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The Rain promette di essere un’avventura claustrofobica

The Rain
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Uscita di fresco sulla piattaforma Netflix, The Rain è una Serie Tv di produzione danese che promette di convogliare a sé i fan del survival horror in chiave televisiva. Le sue influenze si possono ricercare in The Walking Dead per quanto riguarda l’aspetto della sopravvivenza, della pericolosità delle persone messe in situazioni estreme e per il virus misterioso che uccide tutti attraverso la pioggia. Anche Dark è un’influenza preziosa per questa Serie, più per quanto riguarda la freddezza delle atmosfere, l’uso della musica elettronica e il protagonismo assoluto degli adolescenti nella storia: The Rain è una storia di sopravvivenza a misura di ragazzo.

La giornata della normalissima adolescente Simone viene sconvolta dall’arrivo a scuola di suo padre che la trascina via senza troppi complimenti davanti ai suoi compagni: devono scappare, prima che inizi a piovere. La pioggia è tossica, la pioggia è mortale e conduce chiunque a una morte tra spasmi e soffocamento. Una rocambolesca fuga conduce Simone e la sua famiglia in un bunker sotterraneo, appartenente alla misteriosa società Apollon per cui lavora suo padre. Lì lui le rivela che questa storia è più grossa di quello che sembra, e che lei, Simone, dovrà proteggere tutti, ma in particolare Rasmus, suo fratello. È lui la chiave di tutto, sostiene: intuiamo successivamente che deve avere qualcosa a che fare con una cura sperimentale che era stata iniettata al bambino quando era molto malato.

Quella che era iniziata come una giornata normale diventa un’ecatombe di panico e claustrofobia: il padre di Simone esce a cercare aiuto e non fa più ritorno, la madre dei ragazzi muore sotto la pioggia dopo per salvarli da un intruso. Una promessa impossibile, il ritorno del padre e l’istinto di sopravvivenza porteranno i ragazzi a restare per ben cinque anni all’interno del bunker, per ritrovare, una volta usciti, un mondo molto diverso da quello che ricordavano.

Le premesse per fare di The Rain un prodotto interessante e alternativo al survival horror tradizionale a cui la stessa The Walking Dead ci ha abituati ci sono tutti: una storia semplice ma efficace, che crea il giusto livello di ansia nello spettatore; un’ambientazione apocalittica e soprattutto, in questa prima puntata, terribilmente claustrofobica; una regia per ora concentrata più sulle emozioni dei protagonisti che sull’effetto horror. Manca forse, in The Rain, una spinta in più per indurre un’ansia perenne e strisciante nel pubblico, anche con poco, come ad esempio l’uso della musica, cosa che vediamo fare benissimo in Dark. Questa prima puntata invoglia certamente lo spettatore a continuare la visione, ma bisognerà che The Rain dimostri di essere molto di più della semplice risposta scandinava a decine di film e Serie Tv di ambientazione post-apocalittica.

Questa prima puntata di The Rain ha il pregio di mettere la giusta carne al fuoco, senza traumatizzare lo spettatore con troppe informazioni. Si concentra piuttosto sul delineare il rapporto tra i due fratelli, Simone e Rasmus, che vediamo crescere nel giro di pochi fotogrammi. Anche le questioni da affrontare sono relativamente semplici: scoprire che fine ha fatto il padre, capire cos’è successo alla pioggia, trovare un posto sicuro in un mondo che, in cinque anni, è diventato una landa desolata e inospitale. Sono i presupposti di qualsiasi film che affronta le tematiche della distruzione del mondo come ordine costituito e l’instaurarsi di una società anarchica e incontrollabile. Gli uomini che vediamo all’apertura del bunker, sono buoni o cattivi? E che valore hanno parole come “buono” o “cattivo” se non c’è più nessuno a giudicare? 

Serie Tv

È ancora presto per giudicare un prodotto come The Rain, che in questa prima puntata preferisce farci venire un’ansia e una claustrofobia tremende piuttosto di darci azione e avventura; se saprà imboccare una strada sua, senza farsi condizionare da altre Serie Tv o dall’horror distopico, The Rain potrebbe anche stupirci positivamente. Di sicuro dovrà osare, andare oltre le aspettative classiche di un fan del genere, per non diventare l’ennesimo prodotto pubblicizzato benissimo che si scopre poi essere un coacervo di rimandi e spunti ad altre Serie Tv o film. Ma le premesse sono buone: non possiamo negare, stavolta, che ci sia del buono in Danimarca.

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