice a June nel flashback in cui rivediamo i loro primi momenti insieme. June gioca a fare finta che sia tutto normale, “come prima”, fantasticando di appuntamenti e di attività da fare insieme che avrebbero sicuramente annoiato a morte Nick.
Il loro rapporto non è mai stato una storia d’amore bilanciata: prima di Gilead, June era una donna colta, di successo, estroversa, che uno come Nick non l’avrebbe mai guardato neanche di striscio. E Nick, nel perfetto cliché distopico dell'”uomo comune” che si ritrova a diventare straordinario in una società in cui i valori vengono rovesciati, ha potuto godere dell’amore sincero di una donna straordinaria, ridotta da Gilead a nullità per lo stesso principio per cui lui è stato elevato.
Ma ora non è più così, June non ha più bisogno di un uomo, che sia Nick o anche Luke. La sua reazione alla rivelazione del tradimento di Nick, che ha avvertito Wharton del piano di Mayday di assassinare i comandanti, è quella di una donna dal cuore spezzato ma che ha finalmente capito di poter contare solo su se stessa.

Forse, rivelando i piani di Mayday, Nick pensava che June l’avrebbe seguito nella sua follia di fuggire con lui. Una follia frutto di un sogno, di un gioco di ruolo, come quello di June che immaginava un primo appuntamento con Nick. Ma ora, a questo punto, i sogni possono costare caro. E Nick non ha capito che, portando via a June la sua missione, non l’avrebbe legata a lui ma l’avrebbe persa per sempre. June realizza finalmente chi è Nick: solo l’ennesimo uomo che pensava di poterla possedere togliendole tutto.
Un “uomo comune”, reso straordinario dalla realtà capovolta di Gilead, che si rivela mediocre e meschino come tanti altri. Un uomo di cui non ha bisogno, come forse non ha più bisogno neanche di Luke.
Su questa assunzione di consapevolezza finale, sullo sguardo di June che riflette il suo cuore in pezzi, si insinua sognante e seducente la voce di Lana Del Rey, che in The Blackest Day parla di relazioni tossiche, di “cercare l’amore nei posti sbagliati”. “Vado sempre più in profondità, sta diventando sempre più difficile – Vado alla ricerca dell’amore nei posti sbagliati”. L’oscurità si richiude su June, che da questo momento è più sola ma anche più libera. Il giorno più nero per lei, per la rivoluzione, è arrivato.
The Handmaid’s Tale 6×05 – Un episodio in cui nulla fila liscio.